Inserisco
un'altra parte del mio libro:Daniele passeggia lungo un viale
alberato.Il freddo è intenso e pungente e le parole dell'ateo Riberti
lo tormentano per tutto il tragitto Il
freddo era arrivato all'improvviso. Dieci gradi in meno nel giro di due
giorni. Incrociavo di sfuggita gli sguardi dei passanti, e tutti erano
troppo presi dal loro disperato ripararsi dal freddo, dal loro
frenetico e convulso tentativo di riscaldarsi le mani, di ripararsi il
viso dal vento freddo che tagliava il naso e le labbra come un rasoio
fantasma. Avevo le scarpe fradice per l'acquazzone che, fino pochi
minuti prima, aveva fatto cadere giù veri e propri muri d'acqua.
Anche
gli alberi del viale sul quale camminavo parevano esausti, e dalle loro
fronde non smettevano di cadere pesanti gocce d'acqua. L'asfalto pareva
un enorme, grigio specchio continuo che rifletteva le immagini sfocate
di chi lo calpestava. Pensavo
al discorso che Riberti mi aveva fatto la sera prima; quel suo ateismo
così radicato,così incredibilmente argomentato e giustificato, così
acuto. Non ebbi opportunità di controbattere, di confutare le sue tesi.
Anzi, le mie ragioni parevano così infantili e fragili, così
incredibilmente confutabili. Fin da bambino avevo fermamente creduto in
Dio, non ero mai stato un gran frequentatore di chiese ma avevo ciò che
tutti chiamano fede. Era stata mia nonna ad imprimermela con forza e,
prima d'allora, nonostante avessi incontrato un'infinità di atei o di
appartenenti ad altre religioni, ero sempre riuscito a mantenere in
piedi almeno qualche convinzione, a ripararmi dietro il sicuro muro
della mia fede, della religione in cui avevo sempre creduto. Molti miei
interlocutori si erano sforzati di farmi cambiare idee, di convincermi
delle loro argomentazioni ma io avevo sempre trovato il modo di
zittirli o, almeno, qualcosa a cui aggrapparmi. Dopo la conversazione
con Riberti, invece, il muro bastionato era venuto giù:cercavo di
aggrapparmi alle mie certezze, al ricordo di mia nonna anche, ma era
tutto inutile. Anzi, più ci provavo, più sentivo l'angoscia che mi
prendeva. Le mie idee erano come cavalli imbizzarriti che scappano da un recinto dopo
aver trovato il suo punto debole e averlo sfondato. Cercavo
disperatamente di afferrarle, di riordinarle ma la situazione
continuava a peggiorare. Allora iniziai a pensare a cose del tipo: "la
fede non ha certezze, altrimenti non sarebbe tale" e "la nostra razza,
tutto l'universo, non possono essere frutto di un fortuito scontro di
particelle". La cosa bella è che, proprio Riberti, dopo aver tentato
per oltre un'ora di convincermi che Dio è una pura
invenzione, mi ha detto"Beh ragazzo, non è mia intenzione angosciarti,
magari questo mio discorso rafforzerà ancora di più la tua fede.Sinceramente non riuscivo a capire come la sue parole avrebbero potuto rafforzare la mia fede nè,tantomeno,
il suo "non voglio angosciarti". Ricordo,in maniera esatta, tutto ciò
che mi aveva detto qualche istante prima; ricordo il suo sguardo deciso
quando aveva affermato che, comunque, molte cose non si possono
spiegare e, proprio per questo motivo, non intendeva affidarsi a
scritti di duemila anni fa per trovare determinate soluzioni. Non
credeva che Dio si sarebbe scomodato a dare a Mosè i dieci comandamenti
se avesse già saputo che quasi nessuno li avrebbe osservati...Mi
diceva:"La chiesa e i vangeli affermano che Dio sa tutto, vede tutto e
conosce il futuro!Ti rendi conto di tutto il non-senso di queste
affermazioni?! Che senso ha dettare regole, creare inferno, paradiso e
purgatorio se poi già si sa come va a finire?! Se già conosci chi
saranno santi e peccatori?! Queste teorie sono così contraddittorie.
Insomma, Dio ci dice "siete liberi di non credere in me ma, se non avete fede, non vedrete mai il paradiso.
No, ragazzo mio, la fede è solo una grande ipocrisia. Non puoi
scegliere liberamente di credere in Dio, puoi illuderti di farlo,
certo, ma la tua sarà sempre una scelta obbligata...Questa è la mia
opinione, lo è da quando avevo 18 anni e nessuno è mai riuscito a farmi
cambiare idea. Ciò, ovviamente, non vuol dire che anche tu debba
pensarla così. Io non credo in ciò che non riesco a spiegarmi, mi
dispiace ma sono così". Alchè
pensai: “Cavoli, non vuoi angosciarmi e per più di ora mi fai discorsi
del genere?! Pensai che,evidentemente, dovevo continuare a credere
proprio perchè avevo, per la prima volta in vita mia, avuto dubbi
lancinanti e angosciosi. Proprio perchè "i misteri della fede"non si
chiamerebbero tali se fossero razionalmente spiegabili. Di sicuro, alla
fine, quella conversazione, mi aveva fatto sentire in colpa con Dio. Mi
ero reso conto che, la maggior ragione che spingeva il mio credere alla
vita dopo la morte, fosse la paura della morte stessa e dell'inferno!
Mi passò in mente un'altra,significativa frase di Riberti:"Se tutto ciò
che dicono i vangeli e la bibbia rappresentasse sul serio la volontà di
un ipotetico Dio, allora dovremmo temere la vita dopo la morte più del
nulla stesso e lo sai perchè?! Perchè vorrebbe dire che Dio è solo un
sadico; che ci considera semplici marionette". Rianalizzando
quell'affermazione, mi resi conto di quanto fosse blasfema e
fatalista,di quanto fosse pervasa da una rabbia e un nichilismo
che,almeno in quel momento,non riuscivo a spiegarmi.I
vangeli e la Bibbia parlavano di punizioni divine e cataclismi vari, ma
non potevano essere ridotti a "libri delle punizioni". Continuavo ad
essere confuso e il freddo mi annebbiava ancora di più il giudizio.
Iniziavano anche a farmi male le gambe e così decisi che, per il
momento, avevo preso abbastanza aria e che potevo tornarmene a casa.