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IL DUCE È...
Il Duce è quel mirabile architetto
che fu pur muratore e manovale
e costruì su l’armonia sociale
la Casa ove ciascun trova il suo tetto.
Egli è pur l’ortopedico perfetto,
il calzolaio senza alcun rivale
che raddrizzò l’italico stivale
togliendogli con garbo ogni difetto.
Maestro e servitor delta Nazione
egli il medico è pur pieno d’amore
che tanti ricondusse alla ragione,
E l’agile nocchier che non si spezza
né flette, ed è l’accorto agricoltore
che seminò per t’itala grandezza.
 
 

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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 19 Novembre 2007 da EAGLE3584

5 dicembre 1746: la rivoluzione di Portoria
La rivoluzione genovese scoppiata in Portoria fa parte degli avvenimenti della guerra per la successione austriaca. Morto Carlo VI nel 1740, sua figlia Maria Teresa dava per certa la sua successione ritenendo che la «legge salica», la quale vietava alle donne la successione al trono d'Austria, fosse stata abolita dal padre. Di diverso avviso erano Prussia, Francia e Spagna che la ritenevano ancora vigente: infatti venne eletto imperatore il duca di Baviera che prese il nome di Carlo VII. Genova cercò di restare fuori dalla contesa.

Ma il suo tentativo fallì per l'antica rivalità con i Savoia; questi ultimi, in compenso degli aiuti che avrebbero prestato all'Austria, ebbero da Maria Teresa la promessa della cessione di diverse terre tracui il marchesato di Finale acquistato dai Genovesi da Carlo VI per una rilevante somma. «Una sottigliezza formale è che Genova entra in guerra contro il Piemonte, non contro l'Austria...» scrive Teofilo Ossian De Negri. Ai Genovesi non rimase che allearsi con gli spagnoli e i francesi, attirandosi le ire degli austriaci. E mentre all'inizio della guerra pareva che le sorti fossero propizie agli alleati genovesi, più tardi la situazione si invertì e Genova rimase da sola alle prese contro il nemico. Gli Austriaci sotto il comando del generale Brown superata la Bocchetta scesero a Campomorone e il 4 settembre 1746 entrarono in San Pier d'Arena. Il giorno 6 settembre i Genovesi dovettero accettare le gravosissime condizioni imposte dal generale austriaco Botta Adorno.

Una volta padroni gli austriaci chiesero con prepotenza grandi quantità di denaro e armi che la Repubblica possedeva per la sua difesa. Era il 5 dicembre 1746 sul tramontare quando un drappello di soldati austriaci trascinava per la via di Portoria il mortaio «Santa Caterina» prelevato alla Cava dalle alture di Carignano. Ad un certo punto la strada sprofondò sotto il peso del mortaio. I soldati chiesero in malo modo un aiuto alla gente del posto e quando un caporale alzò il bastone contro un uomo per farsi ubbidire, finalmente il popolo perdette la pazienza. E quando, gridando «Che l'inse?» (ovvero "che la incominci?" o forse "che la rompo?"), un ragazzo, il Balilla, lanciò il primo sasso, una pioggia di altri sassi venne scagliata sugli invasori austro piemontesi che furono costretti ad abbandonare il mortaio e a darsi alla fuga. Una lapide ricorda l'avvenimento: si può scorgerla all'angolo di via XX Settembre e via 5 Dicembre, strada di Portoria che è stata denominata proprio con la data dell'inizio della rivoluzione contro l'oppressore austro piemontese.

Balilla
Traendo liberamente da Vito Vitale (Breviario della Storia di Genova, Genova, 1955), ricordiamo che un punto molto controverso è l'identità personale dell'ardito monello che generosamente diede il segnale dell'insurrezione. Poiché nessuna narrazione storica e poetica contemporanea e nessun documento dà il nome del fanciullo di Portoria (anzi per lo più ne è taciuto anche il gesto) si è arrivati a sostenere che si tratti di pura leggenda. Ma la sua esistenza non può essere messa in dubbio: un dispaccio del veneziano Cavalli al suo governo in data 23 gennaio 1747 (quindi a poco più di un mese dall'avvenimento) parla di un manifesto del «nuovo governo» contenente la frase: «la prima mano onde il grande incendio si accese, fu quella di un picciol ragazzo, quel dié di piglio ad un sasso e lanciollo contro un ufficiale tedesco». Un ragazzo dunque che, non potendolo individuare, chiameremo col nome eternato da Goffredo Mameli: Giovanni Battista Perasso. Bisogna infatti ammettere che l'identificazione personale di Balilla in Giambattista Perasso, nato nel 1729 nella parrocchia di Pratolongo di Montoggio, è apparsa a un secolo di distanza, nel 1845. A lui si è contrapposto, nel 1865, un altro Giambattista Perasso nato nel 1735 nella parrocchia di Santo Stefano, in Portoria. La Società Ligure di Storia Patria, invitata dal Municipio e dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1927 a riferire sulla vessata questione ha risposto che, allo stato attuale delle conoscenze e della documentazione, non è possibile identificare con sicurezza il «ragazzo delle sassate». Diciamo quindi col Donaver che il monumento di Portoria anziché un eroe rappresenta «l'ardire generoso d'un popolo che, giunto al colmo dell'oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà».

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