Io, a volte

Cocus time….


 No, non ho sbagliato…è proprio cocus…non so che cosa significhi esattamente ma fa parte del pacchetto  post  ONU che avevo preannunciato…E’ la parola che i delegati pronunciano quando bisogna riflettere sulle risoluzioni da discutere… Per cui io delegato di tal Paese propongo di parlare di una certa cosa e chiedo un periodo di tempo, 30 minuti, 40, o chissà quanti, per pensare e, quindi, dopo la mia proposta, si sciolgono le fila dei 400 delegati e ognuno di loro impiegherà il tempo di riflessione come meglio crede…Ma andiamo per ordine…. Gli stagisti arrivano con timore riverenziale, è un luogo di nicchia per chi crede e ha fiducia in certi valori… Sono ragazzi alle soglie della laurea e già essere stati selezionati, oltre che trovarsi a New York, è una bella soddisfazione…  Hanno studiato dell’ONU ma  trovarsi infilati improvvisamente in quella enorme macchina burocratica è sicuramente fuori da ogni loro conoscenza e la realtà non coincide affatto con una decina di pagine di libro…Tutto comincia dalla lingua…Rigorosamente Inglese, ma attenzione, ognuna di quelle 400 persone parla un inglese a modo proprio, con le inflessioni della lingua madre, e anche se si sono fatti corsi per anni, anche se si è andati a studiare nei colleges all’estero si ha l’impressione di essere in una Babilonia e poco si capisce…E poi non si sa bene per quale assurdo meccanismo, forse un inno alla multiculturalità, ogni stagista viene inserito in delegazioni appartenenti a Paesi diversi dal proprio… A mia figlia è capitato di far parte della delegazione del Myanmar (???)  e di dover discutere di energia nucleare… Oddio, dover discutere, ha significato troppo ampio… Lei è in grado di interloquire in  Inglese ma non di farlo alle condizioni che ho descritto sopra e così, assieme ad altri suoi compagni di avventura, si è ritrovata imbarazzata anche nell’esprimere concetti semplici come “Present and voting” perché notava che le pronunce degli altri erano diverse anche per queste due parole… E se prima non ha gradito di essere nella delegazione Myanmar poi, a conti fatti, dice che è stata la sua fortuna, perché nessuno sapeva che Stato fosse, era da poco cambiata la denominazione, e nessuno la poteva interrogare sulle problematiche del Paese così come stava accadendo per chi era capitato a far parte di Stati più noti….Macchina burocratica perfetta almeno nell’apparato di rappresentanza, gli alberghi migliori per i delegati, trasporti gratis con i macchinoni americani, personale addestrato per soddisfare ogni minimo desiderio dei delegati, ma in un certo senso sfugge il senso delle cose… Stare lì a discutere inframezzando le discussioni di “cocus” (durante i quali chi resta a riflettere davvero è in numero minoritario rispetto a chi invece va in giro per le strade di New York) ha già una sua inutilità che diventa esponenziale se si pensa che anche ad approvare, finalmente, una risoluzione, questa mai troverà concreta applicazione…E allora? E’ necessario tenere in piedi queste faraoniche organizzazioni? Con la tecnologia odierna ci si potrebbe riunire in videoconferenza…E per il fuso…beh, io adesso sarei in pigiama ma penso sia preferibile badare alla sostanza delle cose piuttosto che alla futilità…Meglio risolvere le problematiche dei problemi del Terzo mondo in desabijè da casa con i capelli arruffati piuttosto che star lì a fare da scenografia con l’abito lungo richiesto conditio sine qua non per partecipare alle “cene aziendali”… Ah, è per chi è curioso di Facebook e del perché io mi ritrovi su quelle pagine…è un’altra delle conditio sine qua non richieste a mia figlia per partecipare allo stage quella di avere account FB… Sull’abito lungo ha potuto dire di no, è stato sufficiente decidere di mangiare altrove piuttosto che nei saloni ONU, ma su FB ha dovuto obbedire…