Io, a volte

Editoriale del 19 febbraio 2007


L'artista ha bisogno del masso di marmo duro, resistente da vincere per far emergere la statua. In tutti i romanzi, in tutti i film ci deve essere un ostacolo da superare o un nemico da vincere. Senza egoismo non può esserci altruismo. Senza paura non può esserci coraggio. L'egoismo perciò non è solo l'ostacolo posto sulla strada dell'altruismo, ne è paradossalmente anche l'organo: l'egoismo è «l'organo ostacolo» dell'altruismo. La paura è «l'organo ostacolo» del coraggio, l'ingiustizia «l'organo ostacolo» della giustizia. La morale è sempre superamento di un ostacolo e la vita una continua lotta contro la malattia, contro la morte. È la morte che, come organo ostacolo della vita, ce la rende qualcosa di prezioso da conservare, da prolungare, da arricchire. Per cui diventa tanto più importante quanto più si prolunga, si intensifica, quanto più sottrae spazio alla morte. Sono i giovani che non hanno paura della morte, sono le società piene di giovani che fanno le guerre. Mentre l'aumento della popolazione, il suo invecchiamento, il suo desiderio di vivere stimolano la medicina a fare continue scoperte. È la consapevolezza che la nostra società è fragilissima—basta l'arresto del flusso di metano, dell'energia elettrica per provocare una ecatombe—a farci rinunciare alla guerra sostituendola con accordi commerciali. La vita si è evoluta come continua soluzione dei problemi, come lotta. Pareto ha dimostrato che le élites emergono dagli strati più bassi della società dove le condizioni di vita sono più difficili, oppure delle minoranze oppresse, perseguitate. I genitori che vogliono educare bene i loro figli devono spingerli a confrontarsi con difficoltà, con ostacoli. Dando loro appoggio, certo, senza mandarli allo sbaraglio, ma lasciandoli lottare, trovare la loro soluzione. Ed è anche sbagliata una scuola che non crea ostacoli, che non pone mete elevate, che non dà premi e punizioni, che perdona ogni cosa e promuove tutti. Perché ogni individuo vuol affermare se stesso, essere stimato, apprezzato per ciò che ha fatto. Devo poter dire qui ho sbagliato, qui ho fatto male, invece «questo è merito mio». Oggi parliamo tanto di evoluzione, ma l'evoluzione è stata il frutto di infiniti tentativi, fino a quando ha prodotto l'uomo e poi è continuata come evoluzione culturale, e continuerà come intervento dell'uomo sul suo stesso patrimonio genetico. Uno sforzo continuo, ascendente verso un ideale di perfezione che tutti noi intuiamo possibile, anche se infinitamente lontano.dal Corriere della sera -  Francesco Alberoni