Il mezzo e il fineE'un viaggio cominciato molti anni fa e sempre in corso... per ciò che è stato, per ciò che rappresenta. |
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Un uomo e una donna s'incontrano per caso, lungo un marciapiede grigio d'una grande città. Gli occhi s'incontrano, si seguono, azzurri di lei, scuri di lui; incanto d'un lampo, lo sguardo li tiene, l'uno e l'altra e la strada.
Un muro di rosso mattone sbiadito, una via e alberi e case in bianco e nero, mondo come di foto. Scatta la mente una serie di pose, dipinge a tratti la strada e resta sugli occhi di lei, sullo sguardo di lui. Le labbra, lo sguardo, le ciglia, le labbra ancora, uno sguardo fugace al corpo, poi di nuovo il volto e gli occhi, quegli occhi di mare e di pietra, di terra, non si perdono, non si staccano un attimo; poi s'incrociano, si sorpassano, l'occhio si tende in un angolo, cerca ancora la vista dell'una e dell'altro.
Varcano appena il confine, ruotano appena la testa l'uno verso l'altra, sempre allontanandosi, cercandosi.
Un destino li ha presi, posati sul mondo l'uno dell'altra, sono stati l'uno dell'altra, anche se solo un momento, l'uno gli occhi dell'altra, lui grigi-celesti spazi d'avorio, lei brulla terra fertile, d'antica memoria. Nessuna forza li costringe ad andare, forse solo un vago timore, o il sentore d'un breve ritardo nel lungo tempo della vita...
Un passo ancora e tornano, un uomo, una donna, nel mondo grigio d'una grande città.
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