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Nel segno del Giallo, "Il fumo uccide" Capitolo 6


Nel silenzio della sua casa, William Denti si godeva le ferie. Un anno intero di lavoro avevano messo a dura prova la sua resistenza, ma era riuscito a portare a termine il progetto. L’aveva consegnato e aveva già ricevuto gran parte del compenso. Adesso pensava che in effetti era fortunato. Aveva un lavoro che gli piaceva, una bella casa e una famiglia fantastica. Dalla terrazza, vedeva chiaramente il mare. Il Tramonto era stupendo, il rosso del sole colorava il mare e il riflesso, sulle onde, formava schegge di luce e colori. Lo spettacolo era indescrivibile. Si, pensava, sono un uomo fortunato. Era rimasto solo per qualche giorno, sua moglie e suo figlio erano andati a casa dei suoceri per qualche giorno. Glielo aveva chiesto lui per potersi dedicare anima e corpo al progetto. Sarebbero rientrati l’indomani. Aveva ancora una notte tutta per se. Una notte da dedicare alla sua passione segreta. Al segreto più intimo e non trasmissibile a nessuno. Nessuno doveva sapere. Suonarono alla porta. Guardò l’orologio e sorrise compiaciuto: “In perfetto orario”. Corse ad aprire al suo ospite. Come la vide, il sorriso sulle sue labbra esprimeva tutta la gioia che provava in quel momento. Lei si fece avanti e posò le labbra sulle sue. Il bacio divenne abbraccio e la passione iniziava a pervaderli entrambi. Chiusero la porta dietro di se e si avviarono nella dependance che si affacciava sul giardino interno. Quello era il suo regno, il suo paradiso privato. La sua terra esclusiva. Il luogo delle sue fantasie e delle sue perdizioni. Nessuno, che lui non volesse, poteva accedere. Una volta dentro, il mondo non esisteva più. Esisteva solo lui, la compagnia del momento e i suoi vizi inconfessabili. Restarono per alcuni istanti fermi, l’uno davanti all’altra. Le luci soffuse rendevano l’atmosfera, al tempo stesso, mistica ed eccitante. Accese lo stereo e le tromba di louis Amstrong invase la stanza, trasformandola nel wonderful world della canzone. Le versò da bere e glielo porse. Si sedettero sul divano ed iniziarono a studiarsi. I loro visi si fecero sempre più vicini ed il desiderio li porto a congiungere le loro bocche. Le loro lingue iniziarono a dettare il ritmo alla loro passione. In un attimo le mani di lei arrivarono a frugare nella sua intimità e così divenne la sua padrona. La padrona della sua sessualità. Quando senti le sue labbra e la sua lingua intorno al suo membro, si sentì pervadere da un tremore in tutto il corpo. Lei continuava quel rito pagano, era la sua sacerdotessa e lui il suo discepolo o, forse, la sua vittima sacrificale. Iniziò a reagire a quelle sollecitazioni e, quasi con timore reverenziale, insinuò le sue mani sotto la sua camicetta. Sentì i suoi seni, erano enormi e caldi. La spogliò e iniziò a baciarla. Dai seni le sue mani scesero sempre più in basso e, finalmente, arrivarono a toccare quel frutto proibito. Quel frutto che desiderava sempre e che spesso gli procurava dei sogni bagnati. Quante volte si era risvegliato con il pigiama intriso del suo stesso seme. Eccolo, ora era li, nella sua mano. Pian piano scese con il volto verso l’oggetto del suo desiderio. Adesso lo poteva vedere. Pensò: “E’ bellissimo”. Finalmente è mio, con sempre più cocente passione protese le labbra verso quel frutto. Già ne pregustava il sapore, ne sentiva l’odore. Era sempre più eccitato. Totalmente inebriato dal profumo di quel frutto proibito, dal peccato. Eccolo, adesso era lì a portata di lingua. Iniziò a leccarlo avidamente. Sembrava un bambino alle prese con il lecca lecca preferito. Poi, non riuscendo più a trattenersi, aprì le labbra e lo prese dentro la sua bocca. Quell’uccello maestoso in un corpo di donna lo eccitava e lo attraeva sempre di più. Si scambiarono effusioni ed attenzioni sempre più coinvolgenti. Persero la cognizione del tempo. Quando si fermarono erano esausti ma appagati. Sdraiati sul letto stettero immobili e in silenzio. Quello era un momento magico e da vivere comunque in solitudine. Ognuno con i propri pensieri. Certo, lui sapeva quali pensieri percorressero il cervello della sua compagnia del momento. “Anche oggi ci siamo guadagnati il pane. Lui è un vero porco, ma paga bene”. Pensava al suo segreto, era necessario che nessuno venisse a saperlo. Sarebbe stata la sua rovina. Ma forse anche la sua liberazione. Avrebbe potuto gridare al mondo la sua bissessualità, la forte attrazione che provava per i transessuali. Quel misto di uomo e di donna lo faceva impazzire. Sapeva, però, che ciò avrebbe creato troppe complicazioni. Si alzò e le chiese se desiderasse bere qualcosa. Le annuì e rimase distesa ad aspettare. Arrivato al mobile bar, prese la bottiglia di Martini e preparò due bicchieri. Da uno scomparto del mobile prese una bustina contenente una polvere grigiastra e la versò nel bicchiere destinato alla sua compagna. “Nessuno deve sapere. Sarà