Io, a volte

Caffè? Si, grazie ma con cautela


E’ tanto semplice offrire una tazza di caffè che sembra sia diventato un gesto automatico al punto da dimenticare la selezione che invece dovrebbe esistere per dividere con qualcuno un momento assai inebriante… Assisto da tempo alla vanificazione di quella che secondo me è un’arte nonchè di un qualcosa che offre la possibilità di identificare l’appartenenza di chi si appresta a bere una tazza di caffè…Quante realtà diverse si celano dietro una tazzina di caffè, in tazza, in vetro, macchiato, schiumato, veneziano, marocchino, lungo, normale, espresso, ristretto, dolce, amaro e sicuramente ognuna di queste tipologie porta con sé una caratteristica del bevitore; ora, a tal proposito, non ho trovato letteratura utile a spiegare, pensavo alla psicologia del bevitore di caffè, ho spulciato e ho trovato psicologia del giocatore di scacchi, sul bevitore di hascish, bevitore di assenzio (quadro di Manet), Santo Bevitore, addirittura si parla dell’esistenza di miti sulla caffeina ma sull’origine della mia ricerca nulla, nisba…C’è tanta storia dietro, invece. Per l’ Italia, si parte dal 1614, anno in cui uno spirito libero quale quello di Retro Della Valle che nella sua irrequietezza, da Napoli, pare abbia trovato accoglienza in Terrasanta e da lì scriveva agli amici che i musulmani durante il Ramadam lo usassero bere nei locali dove si recavano al calar del sole per mangiare, a quel tempo lì veniva chiamato “cahve” mentre i turchi lo sorbivano per deliza e trattenimento lontano dai pasti in inverno per scaldarsi e in estate per rinfrescarsi. Di caffè ne parla il Flos Medicinae Scholae Salerni per decantarne le proprietà medicamentose ma l’assunzione al ruolo che ancora oggi ha si deve al cuoco napoletano Corrado e dopo un passaggio strano attraverso il mondo della jattura e della scaramanzia il caffè a Napoli divenne tanto famoso e diffuso quanto la cioccolata. I partenopei dicono che il caffè ha tre “C”, cioè va bevuto caldo, carico e comodo, qui in Calabria (sempre i soliti i calabresi, bravi a rompere gli schemi altrui) si dice che deve avere tre “S”: seduto, scottante e scostumato, nel senso che siccome ci si brucia nel berlo poi si lancia qualche anatema. Secondo De Talleyrand deve essere «nero come il diavolo, caldo come l'inferno, puro come un angelo e dolce come l'amore...». E allora, alla luce di questa affermazione, è possibile che un caffè si beva con chiunque???http://www.interviu.it/caffe/caffe.htmMagari adesso è tardi e qualcuno potrebbe non gradire una tazzina di caffè, beh posso provare con altro sistema....(so che non è una pipa ma è più adatto all'occasione...)PS...notizia degli ultimi minuti (h 10.43) pare ci sia un'altra modalità di prendere il caffè...cito fedelmente: "caldo, un cucchiaino di zucchero ma senza girare, così è amaro come piace a me e con dolce finale..."