Bambina Indaco

L'EGO CI RENDE PEGGIORI...


Sono di norma una persona abbastanza calma e tranquilla. Amo ragionare almeno tanto quanto amo ascoltare le mie emozioni. Mi pongo sempre in modo gentile e per nulla arrogante verso il prossimo e nel mio piccolo, cerco sempre di non arrecare disturbo agli altri. Trovo che usare gentilezza nei confronti degli sconosciuti non sia poi così difficile, anche quando si tratta di piccoli gesti, piccole attenzioni senza nessuna pretesa, se non quella di agevolare la vita mia e degli altri. Per fare qualche (piccolo) esempio, se salgo in metropolitana sposto sempre i miei lunghi capelli a lato sulla mia spalla, perché soprattutto quando i vagoni sono affollati, immagino non sia piacevole per chi mi sta dietro ritrovarsi con i miei capelli in bocca. Sempre in metropolitana, se sto seduta e la gente è tanta, evito di accavallare le gambe, per non creare disturbo in chi mi sta davanti, già fin troppo occupato a reggersi agli appositi (insufficienti) sostegni. Quando cammino per la strada cerco sempre di fare attenzione alle persone che mi camminano davanti, di fianco e persino dietro e se incrocio qualcuno di cui percepisco la fretta, lo lascio passare... chiedo sempre "per favore" e ringrazio ogni qualvolta qualcuno mi dà retta; che sia in un negozio o per la strada chiedendo un'indicazione fa lo stesso; anche se quell'indicazione il mio interlocutore non me l'ha saputa dare. Sono l'unica la sera, salendo sul bus che mi riporta fra le campagne, a salutare l'autista (e a timbrare il biglietto, ma sospetto un giro di abbonamenti...), perché un "buonasera" non mi toglie certo il sonno!... e sono l'unica che non spinge gli altri come bestie in recinto per salire. Una volta sopra, trovata la sistemazione comoda (o quella che c'è), infilo le cuffie e ascolto Mozart, perché nessuno come lui è capace di sistemarmi l'Anima dopo una giornata di lavoro, ma a volume basso, per non disturbare chi mi sta seduto attorno. Apro il libro e inizio silenziosamente a leggere, immergendomi completamente e con immenso piacere nell'ora di lettura che mi aspetta. L'ALTRA VISIONE DELLA STESSA STORIA Quando salgo sulla metro alla mattina devo sempre farmi "marmo" per cercare di contrastare le botte e le spinte di chi forse vive nel terrore di non riuscire a salire in tempo, prima che si chiudano le porte; anche se si sa bene che il tempo di apertura delle stesse permette a tutti di scendere e poi salire, c'è sempre un sacco di gente che pare quasi impazzita e che non vede più gli altri, accecata dal desiderio di salire e sedersi. Solitamente resto in piedi: un po' perché ho poche fermate da fare, un po' perché preferisco lasciare il mio posto a qualche ansioso del seggiolino. Sposto i miei capelli per evitare che vadano in bocca a qualcuno, ma questo non mi salva dal trovarmi a mia volta a sputacchiare innervosita nell'intento di levarmi dalle labbra i capelli della persona che mi sta davanti. Quando in metropolitana non riesco ad arrivare al mio angolino strategico e finisco in piedi davanti ai sedili (posizione che detesto per svariati motivi), devo sempre lottare con l'accavallatore/trice di turno, che non contenta di avere il sedere ben poggiato sui sedili riscaldati dai motori (che però attenzone... fanno venire le morroidi!), allunga e appunto, accavalla le gambe noncurante del fatto che per far spazio a loro, io devo quasi ballare la bachata per sei fermate. Quando cammino per raggiungere il bus osservo bene la traiettoria meno traumatica e cerco di muovermi come un gatto: veloce, silenziosa e ben attenta a schivare la gente. Purtroppo, c'è sempre qualcuno che cammina tra la folla leggendo il libro o guardando improbabili macchie sui muri (immagino io), oppure che cambia direzione così improvvisamente da accorgersene un paio di metri dopo, a cosa fatta, e mi viene addosso. Io sorrido, come a dire: "nessun problema"... e generalmente ricevo uno "Sgrunt" secco, e via andare. Scusa