come le altre volte, il mare porterà lontano quel frutto, ormai gustato e privo di vita.” Tieni cara, il tuo Martini. Vuoi che ti riaccompagni o chiami un taxi? Riaccompagnarmi? Non temi che ci possano vedere? E’ vero, ma credo che non ci vedrà nessuno. “Tanto vedrebbero solo me! Tu sarai nel portabagagli,per il tuo ultimo viaggio.” Allora, mi gusto il martini e poi mi preparo. Sai che è stato bellissimo. Mi hai amato come una vera donna. Mi hai fatto sentire una vera donna. Potrei anche innamorarmi di uno come te. Non credo sia il caso. Brindo alla tua salute, tesoro. Mi gira la testa. Anzi, gira tutto intorno a me. Mi manca il respiro. Cosa mi hai fatto? Niente, ti sto dando la felicità eterna. Pensavi potessi lasciarti in vita. Sai ormai troppo. Ma cosa stai dicendo. Cosa so? Sai cosa mi piace, cosa mi fa davvero godere. Sai delle mie tendenze. Un uomo, sposato e padre per giunta, nella mia posizione non può permettersi errori. Scusami, sei stata stupenda ma non ti posso lasciare in vita. Tra poco sarà tutto finito. Dopo pochi minuti il veleno completò la sua opera. Tutto era compiuto. Non era stato difficile. Del resto, era un metodo ormai sperimentato il suo. Pochi grammi di disgorgante in polvere e tutto si risolveva in pochi istanti. Così al piacere del sesso seguiva il piacere di dare la morte. Il cadavere giaceva supino su letto, un’espressione di terrore e sgomento segnava quel viso così femminile. Se non fosse stato per quell’appendice sessuale sarebbe stata un bellissima donna. Vederla li, ormai priva di vita gli dava, al tempo stesso, tristezza e gioia. Tristezza per aver perso un compagno di giochi e gioia per aver salvato il suo segreto. Il suo segreto, la sua rispettabilità e la sua ipocrisia. Ormai era pratico, si era preparato tutto il necessario ed ora non gli restava che procedere. Stese a terra il sacco mortuario, lo aprì e si diresse verso il letto dove giaceva la sua amichetta. Si chinò verso di lei e la raccolse con un ultimo abbraccio. “Certo che era davvero bella”. La posò delicatamente nel sacco e, dopo averle dato un ultimo bacio, la sigillò in quel tetro giaciglio. Se la caricò sulle spalle e uscì dalla stanza dirigendosi verso la scalinata che, dalla casa, portava alla scogliera. Aveva fatto solo pochi passi quando un fascio di luce lo colpì sul viso. Sentì l’adrenalina scorrere dentro di se. Lo spavento lo fece caracollare e quasi rischiò di cadere. Il cono di luce si restringeva sempre di più. Una voce, da dietro la luce, gli procurò un sussulto. Quella voce gli era nota. Dove l’aveva già sentita? Non riusciva a ricordare. Chi sei? Cosa vuoi da me? Sai bene chi sono. E sai anche perché sono qui. Chi trasporti? Il tuo ultimo giocattolo? Sono affari miei. Vattene. Sai bene che non posso andarmene. Ho una missione da compiere. Ma cosa stai farneticando? Non sarai un Testimone di Geova? Vattene, ti ho detto. Lasciami in pace. Sapeva benissimo che non se ne sarebbe andato. La paura si era ormai impadronita di lui. Solo che non capiva il perché di quella paura. Era paura per essere stato scoperto o per cosa? Non sono un predicatore, sono qui per ucciderti. E sai anche perché. Non m’interessa quello che hai fatto a quel poveraccio chiuso nel sacco. So tutto, so della tua debolezza. Del resto hai sempre avuto tendenze particolari. Sapessi quante volte ti ho spiato e ho visto con chi t’intrattenevi. Altre volte ti ho visto dirigerti verso la scogliera con un sacco in spalla. Un sacco proprio identico a quello che porti adesso. Mi dispiace per quei poveracci. Sono morti senza un motivo sensato. Sono state le vittime della tua follia. Della tua ipocrisia. Diciamo che oggi saranno vendicati. Loro ti hanno dato piacere e tu li hai ripagati con la morte. Sei stato sempre un ingrato. Ma adesso pagherai. Cosa devo pagare? E’ un problema mio, tu non c’entri. Non c’entro? Tu dici? William ormai non ragionava, lasciò cadere il sacco e cercò di fuggire. Non vide il gradino davanti a se e cadde a terra. L’uomo fu su di lui in un secondo. Rivolse la luce verso di se e subito il suo viso uscì dalle tenebre. Sei tu. Cosa vuoi da me? Io non ti ho fatto niente. Perché mi vuoi uccidere? Devi pagare la tua codardia. Il tuo non fare è stato peggio che il fare. Potevi salvarmi e non lo hai fatto. Hai preferito nasconderti. Ecco perché devi morire. Poi, devi pagare anche il male che hai fatto alle tue vittime. Loro si che erano vittime innocenti. Non tu. La luce della pila illuminò, dapprima, lo sguardo terrorizzato di William e poi la lama che si levava al cielo. Quasi un antico rituale che si ripeteva solo per lui. Poi fu il buio. L’uomo si chinò sul sacco mortuario e lo aprì. Posò una mano sui cappelli del cadavere e gli chiese perdono. Quindi sollevò il corpo del poveretto e lo portò vicino a quello del suo assassino. Compì il suo rituale, si alzò e sparì nel buio della notte. La vendetta era compiuta, ed era stata più che una vendetta. Quella volta aveva fatto giustizia.