entronellantro

Nel segno del giallo"Il fumo uccide", Capitolo 8 e buon fine settimana


Tatti! Chiama Ambrosiani e venite entrambi nel mio ufficio. Ho un lavoro per Voi. Si Ispettore, arriviamo. Allora, voglio sapere tutto su Denti, vita e miracoli. Della morte so tutto! Da che periodo? Da sempre, dalla nascita alla morte. Quando dico tutto, intendo tutto. Forza, muovetevi. Vi do 24 ore. Il sogno a volte ci fa rivivere le esperienze più drammatiche della nostra esistenza. Quante volte aveva rivissuto la morte di Caterina, le lacrime, il dolore. Non era altro che una ferita perennemente aperta. Quel dolore aveva rischiato di ucciderlo. Molte volte l’aveva portato a invocare la morte. Caterina era stata la sua unica gioia. Ma adesso non c’era più. Adesso era solo, solo con il suo dolore. Solo con i ricordi di quel passato che lo inseguiva. Non riusciva a staccarsene. Si ripresentava puntuale ogni volta che sembrava averlo dimenticato. Gli ricordava le umiliazioni subite, le azioni insulse che gli avevano imposto. Ma adesso era lui che dettava le regole, era lui il burattinaio. Nessuno poteva più decidere per lui. Lui era il destino, era l’artefice della vita e della morte. Nessuno poteva opporsi al suo volere, si sentiva, era Dio. Davanti a lui tutti provavano terrore, capivano che era impossibile sopravvivergli. Questo era il fato, lui era la morte. Nessuno poteva più dirgli cosa doveva fare, come si doveva comportare. Niente più ordini, niente più obblighi. Finalmente era libero. Ora era lui che decideva per gli altri e questo lo rendeva fiero di se. Quell’ultima volta gli aveva dato maggiori soddisfazioni, aveva fatto giustizia. Un altro cimelio faceva mostra di se in quella teca. Quella lingua che tanto aveva detestato in passato, le urla, adesso non poteva più contribuire all’emissione di suoni. Un altro tassello del mosaico, del suo terribile mosaico, era stato riposto. Ora non restava che aspettare, aspettare la prossima vittima e poi un’altra ancora. IL clima al commissariato era sempre più nero, la tensione si poteva tagliare a fette. I telefoni non smettevano mai di suonare, a decine i mitomani chiamavano o si presentavano direttamente. Incolpandosi degli omicidi e adducendo motivazioni da ospedale psichiatrico. Non che la dinamica degli omicidi presupponesse qualcosa di diverso, ma sentire i discorsi di questi folli era una vera tortura. Un certo Giovanni Manca si era addossato la responsabilità di quei gesti dicendo di aver eseguito gli ordini di alieni che volevano dei souvenir del pianeta. Veramente uno strano concetto di souvenir. Diceva che lo facevano per conservare intatto il dna dei terrestri in quanto di li a poco un grosso meteorite avrebbe colpito la terra spingendola a perdersi nel buio profondo dello spazio. La gran parte delle motivazioni addotte dai mitomani erano sulla falsariga di quella. Si parlava di alieni, di spiriti guida, di odino e delle Walkirie. Arzedi aveva un diavolo per cappello, passava le notti a pensare e dedicava poche ore al sonno. Questo lo rendeva intrattabile. Nel suo ufficio i due malcapitati, Tatti e Ambrosiani, aspettavano con trepidante attesa che gli rivolgesse la parola. Poi, la pioggia sui vetri, il cielo nero sopra la città rendevano quei momenti ancora più tragici. All’improvviso Arzedi iniziò a parlare e, per un attimo, la tensione si allentò. Allora? Come sono andate le Vostre ricerche? Dunque, L’Ingegner Denti ha, apparentemente, sempre avuto una condotta di vita esemplare. Si è laureato a ventitre anni in Ingegneria a Cagliari. Con il massimo dei voti. Non è riuscito a scamparsi il servizio militare e quindi ha prestato servizio come sottotenente di complemento alla Bechi Luserna di Macomer. Una volta congedato ha fatto ritorno a Cagliari dove ha iniziato a collaborare, come ricercatore, con l’Università. A ventisette anni si è sposato e contestualmente ha iniziato ad avere i primi successi come progettista. Pensiamo che quest’accelerazione improvvisa alla sua carriera sia da imputare proprio al matrimonio. La moglie è infatti figlia del professor D’addio. Si, proprio l’onorevole. L’uomo forte della vecchia DC, il referente unico per la Sardegna. E questo spiegherebbe il notevole numero di incarichi pubblici affidati al caro defunto. L’unica distrazione che, ufficialmente, si concedeva era la partita a poker del giovedì. Infatti, come ha detto la moglie, il caro Ingegnere dedicava il giovedì agli amici per una sana partita a poker. La signora ci ha dato anche i nomi di alcuni degli amici, quelli che lei conosceva, e abbiamo provveduto a scambiare quattro chiacchiere anche con loro. La cosa strana che abbiamo saputo è che in realtà si vedevano, per il poker, solo il primo e il terzo giovedì del mese. E, adesso sappiamo come il caro ingegnere trascorresse gli altri giovedì. Che ne pensate? E’ possibile che ad ucciderlo sia stato qualcuno a cui ha fatto le scarpe? Non credo Ispettore. Infatti, se così fosse non capirei che nesso ci possa essere con gli altri omicidi? A proposito, che cosa sappiamo delle altre vittime? Il Dottor Ferri era un uomo sfortunato, uno che per amore del gioco ha perso famiglia e credibilità. Da quattro anni a questa parte campava con i soldi che gli passava la mutua per quei pochi pazienti che gli erano rimasti fedeli. Gran parte del suo stipendio lo lasciava sui tavoli da gioco. Trascorreva tutte le notti al Bar di via Abruzzi. Giocava sempre con gli stessi e, … Accidenti sono proprio un coglione. Ha giocato anche con l’Ingegnere. Cazzo, sei proprio un coglione Ambrosiani. Questo è il primo legame che troviamo tra due delle vittime. Potrebbe essere una pista da seguire e, se siamo fortunati, potrebbe essere quella giusta. Da chi hai avuto questa dritta? Da uno dei compagni abituali dell’Ingegnere. Un certo Eugenio Tocco. Un commercialista più dedito al gioco che alla professione. Uno con il portafoglio sempre bello pieno. Ho già provveduto a convocarlo ma non potrà essere qui prima di dopodomani. E’ fuori, a detta della moglie, per un congresso. Secondo me è da qualche parte con l’amante. Starà rombando come un riccio. E questo tu pensiero così profondo che fondamento ha? Me l’ha detto il barista. Mi ha detto che spesso e volentieri l’ha visto con una tipa alquanto appariscente. Una volta gliela ha anche presentata. Diceva che era una cugina di passaggio in città. Ho capito, la cugina di fava. Cerca di scoprire qualcosa di più su questa cugina e sul Dottor Tocco. Tu Tatti, che mi dici. Hai saputo qualcosa di più su Defenu? Aspetti, Ispettore c’è dell’altro. Cosa? Il Dottor Ferri ha prestato servizio militare come tenente medico. E sa dove? Anche lui alla Bechi Lucerna. E nello stesso periodo di Denti. O meglio, lui si è congedato tre mesi prima dell’Ingegnere. Cazzo, un altro possibile legame. Oggi sembra una giornata proficua, finalmente un po’ di sole. Allora Tatti, cosa sappiamo di Defenu?