Io, a volte

Amarcord


Si  era intorno all’anno 1973 e io frequentavo la terza liceo… Una classe abbastanza intemperante, ma simpatica, una di quelle che per le ore di chimica nascondeva il cancellino e lordava un lato della lavagna così da costringere l’insegnante a girarla per poterci  incantare con le sue elucubrazioni in rima della materia ma ci trovava lo schema del rischiatutto di Bongiorno… Eravamo chiassosi al punto giusto forse gasati dal fatto che proprio dalla terza il buon professore di inglese, autentico precorritore dei tempi aveva iniziato a farci cantare le canzoni popolari da lui tradotte in inglese e, quindi, avevamo subito pronta la scusa delle prove dei canti nei momenti di intervallo o di cambio di ora…  Terza liceo, dicevo, e insegnante di Storia e Filosofia, persona di grande cultura ma distaccato, non dico che ci guardasse dall’alto in basso ma si concedeva poco e ci concedeva poco… Erano i tempi in cui ancora si poteva fumare in classe e aveva l’abitudine di tenere la sigaretta accesa in piedi, poggiata dal filtro, sulla cattedra, nello spigolo alto di destra , e ogni tanto fermava la spiegazione per fare una tirata… Era l’unico che ci sapeva redarguire senza scalmanarsi troppo, non ha mai dato in escandescenze nel fermare le nostre bravate…  Un giorno arrivò e placò le nostre scorribande con una semplice frase… “ Siete in una classe e non in una “putìa ri mustazzuni…” . Ricordo il volto dei miei compagni subito serio mentre io come un imbecille continuavo a sorridere… Io, siciliana, figlia di siciliani che usavano il dialetto siciliano in casa, trapiantata in Calabria, non avevo capito nulla… Curiosa come sempre sono stata, alla fine dell’ora mi sono avvicinata e gli ho chiesto spiegazione…Putìa= luogo di mescita di vino (oggi osteria); mustazzuni= uomini dotati di baffi (dal francese moustaches) e quindi per estensione gente dotata di potere… “Signorina, mi disse, si immagini un luogo pieno di persone che credono di poter fare tutto , un luogo peraltro dove si perde facilmente il controllo di sé perché si può bere senza limiti…è la completa anarchia…”!Sono passati gli anni, sono diventata insegnante e quella frase ancora mi girava nelle orecchie… La mia materia potrebbe essere ancor più ostica della matematica per i ragazzi e quindi sono alla continua ricerca di sistemi che, non solo possano alleggerire la tensione ma che rendano più semplice la comprensione… E così “a putì ari mustazzuni” è diventata la mia frase di presentazione nei primi giorni di scuola ai ragazzi delle prime classi, non la uso per redarguirli la per spiegare l’importanza delle regole in una società civile…Se qualcuno ci è già annoiato a leggere, si deve rassegnare, questo è solo l’antefatto del post, al fatto sto per arrivarci…  Oggi il nostro Guru ha parlato del dialetto e di come le nostre radici si stiano perdendo, una parte di storia, la nostra, che se ne va a ramengo…  E io sono testimone di questo fenomeno…  Nel 1973 la frase in dialetto non venne capita dall’1% degli alunni, oggi 2007, è stata compresa dall’1% dei miei allievi di prima classe… Una situazione completamente invertita, ma che mi vede protagonista di un tentativo di salvaguardia delle radici, ogni tanto una frase in dialetto la inserisco in un contesto, ci sono cose che solo il dialetto può esprimere nel migliore dei modi…Fare u sceccu n’to lenzolu…'U fissa parra sempri 'u primuN'arca e’ scienzaA cunfirenza è patruna ra mala criànzaCu nasci tundu non mori quatratuCu si vardàu si sarbàuDassa stari 'u cani ca'rormiOgni fìcatu i mùsca è sustanzaPalumba muta non poti êsseri serbùtaPreja u Signuri e futti u prossimuU boi 'nci rici curnutu o sceccuU jabbu 'rriva e a'jastìma noChi ti vististi i Càlia e 'Nzùddha?Mancu li caniMinchia ti salàruO vaiu all'acqua o 'nnacu u figghioluTi 'giustàru pi' i festi e pi' i lavuràntiTi salutu peri i ficuUna è ràcchia e chidd'autra non bàliU porcu è a muntagna, e a caddàra bùgghjiFu solo l’anno dopo che scoprii cosa fossero i “purtualli” ma questa è un’altra storia!