parole sui vetri

il desiderio


Tu sei il desiderio, quello che dipinge a colori tutti i bianchi ed i neri, quello che fa d’un raggio di sole l’estate piena. Tu non hai un corpo, nè giorni. Non sei di carne, ma sei fatto di attimi e gli attimi esistono quando fa caldo o fa freddo, quando cadono le foglie o il mio ciliegio si riempie di fiori, quando gela il respiro e quando di notte, nudi, si può stare sulla spiaggia. Non c’è nulla che ti assomiglia, né le albe né i tramonti, né le case o i palazzi, né le onde o la neve. Ed allora come fai a bussare alla mia finestra? Come puoi avere le dita perfette a fare questo rumore? Forse tu sei una donna latina? O forse una bionda del nord? Magari una donna senza destino: bella, alta, con i capelli neri e i fianchi morbidi. Avvolgente. Passionale. Con un vestito a fiori. Ma anche se fossi con il trucco un po’ sfatto e il rossetto rosso slabbrato, i capelli, rossi e mossi, raccolti sulla nuca con forcine invisibili che cosa mai cambierebbe! Sei il desiderio, puoi essere tutto. Puoi avere ai piedi sandali legati alla caviglia e polpacci forti, maestosi, ambrati. Potresti anche avere un’aria triste e, seduto, con un velo di lacrime a coprire il vero colore dei tuoi occhi. Un velo che resta che prende le sembianze di un lago luccicante. Forse tieni in bilico, tra belle labbra carnose, una sigaretta che si consuma lentamente. Ah. Il desiderio così sconosciuto ma che tutti raccontano nei più intimi dettagli. Il desiderio, quella puttana che piange al tramonto e poi all’alba ride come una bambina innocente. Il desiderio, quello che ti toglie il fiato per darlo tutti ai sogni, quello che ti parla serio ma poi ti fa sentire stupido. Si cuce addosso e rimane lì a torturarti e non c’è alcun modo per mandarlo via.