ABRAXAS

synodoiporòs


Dalla cella accanto alla mia sento lamenti sommessi, un piangere soffocato. Cerco quanto più possibile di protendermi all'ascolto, poggiandomi contro il muro nero e viscido che ci separa, non posso che dare pugni contro di esso per farmi sentire, il mio mutismo aggiunge distanze alle distanze.Il pianto si frantuma in scaglie di parole incerte, radunandosi poi come nubi, raggiungendomi. Questa pioggia mi parla di Lisbona, di sogni e di risvegli, di ombre che non si congiungono e di un cuore malato...Batto ancora un pugno, poi il silenzio. Siamo immobili compagni di un viaggio inesistente, chiusi nelle nostre prigioni?