Drôle de Belgique

Non sono io ad essere razzista!


Esaurito il mio ruolo d’informatrice e redatta un’esaustiva guida di sopravvivenza al Belgio (e ai belgi), non mi rimane che assilla…, allietarvi con alcune cronache personali che, come già detto, pur essendo un po’ datate, non nocciono alla salute, anzi. A me, ad esempio, fanno un gran bene. Come levarsi un sassolino da una scarpa.Dunque, torno a parlare della Scuola Europea e dei suoi mitici personaggi; prima di incontrare Dory, la smemorata autista fiamminga che, probabilmente, ancora vaga random nei quartieri “bene” di Bruxelles, ho collaborato per diversi mesi con un conducente marocchino che chiamerò, senza tanta fantasia, Mohammed (anche perché si chiamava così). Bravo, niente da dire. Un mostro alla guida, e non solo per gli standard belgi: avrebbe parcheggiato un bus nello spazio di una Smart. Però, come persona, non proprio il massimo della simpatia: in due mesi mi avrà detto due parole, tant’è che mi sentivo a disagio perfino nel dargli le comunicazioni di servizio, tipo “qui non c’è nessuno, vada dritto”. Vagamente intuivo i motivi di questo mutismo, ma un giorno, parlandone con Dominique, la teutonica autista del mercoledì, ne ho avuto la conferma; è stato buffo perché è cominciato tutto in souplesse, come spesso succede, ed è finito con un bel cappottino.“Il est gentil, ce monsieur” ha esordito Dominique. Ed io: “Ah oui, il est gentil… » e giù lodi sperticate e ipocrisia andante: guida bene, arriva sempre puntuale, ha una memoria di ferro, è pure un bravo meccanico… Ma poi una delle due ha cominciato timidamente a dire: « Sì però… E’ gentile ma non parla proprio tanto tanto… ». « Perché non sa bene il francese ». « Veramente, capire lo capisce”. “Sì… lo capisce, ma non lo parla bene. E poi, vedi… il fatto è che noi… siamo donne!». E lì cascò l’asino. Perché c’ero arrivata anch’io, per questo non avevo insistito più di tanto. Non c’era rimedio, se la sua cultura (cultura?!) gli vietava di parlarmi a causa del mio sesso, c’era poco da fare, non potevo mica mettermi un fallo posticcio!Dominique ha aggiunto dei dettagli deprimenti: mi ha detto, ad esempio, che quando il suo autobus aveva un problema meccanico, lei non poteva parlarne direttamente a Mohammed, perché lui non la cagava neanche di striscio, e doveva perciò servirsi di un intermediario, naturalmente uomo.  E poi: una volta il loro capo ha offerto una cena a tutti i dipendenti; sapendo che sarebbero stati presenti diversi marocchini, ha avuto persino l’accortezza di scegliere un locale arabo, per non avere problemi con la cucina; ma il devoto figlio di Maometto non si è accontentato: resosi conto che (scandalo!) non era una serata per soli uomini, ha prontamente girato il culo per andarsene. Per salvare la serata, i belgi beoti non hanno esitato a relegare le donne presenti ad un tavolo a parte. Ora, io dico (e sarò pure retorica, ottusa, eccetera): possibile che, in nome dell’ospitalità, uno debba mandare affanculo le regole base della SUA società, del SUO paese, abbassandosi ad adottare un comportamento a dir poco tribale? E non so se ce l’ho di più con gli arabi, con quella loro cultura (cultura?!) retriva che ignora uno dei principi fondamentali della nostra civiltà, cioè l’uguaglianza tra i sessi, o con i belgi, servi, inetti, senza palle, pronti a mettersi a 90 gradi per evitare gli screzi. Una sola parola per loro:… No, non rincalcati… COGLIONAZZI! E, parafrasando Giobbe Covatta, “NON SONO IO AD ESSERE RAZZISTA, SONO LORO AD ESSERE MAROCCHINI!”