REASON TO BELIEVE

Uniti nel dolore


~ Il dolore spesso è causa di incomprensioni, ci attanaglia le membra, ci corrode. Ci uccide. Il dolore ci rende estranei, ci deprime, e fa di tutto pur di portarci via dalla ragione. Ma "Incontriamo moltissime persone nel corso della nostra vita, che conosciamo ma a cui non diamo poi cosìtanta importanza. Poi ne troviamo una , quella giusta, che può fare la differenza."Il racconto che segue, che ho scritto per riflettere su questo, vuole essere un esempio di come, a volte, una persona cerca in tutti i modi di comprendere lo stato d'animo di un altra e, non riuscendoci, rinuncia oppure fa star male proprio lei. Ma basta trovare qualcuno, magari sconosciuto, che sappia comprenderti, per tornare a rivivere. ~"Sebastiano camminava lentamente, seguendo gli altri ragazzi. Loro lo sfioravano, andavano a sbatterci contro e gli chiedevano scusa, ma lui era indifferente, non se ne curava, e proseguiva come se i suoi piedi conoscessero già il percorso da fare. Erano in gita – una stupida gita, a suo parere – e lui non poteva fare altro che fare quello che gli veniva chiesto. Ma un pensiero lo tormentava, e lo estraniava dal resto del mondo reale. La sua immagine. Era nitida, come fosse reale, e gli appariva davanti in continuazione. Lei non poteva saperlo, ma Sebastiano sentiva di doverla aiutare. Lei si chiamava Alessandra, e caso volesse che fosse in gita assieme a lui, nonostante non fossero nella stessa classe. Alessandra era una ragazza minuta, magra e fragile, con i capelli lunghi e neri e gli occhi perennemente cerchiati da occhiaie violacee, le labbra strette in una morsa serrata che mai lui aveva visto piegarsi in un sorriso, il viso pallido, i vestiti perennemente scuri. Non parlava con nessuno, era sempre sola dappertutto, e se ne stava in disparte. Interveniva solo quando i bulli della scuola attaccavano i più deboli: in quei casi, ci pensava lei a far giustizia. Altrimenti, non si interessava della vita degli altri, e pareva fosse sempre in un mondo a parte, oscuro e minaccioso. L’aura che emanava sapeva di mistero, ed era assai intrigante agli occhi di Sebastiano. Lui la osservava sempre, ovunque la incontrasse. Le sorrideva anche, ma era inutile. Perciò sapeva cosa doveva fare: scoprire di più sul suo conto. Doveva pur esserci un motivo per il suo essere continuamente così taciturna e triste.Il ragazzo rallentò, avvicinandosi a Margherita, una delle compagne di classe di Alessandra.< Ciao… scusa, ho bisogno di parlarti un attimo. > lei lo riconobbe subito, e lo seguì lontano dagli altri. Povera illusa… crede che io sia qui per lei, come si sentirà quando saprà che in realtà mi serve solo per ottenere in formazioni sul conto di un’altra? Pensò Sebastiano, senza ironia.< Sai dirmi qualcosa su Alessandra? > chiese il ragazzo, fingendo indifferenza. Ma la sua voce tradiva l’ansia che sentiva dentro.< Perché dovrei parlare con te di lei? > replicò Margherita, con voce delusa.< Magari perché te l’ho chiesto?! > la fulminò Sebastiano, mettendola a tacere.< Ok ok… beh, lei è strana. Per tutti è strana. Si veste in modo ridicolo, ha una faccia da morta, non parla mai, cammina come un zombie, è magrissima e secondo me non mangia, ascolta sempre i professori ma non protesta mai per nulla, difende i bocchia, si tiene a distanza dai ragazzi, … >< Fermati, santo cielo!! > la interruppe Sebastiano, spazientito. < Ho capito, ok… ma senti, sai qualcos’altro? Intendo, su di lei, sulla sua famiglia, non so… >Margherita assunse un’aria annoiata – Sebastiano le avrebbe volentieri sferrato un pugno in faccia se non fosse per il fatto che poteva ancora tornargli utile -  ma lei rispose < Beh… la madre è una che non la segue, che la lascia sempre a casa sola e che non si cura di lei… il padre è morto due anni fa. E’ per questo che lei è così. Prima era una ragazza come noi, bella, gentile e solare… poi lui è morto, e lei si è chiusa in sé stessa. Ha cambiato scuola, lasciato gli amici… la madre va da uno psicologo perché è ancora sotto shock, nonostante ne sia passato di tempo, e lei non riesce a reagire… roba così. >Sebastiano sospirò. La spiegazione era stata veloce e poco chiara, ma sufficiente.Ora capiva tutto. Capiva perfettamente.Ringraziò Margherita frettolosamente, e tornò sui suoi passi.Ora doveva solo trovare Alessandra. La sera scendeva lenta oltre le montagne. Il casolare in