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MA A COLPI DI TASSE NON SI FA SVILUPPO


Come diceva Leibniz, “la ricchezza è in primo luogo la capacità di una nazione di produrre beni, il principale prodotto di una società sono le persone, e la ricchezza consiste nella disponibilità di un capitale umano di conoscenza e di un’industria manifatturiera in grado di garantire un futuro alla crescita economica”. Garantire il futuro alla crescita economica: ovvero l’esatto contrario di quanto sta accadendo nell’economia attuale. Questo mi porta ad esplicitare, ulteriormente, la mia critica al Patto di stabilità e alla “smania vessatoria” di una certa visione politica. Un campo visivo comune agli schieramenti, regole applicate sempre con lo stesso schema. Fase uno, certa: tasse e imposte; fase due, sempre improbabile, sviluppo e crescita. Da decenni i governanti, prescindendo dall’area politica di riferimento, promettono questi interventi in due fasi che risultano essere perdenti, inutili e perniciosi. La situazione attuale lo conferma. Evidentemente, c’è qualcosa che non va in questo modo di governare la Società degli uomini. Ecco il vero problema da risolvere: “tassare per sviluppare” è un’assurda metodologia di azione. Ritengo sia giunto il momento di agire diversamente, per fasi, certo, ma contestuali. Sviluppo e risanamento dei conti pubblici devono procedere di pari passo. Dirò di più, il primo è condizione essenziale per raggiungere l’obiettivo risanamento. Non c’è risanamento senza crescita economica, il volerlo raggiungere con una sommatoria di nuovi e vecchi balzelli è pura follia. È pur vero che il Comune deve sottostare alle imposizioni calate dall’alto, ma è altrettanto vero che proprio nei momenti di crisi occorre aguzzare l’ingegno, per chi ne è dotato, cercando nuove strade da percorrere. La crisi è la cartina tornasole che ci mostra gli errori fatti a causa di schemi mentali superati e sconfitti dal tempo, maestro di vita. Cercare nuovi percorsi significa trovare nuove formule per gli investimenti: ad esempio il leasing in costruendo che consente di sfuggire al patto di stabilità, per la riduzione dei costi, con un maggior utilizzo delle sponsorizzazioni. Per la gestione della macchina amministrativa, responsabilizzazione e premialità legate ai risultati. Solo con scelte coraggiose e distanti dagli schemi del passato “coloro a cui ora tocca” potranno mantenere la promessa che segue, fatta da loro in campagna elettorale: “Nei prossimi cinque anni ogni giorno almeno un occupato in più; ogni giorno almeno la stabilizzazione per un precario; ogni giorno almeno un’a ltra donna che conquista il lavoro; ogni giorno almeno un giovane che inizi a lavorare”. Sono passati quasi dieci mesi, circa 300 giorni. Non mi sembra che a Cagliari ci siano 300 occupati in più, 300 precari in meno, 300 nuove donne lavoratrici e 300 giovani con una nuova occupazione. Scontato dire che sarebbe stato impossibile conseguire simili risultati radendo al suolo il Poetto, chiudendo i tanti cantieri cittadini e limitandosi ad ascoltare, ascoltare, ascoltare. Un mantra ripetuto dalla maggioranza consiliare fin dal primo giorno di insediamento, che provoca oramai in tanti concittadini un neanche troppo celato senso di nausea misto a vuotezza oggettiva. Qui mi fermo per non tediare il lettore, oltre a permettere al mio critico di incamerare qualche nozione in più. Mi dispiacerebbe e mi preoccuperebbe se dovesse davvero continuare a confondere il buon senso con la demagogia.Pierluigi ManninoConsigliere comunale Patto per Cagliari da Sardegna Quotidiano del 22/03/2012