tanto se il mio progetto di vita prevedeva di vedermi al mondo in concomitanza tua. Finalmente arrivo al capolinea del bus che mi riporta a casa. Aspetto sempre almeno una mezz'oretta (arrivo sempre in anticipo) in un ambiente che pare avere molte cose in comune con le camere a gas dei campi di concentramento nazisti. In uno spazio di pochi metri quadri, completamente coperto e poco ventilato, ogni giorno, ogni ora, almeno dieci pullman sostano a motori accesi per la totale durata del loro capolinea, che va dai 5 ai 15 minuti circa. Ho sempre il dannato sospetto che quella mezz'oretta di attesa mi tolga qualche mese di vita, giorno dopo giorno. Sono dunque la prima a raggiungere la pensilina e vedo arrivare alla spicciolata gli ormai familiari compagni di viaggio (sui pullman campagnoli alla fine ci si conosce tutti). Quando arriva il bus, generalmente mi si ferma con la porta d'entrata davanti (perché ho capito dove mettermi per far si che questo accada, non certo perché sono dotata di un magnetismo particolare!) e inizia l'incubo. I cari compagni di viaggio iniziano a beelare e si trasformano in un gregge di montoni impazziti. Nessuno sembra realizzare che per salire i tre gradini del bus ci vogliono almeno due secondi a persona. Giuro! Sembrano tutti dotati della capacità di spostarsi col pensiero... tutti, tranne quelli che stanno loro davanti. Addirittura una volta un signore sulla settantina mi ha mandato a quel paese (borbottando qualcosa in dialetto) perché mi sono fermata un secondo di più sui gradini per timbrare il biglietto (ma adesso ho imparato, lo faccio dopo, quando sono tutti comodi e acquietati)... Finalmente sul pullman, trovo il posto e mi accomodo. Infilo le cuffie e accendo la musica, sempre a volume basso. Prendo il libro e cerco l'ultima "orecchia" ansiosa di ricominciare la lettura da dove l'ho precedentemente terminata. «Ciaaaaoooo!!! Pronto?!?!... Mi senti?!?!!?!... Èh?!!.. Ma mi senti?!?!?!... Siiii, io ti sento forte e chiaro!!... SE ALZO LA VOCE MI SENTI MEGLIOOOOO?!?!?!?! COSA MI RACCONTI?!?!?!... SI, IO SONO SUL PULLMAN, ABBIAMO UNA MEZZ'ORA DI TEMPO PER PARLARE!!! ÈÈÈHHH!!! CHE BELLO!!!!»... Puntuale come le tasse me la ritrovo dietro. Lei e la sua voce capace di annullare Mozart in un secondo, capace di farmi rileggere la stessa riga due, tre, cinque, venti volte... prima di comprenderne il significato. Lei, che aspetta il viaggio sul bus per occuparsi della cosa che più l'aggrada al mondo (e cioè la sparlata), ormai mi pare quasi una punizione divina. Non sono mai riuscita a vederla in faccia, ma la sua voce la riconoscerei fra mille. So tutto della sua vita. So di suo marito Luca che è cattivo, che la tradisce e la maltratta, so dell'intervento alla spalla di sua zia Pina, so del suo amico Leonardo che la sta aiutando a cercare casa e so che quantomeno al lavoro è contenta. E so anche che il suo ego è immenso, come quello della maggior parte delle persone. Se solo la gente imparasse a metterlo da parte, sono convinta che questo mondo sarebbe un luogo più vivibile. Io ho raccontato solo delle stupide cose; una piccola parte dell'enorme ego che avvolge quasi completamente l'animo umano. Mi sono tenuta bassa apposta, ho evitato volutamente di rappresentare l'ego nelle sue sembianze più opprimenti, perché a mio avviso, non servirebbe a molto. Se si vuole guarire davvero da questa malattia dell'Anima, è opportuno farlo a piccoli passi, un gradino alla volta. Non si può chiedere all'essere umano (occidentale) di non affamare un intero continente, se prima non gli si insegna a non pestare i piedi al proprio vicino, nella situazione più piccola che ci sia. L'unica salvezza per il genere umano è questa. L'abbandono dell'ego. Io ci sto lavorando. Certo, non l'ho mica abbandonato tutto (a volte ne sento i malefici effetti), ma sto imparando a tenerlo a bada e devo dire che quando ci riesco mi sento una persona migliore. Anzi, quando ci resco una persona migliore, lo sono.