cui alloggiavano i ragazzi era un luogo rustico e tranquillo, e le ombre della notte lo stavano avvolgendo in una morsa oscura.Sebastiano sapeva dove trovarla. Uscì fuori con una scusa, e andò sul retro della casa, accanto all’orto.Lei era lì. Un ombra fra le ombre, piccola e indifesa.Una figura rannicchiata, silenziosa, scossa da singulti.Sta piangendo, si disse Sebastiano. Tanto meglio: ora toccava a lui.Le si avvicinò lentamente, i capelli biondi scossi dalla brezza che tirava leggera. Non voleva spaventarla.Ma lei non diede segno di aver sentito, rimase lì a terra con il viso nascosto fra le braccia, singhiozzante.Sebastiano fece un respiro profondo. Si sedette a terra con la schiena al muro, accanto a lei, raccogliendo le gambe al petto. Lei non si mosse.Il silenzio gravido di mistero della notte che stava oscurando il paesaggio opprimeva Sebastiano, che stava scegliendo le parole più corrette per cominciare il suo discorso.Alla fine gli salirono alla gola da sole, come se una qualche forza autonoma sapesse come premere le sue corde vocali per fargli dire ciò che voleva lei. E parlò, seguendo ciò che il cuore gli suggeriva.< Anche mio padre non c’è più. > la sua voce profonda ruppe il silenzio delle tenebre.I singhiozzi di Alessandra si affievolirono, fino a spegnersi del tutto.La ragazza rimase immobile, così com’era quando lui era arrivato, solo che ora stava ascoltando, non più piangendo.< E’ morto quattro anni fa, avevo solo 12 anni. > proseguì Sebastiano, facendosi coraggio. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente; anche per lui non era facile riportare alla mente i suoi ricordi - era come quando una ferita si cicatrizza e noi per togliere la crosticina che affiora sulla pelle apriamo nuovamente il taglio, da cui esce sangue e che ci provoca dolore.Era un continuo sgorgo di emozioni, e le lacrime premevano sulle palpebre.< Un giorno sono tornato a casa, e ho trovato mia madre in lacrime. Mio padre aveva fatto un incidente. > il ragazzo aveva la voce rotta. Ma si costrinse a proseguire. < E’ rimasto in coma per due mesi. Otto lunghe settimane trascorse i ospedale, perché io volevo stargli vicino, volevo donargli la mia forza, volevo vederlo tornare a sorridere. > Ora Sebastiano piangeva, ma non gli importava se appariva debole, lei poteva capirlo meglio di chiunque altro. E anche Alessandra aveva ripreso a piangere, per la storia del ragazzo e anche perché, finalmente, aveva trovato qualcuno in grado di comprenderla.< Ogni pomeriggio, sempre lì, in quella stanza bianca e puzzolente di medicinali, ad ascoltare i lamenti del malato sul letto di fianco. E mio padre dormiva, era lì come sempre, ma quando lo chiamavo non mi rispondeva, non sentiva nemmeno il mio pianto disperato che una volta consolava sempre.Un giorno – ero seduto accanto al letto, e leggevo un libro – l’infermiera che stava controllando lo stato di mio padre fece una faccia preoccupata che mi spaventò a morte. Lei corse a chiamare i medici, mi fecero uscire di peso. Io urlavo, non volevo lasciare mio padre così, ma nel frattempo – non capivo come - era arrivata mia madre che mi prese in braccio e mi portò piangente verso la sala d’aspetto. Arrivarono i medici venti minuti dopo.Il cuore di mio padre aveva smesso di battere. > I due ragazzi, due figure nere nell’oblio delle tenebre, stretti l’uno all’altro, piangevano.Piangevano lacrime di dolore, provocate dai ricordi tristi del passato. E piangevano lacrime di gioia, perché erano uniti più di quanto si poteva immaginare, e nel dolore si erano trovati.E fu lì, circondati dall’oscurità, oppressi dall’aria fredda e carica di elettricità, immersi in un flusso di emozioni senza nome che nessuno avrebbe saputo fermare, che Sebastiano trovò dentro di sé le parole per rivelare a Alessandra i suoi sentimenti. E fu lì che, per un miracolo o solo grazie ad un sentimento appena nato, anche lei ricordò com’era vivere prima che la sua esistenza fosse sconvolta da quel dolore, e che comprese che era Sebastiano l’angelo custode che aveva il compito di starle vicino, proteggerla e amarla dopo la sua rinascita. "~ Ogni essere umano ha un'ala. Un'ala leggera che da sola non ha la forza di sollevare il corpo, e per questo non riusciamo a volare. Ma al mondo, esiste una persona che ha l'ala che ci manca. Quando la incontreremo, sapremo subito che è lei, e impareremo finalmente a volare. ~