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Riforma elettorale: finirà a tarallucci e vino?


Giuliano Amato, ministro dell'Interno, boccia la proposta di riforma elettorale messa a punto dalla maggioranza e ipotizza un’altra soluzione. "Dobbiamo far dimenticare ai cittadini- elettori la mostruosità dei 'listoni' delle ultime elezioni ma l'accordo raggiunto nell'Unione non mi pare la soluzione definitiva del problema". "La ferita dei 'listoni' - sottolinea - non si cura con il ritorno delle preferenze che restano un rimedio peggiore del male. La vera soluzione è il ritorno al collegio uninominale e con tanto di primarie di collegio, sul modello della civile Toscana. Oppure, in alternativa, l'introduzione di circoscrizioni più piccole, con un numero di candidati non superiore a 5 come avviene in Spagna, e anche qui con tanto di primarie di circoscrizione". Amato boccia anche il premio di maggioranza perché dice che "siamo l'unico paese europeo che vi ricorre" "Mi preoccupa - aggiunge - la strutturale propensione verso un sistema elettorale simile a quello delle regionali che può portarci a riplasmare addirittura la forma di governo. Il modello regionale è un modello presidenziale forte" che prevede una elezione diretta del premier e "sconnette totalmente il capo del governo dal Parlamento e questo per me è inaccettabile". Inoltre, continua Amato "non è detto che si arrivi alle stesse rigidità sul premio di maggioranza e quindi al bipolarsimo coatto ed è possibile che si contrasti più efficacemente la frammentazione con clausole di sbarramento. Certo non è il sistema che preferisco". Queste dichiarazioni di Amato hanno fatto sobbalzare alcuni suoi colleghi di Governo e di coalizione tanto che Mastella boccia la proposta di Amato con un netto "Siamo contrari". Insomma la pentola della legge elettorale bolle e ribolle, il Referendum incombe e fa paura a molti. Il perché non è chiaro e in fondo non si capisce il motivo di tanta avversione verso questo strumento democratico. Amato, non per niente chiamato il “dottor Sottile” dice e non dice. La bozza Chiti non va bene, e definisce il ritorno alla preferenza un rimedio peggiore del male. Perché? Forse perché ridarebbe una parvenza di serietà ad un Paese in cui, ormai, si è toccato il fondo. Un Paese in cui la politica non riesce ad esprimere niente di positivo e che riesce a rovinare qualsiasi cosa tocchi. Amato sembrerebbe propendere per il ritorno al recente passato, il ritorno ai collegi uninominali come, a suo dire, “nella civile Toscana” o in alternativa sarebbe disposto a scopiazzare il sistema vigente in Spagna. Non gli sta bene neanche il premio di maggioranza e lo preoccupa il sistema elettorale regionale. Insomma Amato non vuole un sistema presidenziale forte con l’elezione diretta del Premier, non vuole un sistema in cui, finalmente, gli eletti abbiano più responsabilità e non possano sfuggire, con la banale scusa del “volevo ma non l’ho potuto fare per causa d’altri”, a queste responsabilità. Sinceramente è difficile capire la posizione del Ministro ma è, certamente, più facile capire che la politici e i politici non amano le responsabilità. La responsabilità vuol dire rispondere del proprio operato e delle scelte effettuate, vuole dire rischiare di perdere consensi ma, senza dubbio, è ciò che vogliono i cittadini. Le alchimie dei politici hanno come obiettivo primario l’autoconservazione e la sopravvivenza. Diciamocela tutta, rischiamo che la montagna partorisca un topolino. In linea teorica, trovare la soluzione non sarebbe difficile ma purtroppo gli interessi particolari vanno a minare quello che dovrebbe essere l’obiettivo che una buona legge elettorale deve raggiungere: la giusta rappresentatività e la governabilità. Tornare all’uninominale sarebbe uno smacco per le segreterie dei partiti che, grazie alla legge elettorale “porcata”, hanno ripreso le redini del gioco e sarà difficile riuscire a togliergli il giocattolo dalle mani. Un’equa soglia di sbarramento ce la dobbiamo dimenticare perché, e si è visto già dalla soluzione prospettata dalla Cdl, nessuno è disposto a scegliere soglie di sbarramento superiori al 3 o 4%. L’esatto contrario di quello che servirebbe al Paese. Questo perché si parte dal presupposto che la politica si debba necessariamente fare nelle sedi istituzionali e si debba concedere il diritto di tribuna a tutti. Qui sta l’errore, in un Paese normale le forze politiche si devono proporre ai cittadini, stare tra i cittadini e, se le idee troveranno gradimento, arrivare a rappresentarli. Quindi, perché non optare per il proporzionale con la soglia di sbarramento alta (5, 8%) e perseguire la governabilità e la stabilità? Certo lo sappiamo, le forze politiche minori di entrambi gli schieramenti non sarebbero felici di una soluzione simile. Come potrebbero, con il loro 1 o 2%, ricattare il resto della coalizione e quindi l’eventuale governo? Questo è il primo nodo da sciogliere ma sappiamo bene che non avrete mai il coraggio di farlo. Sappiate però che il Paese ha bisogno di certezze e di governabilità e governi forti, non di soluzioni all’italiana o alla “volemose bene”. Altrimenti finirà, come sempre, a tarallucci e vino. Mala tempora…