Valle dei pensieri

Cos'è il destino...secondo me


Cos’è il destino…
Tenevo per mano mio fratello Daniele, aveva da poco iniziato a camminare e necessitava comunque di un sostegno fisso, al quale aggrapparsi, ogni volta che perdeva il controllo di quei due salami che aveva al posto della gambe. Fuori si stava scatenando un putiferio: lampi, tuoni e pioggia battente, tenevano incollati me e mio fratello al gelido vetro delle finestre. Lui con una manina stretta alla mia e l’altra appoggiata alla parte inferiore della finestra, io con la fronte accostata a quella superiore. Le gocce di pioggia sul vetro e i fulmini che saettavano in continuazione, potevo vederli attraverso il vetro, appannato dal mio respiro; le luci delle macchine che passavano sulla super strada di fronte, parevano tante piccole stelline sfocate bianche e giallastre. Stettimo li, fissi a guardare quel diluvio per quasi dieci minuti, prima che mio fratello, ormai stanco dello spettacolo, iniziasse a emettere i suoi tipici gemiti senza senso che, comunque, lasciavano intendere in maniera inequivocabile quali fossero le sue intenzioni: voleva farsi un altro giretto, magari salire per l ennesima volta la rampa di scale che porta al soppalco. Mi strattonava in continuazione, avrei potuto far finta di nulla e continuare a guardare di fuori, ma i suoi lamenti iniziavano a diventare urla di disperazione e i miei timpani molto presto avrebbero raggiunto il limite della sopportazione. Così staccai la fronte dal vetro che sembrava di ghiaccio e mi feci trasportare da lui in giro per il salone, cercando di deviare il suo percorso ogni volta che si avvicinava troppo alla benedetta rampa di scale. Lui guidava me e io guidavo lui, era una situazione di completa dipendenza reciproca, io dipendevo dalle sue urla e lui dalle mie mani che gli impedivano di cadere ogni quaranta secondi. La differenza stava però nel fatto che, comunque, quando mi fossi stancato, avrei anche potuto farlo sbraitare per un po’ e riportarlo da mia madre. Quella situazione mi diede occasione di riflettere su di una cosa alla quale, in verità, già stavo pensando prima, quando ero appoggiato alla finestra. Cos’è il destino? O meglio, a cosa lo possiamo paragonare? Esiste davvero? Ed è veramente così determinante nella nostra vita? La risposta a questa domanda non riuscivo proprio a trovarla e, conoscendomi, probabilmente sarei rimasto con lo sguardo nel vuoto fin quando non ci fossi riuscito; l’ avrei cercata nelle goccioline sul vetro, nei lampi e nelle luci sfocate delle macchine, senza rendermi conto che la soluzione, la metafora nella quale si ritrova il destino, era li, un metro e mezzo più in basso, che mi teneva la mano ed emulava il mio comportamento. Era Daniele, si lui, proprio lui, quel bimbo teneramente goffo che mi obbligava a girovagare, senza meta precisa, per il salotto. La risposta mi balenò in mente proprio guardando lui: Il destino è come un bimbo capriccioso che sta imparando a camminare, dipende da te, sei tu che lo guidi ma, tuttavia, spesso devi piegarti ai suoi capricci, alle sue urla e farti inesorabilmente trasportare. Sovente ti conduce verso quelle scale che tanto odi, che tanto fatichi a salire e ,nelle quali, a volte inciampi. E' questo il destino:un bimbo capriccioso con il quale, ognuno di noi, deve fare i conti ogni giorno, sperando che non faccia troppi capricci e che non lo conduca in vicoli ciechi o su scale troppo faticose da salire!