parole sui vetri

autoreggenti


Le tue calze erano sempre nere. Autoreggenti. Quelle che accendono il dubbio che finiscano molto prima dei fianchi. Salivamo le stesse scale da tempo ed ogni volta potevo ascoltare dal tuo fiato ansie e timori! Alzavi le spalle per ingrossare il tuo seno, per offrirmelo appena chiusa la porta. “Ma davvero lo sono? Si, davvero ma io sono … mignotta?” mi dicevi fermandoti sull’ultimo pianerottolo. Sorridevo rispondendoti che nessun’altra parola era fuori luogo come quella appena volata nell’aria. Ma tu la ripetevi, l’allungavi, l’accorciavi perché la tua coscienza potesse capire ed accettare che ti stavi offrendo senza un pretesto di cuore, uno straccio d’amore, ma solo per voglia. Oddio com’eri bella! E’ con te che ho capito davvero cosa significa essere sedotti e morire di voglie mai soddisfatte. Dentro quegli occhi orientali, incapaci di negare alcun si, si leggeva la bellezza di una femmina che passava le sere, davanti allo specchio ad allungare i contorni, il trucco, il tempo, il rossetto, il desiderio, per accogliermi dentro un letto di un Hotel. Te ne regalai tante di calze nere, perché mi piaceva vederti giocare davanti allo specchio ma più di tutto perché mi eccitava accarezzarti sotto la gonna, risalire con la mano leggera e impaziente, fino a quando la calza diventava più scura, ed infine toccare la tua pelle chiara e già profumata di sesso colante. Col passare degli anni non sei cambiata. Ti vedo passare ed io chiudo gli occhi ogni volta. Immagino, come se fossimo ancora sulle scale di un hotel, la mia mano che trema sul tuo fianco, il mio sguardo che fissa le tue pieghe più scure, mentre ti chiedo discreto se ancora le porti…