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La storia insegna. Augusto.


Le leggi per la tutela dei costumi Augusto vedeva un grosso pericolo, per la preservazione della romanità, nella diminuzione del numero dei cittadini romani dovuta alla scarsa natalità. I romani avevano abbandonato l'antica severità dei costumi dandosi, frequentemente, ad una vita di sregolatezze. Specie nelle classi abbienti, si preferiva un celibato godereccio alle preoccupazioni ed alla responsabilità di una famiglia. Si riducevano, quindi, i matrimoni ed il numero dei figli. Contro questo dilagante fenomeno antisociale ed antidemografico, Augusto fece approvare due specifiche leggi ("de adulteris et de pudicitia" e "de maritandis ordinibus"). Con la prima, l'adulterio, da problema privato, diventava reato pubblico. La seconda legge era ancora più restrittiva della libertà del cittadino romano. Sostanzialmente, i cittadini delle classi abbienti furono obbligati a contrarre matrimonio con persone “convenienti” per età e grado sociale. Inoltre, le famiglie furono incoraggiate ad avere una prole numerosa. Il celibe, infatti, non poteva ereditare o ricevere legati, era escluso dagli spettacoli pubblici ed era penalizzato nell'assegnazione d’incarichi pubblici. Benefici di carriera erano concessi agli sposati ed erano commisurati al numero dei figli. Questi provvedimenti contribuirono a rallentare quel processo disgregatore dei costumi cui si stava avviando una società romana giunta ormai a contatto con il lusso e con i piaceri sfrenati, caratteristici delle società orientali. Tratto dal sito www.accademia19.it/Storia%20e%20poesia/Augusto.htm