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I no, illuminati e "sinistri", che spengono la nostra Cagliari


Il “no” rappresenta quel lemma lessicale utile per qualunque situazione. Con i “no” i genitori aiutano il loro figlio o i loro figli a crescere con la consapevolezza che non sempre è possibile fare tutto (con la salvifica eccezione del riuscire a raggiungere traguardi importanti con la forza di volontà). Parimenti, i “no” hanno il potere di modificare corsi – e ricorsi – storici, lo scorrere di un istante e il cammino di un’esistenza. Modalità educativa genitoriale a parte, negli altri casi citati il “no” è il perfetto opposto del “sì”. Piccola lezione di grammatica, valida in tutto il mondo, a parte, l’oggetto di questa riflessione va a incentrarsi su un “no” che porta con sé, a cascata, conseguenze nefaste e pericolose. Infatti, se da un parere positivo o negativo si decidono addirittura gli equilibri mondiali, ha un suo preciso valore anche una mozione,portata tra i banchi di un consiglio comunale, quello di Cagliari, governato da oltre due anni da una maggioranza espertissima nel votare “no” alle proposte,sane e ragionate, dell’opposizione. Lo scorso 17 settembre chiedo che venga data ai cagliaritani la possibilità di destinare il loro 5x1000 in un fondo speciale, dedicato ai genitori separati in difficoltà economica. Il documento –demagogicamente bocciato dall’intero centrosinistra – l’avevo fatto schedare tra gli argomenti in discussione a fine luglio. Ben prima dell’arrivo dei dati della Caritas, resi noti due settimane fa, che confermano “le difficoltà derivanti dal divorzio e dalle separazioni, con o senza intervento giudiziario:è una quota pari al 48 per cento dei problemi familiari (quale causa di povertà). Fra i divorziati e soprattutto fra i separati è la componente femminile a registrare una maggiore esposizione a situazioni di vulnerabilità sociale, con delle quote cresciute sensibilmente: le donne separate tra il 2009 e il 2012 sono passate dal 14.2 per cento al 16,2 per cento”. Non servono laureati o scienziati per comprendere che, in un momento di forte crisi, da un punto bisogna pur partire. I genitori separati o divorziati sono una categoria oggi svantaggiata, così come tante altre: iniziare a aiutare loro non avrebbe di certo escluso tante altre persone, uomini e donne, colpiti dalla crisi economica per i più svariati motivi. La mia era una proposta dalla forte connotazione “sociale”, senza colore politico alcuno. Ma il diavolo, si sa,oltre alle pentole, qualche volta, riesce anche a fare i coperchi. Il centrosinistra che governa la nostra Cagliari ha detto “no” alla mia proposta. La motivazione? Gli interventi, ironicamente definibili “illuminati”, sono stati tanti, ma il pensiero dei consiglieri di centrosinistra può essere racchiuso nel seguente concetto. “E’ sbagliato provare a modificare una prassi consolidata negli anni, tutto deve continuare senza nessuna modifica”. Il significato, riassunto in un modo più comprensibile a voi cittadini, è questo:“i padri separati o divorziati, così come tutte le altre categorie di poveri,devono continuare a rivolgersi agli assistenti sociali”. Così ha risposto più di un consigliere di centrosinistra. E’ facile intuire il perché di una simile risposta: tenere tutti allo stesso livello contraddistingue da sempre le azioni politiche della sinistra. Soprattutto nel tema “sociale”: le centinaia di cagliaritani che affollano quotidianamente gli uffici circoscrizionali degli assistenti sociali sono la nitida fotografia del dramma generale che non risparmia la nostra Cagliari. Il voto positivo alla mia mozione avrebbe rappresentato l’inizio di un percorso virtuoso. Abortito sul nascere da chi non sa vedere oltre la punta del proprio naso e dei propri interessi di bassa bottega. Adesso tocca a loro. Adesso. Tra meno di tre anni la musica cambierà. I cagliaritani,persone col dono dell’umiltà e dalla schiena ben eretta, hanno scoperto il bluff portato avanti dalla momentanea maggioranza. Proprio quella – di centro sinistra, è utile ricordarlo – che una settimana dopo l’aver bocciato lamia proposta, si è presa a schiaffi (metaforicamente parlando) occupando l’intera seduta del consiglio comunale per discutere e approvare una mozione sull’ utilizzo della lingua sarda nei concorsi pubblici. Per la serie: come complicare l’esistenza a chi ambisce, dotato di titoli e anni di sacrifici su libri universitari, a avere un lavoro. Certo, la lingua sarda eretta a baluardo culturale di quella stessa sinistra che non aiuta i soggetti svantaggiati è roba da circo. Ne sono certo: Emilio Lussu e molti altri padri della Sardegna si sono rivoltati nella tomba.