parole sui vetri

Ci vorrebbe


Consumiamo le suole facendo sempre lo stesso percorso e poi ci infiliamo da qualche parte, che sia un ufficio o un bar, un’officina o uno studio di avvocati. In mezzo a milioni di persone senza volto, ascoltando musica che qualcuno ha già scelto, tra miliardi di parole ascoltate a metà e rumori di fondo. Ci si abitua ad ogni stramaledetta cosa, alle guerre degli altri, alle bariste con le tette ampie, ai portoni scrostati, alle vetrine luccicanti, a Berlusconi, alle feste, alla TV, al vicino di casa che urla, alla ragazza con la mini che sculetta, alla signora che ti guarda come se volesse dartela, lì, nel negozio. Ci vorrebbe un corso di “sorrisi”, una formula magica per disarmare il tempo e renderlo leggero. O forse basterebbe guardare e vedere, sentire e ascoltare. Con attenzione. In modo da accorgersi che si, stamattina, tutto sembra uguale. Ma di sicuro è diverso. Non esiste ovvietà del percorso ripetuto. Così come non esiste una vita perfettamente ripetuta se ci sforziamo di reagire: magari arrendiamoci alle magnifiche epidemie di “meraviglia” e abbandoniamoci felici a qualche attacco cronico di “sorpresa”.O fate come me: correte, emozionati, ad incontrare una donna :-)