disagio scolastico

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Il disagio scolasticoScrive Freud nel 1909: "La scuola non deve mai dimenticare di avere a che fare con individui ancora immaturi, ai quali non è lecito negare il diritto di indugiare in determinate fasi, seppur sgradevoli, dello sviluppo. Essa non deve assumere la prerogativa di inesorabilità propria della vita, non deve voler essere più che un gioco di vita" Risponde Umberto Galimberti Come può un insegnante influenzare in modo positivo gli alunni? Ed ecco che in risposta a questa domanda, propone lo psicologo come risolutore di ogni guaio. Peccato che è da più di 10 anni che lo psicologo "aiuta" la scuola, ma non si riescono ancora a vedere cambiamenti positivi. Gli interventi degli "esperti" nella scuola, nonostante i pessimi e nulli risultati, stanno diventando istituzionali pur essendosi presentati all'origine come "facoltativi". Attraverso test somministrati ai ragazzi (anche all'insaputa dei genitori e con il benestare di alcuni insegnanti) sono state create statistiche, disturbi e malattie inesistenti che etichettano i nostri ragazzi e li rendono loro potenziali clienti. Gli "esperti" ormai sono approdati in ogni tipo di scuola, dalla materna alle scuole medie superiori. I nostri figli vengono "testati" in nome dell'aiuto e in parte consigliati di andare a colloquio con lo psicologo, a volte anche con i loro genitori. Quanti clienti potenziali si procacciano questi "esperti"? Quale aiuto reale ed efficace è stato dato fino a oggi? Nella scuola media superiore nella quale io insegno, di ragazzi con reali problemi ce ne sono pochissimi (se mai ce ne sono!). Grazie a un progetto già inserito nel P.O.F. e approvato dal collegio docenti, nelle classi di prima liceo con consiglio di classe accondiscendente, lo psicologo affiancherà l'insegnante durante i primi 15 giorni di scuola per individuare la figura leader della classe attraverso test e osservazione diretta; quindi, in base al giudizio dello psicologo, l'insegnante agirà. Inizialmente gli psicologi si sono inseriti nella scuola per aiutare e limitare la "dispersione scolastica". Visto il fallimento della loro iniziativa si ripropongono in "accoglienza" per la formazione classi e individuazione leader del gruppo. Io non ci sto! La figura dell'insegnante, grazie a questi tipi di interventi, sta decadendo; la nostra responsabilità di bravi insegnanti viene delegata al giudizio di questi personaggi. Noi insegnanti possiamo aiutare i nostri ragazzi utilizzando una buona comunicazione e fornendo gli strumenti per riuscire a studiare con successo, utilizzando una corretta ed efficace metodologia. Marilena Zuccheri Sono d'accordo con lei che a scuola basterebbero gli insegnanti. Ma sarebbe necessario che questi insegnanti, prima di essere assunti nella scuola, fossero sottoposti a un test di personalità per verificare innanzitutto che non abbiano gravi patologie e poi, in assenza di queste, che non abbiano rigidità caratteriali, sfondi marcatamente depressivi (dico questo perché da un'inchiesta condotta qualche anno fa da L'espresso risulta che la categoria degli insegnanti è quella che fa maggior uso di psicofarmaci), che, oltre a conoscere la materia, abbiano buona capacità comunicative ed empatiche, perché tutti sappiamo che chiunque, e in modo particolare lo studente, non impegna la volontà all'infuori dell'interesse, che l'interesse non esiste al di fuori del legame emotivo, che il legame emotivo non si costituisce quando il rapporto tra insegnante e studente è un rapporto di reciproca diffidenza, quando non di assoluta incomprensione. Non ho mai capito perché se uno è alto un metro e cinquanta non può fare il corazziere, mentre un laureato senza alcuna delle qualità sopra elencate, e magari senza alcuna inclinazione all'educazione degli adolescenti, possa fare l'insegnante. Ma così è. E allora, per risolvere il problema della demotivazione degli studenti, che ogni giorno vanno in classe come si può andare a messa quando non si crede in Dio, si è pensato di introdurre nelle scuole gli psicologi che, concordo con lei, sono di scarsa utilità, perché le loro parole, per sagge e confortanti che possano essere, non hanno mai il valore di una parola d'aiuto e di sostegno che provenga da chi ha il potere di promuovere o bocciare, ossia di riconoscere o misconoscere la personalità dello studente che, a partire del voto o dal giudizio, costruisce l'autostima o la disistima di sé. A riprova di tutto ciò prendiamo il caso di quei ragazzi che a scuola, in presenza dell'insegnante, hanno preso a calci un loro compagno down. Come ha reagito il corpo insegnante riunito in consiglio di classe? Con una punizione definita "esemplare", che è stata poi quella di sospendere i ragazzi per l'intero anno scolastico, privandoli della possibilità di essere rieducati dopo un evidente fallimento educativo, dal momento che gli insegnanti che si sono succeduti in quella classe non si sono neppure accorti che quei ragazzi non disponevano neppure dei fondamentali della convivenza umana. Se la scuola si limita (quando ci riesce) a "istruire" e si esonera dall'"educare", perché sono gli insegnanti stessi a dire che non sono chiamati a fare gli psicologi, ma è già tanto quello che fanno per 1500 euro al mese, allora ben vengano gli psicologi e ancor meglio i consulenti filosofici (più aperti degli psicologi), non per accaparrarsi futuri clienti, ma per soccorrere il disagio giovanile, che non è causato dalla scuola, ma a cui la scuola fa davvero ben poco per porre rimedio.