Drôle de Belgique

Le 10 cose… Cap. 9: la sicurezza.


Ora che me ne sono andata lo posso dire: sono stata l’unica tra i miei amici e conoscenti a non aver mai subito a Bruxelles un furto, uno scippo, un’aggressione. Non so se è dipeso dalla mia esagerata prudenza o dalla fortuna; è vero che in 5 anni ho fatto quasi vita claustrale, limitando il più possibile le occasioni di pericolo –per capirci, non sono mai uscita da sola la sera, rinunciando anche a cose che mi interessavano, come cantare in una corale-, ma è anche vero che quando le cose devono succedere, succedono. Quindi, tutto sommato, posso dire che ho avuto un gran culo a uscire indenne da una città che, in quanto a sicurezza, come a tante altre cose (vedi i capitoli precedenti) lascia molto a desiderare.  Certo gli inizi sono stati poco promettenti: appena arrivata, sola, spaurita, con figlio neonato a carico e marito in riunione all’estero, mi sono ritrovata alle prese con una minaccia di sparatoria davanti a casa mia; con voce tremula e inglese incerto, ho dovuto chiamare la polizia e spiegare che in strada, a pochi metri dalla mia finestra (abitavo al 1° piano) due tipi, dopo un incidente, stavano litigando, e uno dei due aveva una pistola in mano. C’è stata qualche piccola incomprensione, perché il poliziotto, bravo ma purtroppo belga, mi chiedeva “what kind of gun”, intendendo per “gun” un’arma in generale, mentre per me era chiaro che significava “arma da fuoco”, e nel panico la banale parola “pistol” non mi veniva proprio. Passata una mezz’ora, dopo il tempestivo arrivo dei poliziotti e l’arresto dei due litiganti, ancora scossa dall’evento, ho ricevuto la visita dei vicini del terzo piano; entrambi francofoni, si sono piegati all’inglese per pietà verso di me, ignari che anche in english ero semi handicappata. Lei, poi, continuava a dire “I sink, I sink”, e io non riuscivo a capire cosa c’entrasse il lavandino con tutto il resto del discorso, o perché cavolo fosse venuta da  me a raccontarmi delle sue manie depressive e la sua sensazione di affondare.  Alla fine ho afferrato, con fatica, che più o meno alla stessa ora della lite in strada, l’appartamento del secondo piano era stato visitato dai ladri, che avevano rubato…”e pissi, e pissi”…What? Ahhhh…. “a p.c.”, un computer! Miseriaccia, che mattinata. Se il buongiorno si vede dal mattino, mi sono detta…Per fortuna sono stati casi isolati, in seguito tutto è andato bene. A me, voglio dire. Non riesco a ricordare un solo amico che non mi abbia mai riferito di essere stato vittima di un episodio criminoso: a cominciare da D. e R., a cui hanno rubato il passeggino nell’ingresso di casa; a R. hanno anche spaccato due volte il finestrino, guarda caso della macchina con targa italiana, mai quella belga; ad A. hanno rubato il cellulare davanti agli occhi, mentre era bloccata in un letto d’ospedale per una gravidanza difficile; la mia autista Dominique, come già detto, è stata infilzata nel collo con uno spiedo da un drogato minorenne; la mia vicina l’ho sentita parlare al telefono con un amico (ho origliato, è vero, ma ero incuriosita perché parlava italiano) e svelargli che l’avevano aggredita e picchiata in metropolitana per rubarle la borsa; ad A., compagna di corso di francese, hanno aperto lo sportello della macchina mentre era ferma ad un semaforo, sempre per scipparle la borsa; stesso trattamento per una collega di mio marito, ma anziché aprire la porta, le hanno rotto il finestrino. L’ultimo episodio, ma il più grave, riguarda una mia collega della Scuola Europea: suo figlio ha litigato con dei tizi fuori da una discoteca ed è stato accoltellato; è morto dopo due mesi di sofferenze.Si capisce che ho aspettato a pubblicare questo post per una questione di scaramanzia: volevo essere al sicuro prima di scrivere: “Io a Bruxelles l’ho scampata bella”.