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Ambiente:spunti di riflessione


Diritto dell’ambiente e diritto all’ambiente: spunti di riflessionedi Maria Herta PalombaSia nel nostro ordinamento, sia in quelli della stragrande maggioranza dei paesi industrializzati, sono ormai presenti norme (nazionali, comunitarie, internazionali) che disciplinano la materia ambientale tanto che ormai si può parlare di un diritto dell’ambiente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (III sezione penale n. 16575 del 02.05.2007) concernente una fattispecie di illecito ambientale ha confermato, nella peculiare materia, il principio di tutela delle cosiddette perdite provvisorie, principio secondo il quale danno ambientale risarcibile è anche il danno derivante medio tempore dalla mancata disponibilità di una risorsa ambientale intatta. La risarcibilità delle perdite temporanee, afferma la Suprema Corte, è giustificata dal fatto che qualsiasi intervento di ripristino ambientale, per quanto tempestivo, non può mai eliminare quello speciale profilo dì danno conseguente alla perdita di fruibilità della risorsa naturale compromessa dalla condotta illecita, danno che si verifica nel momento in cui tale condotta viene tenuta e che perdura per tutto il tempo necessario a ricostituire lo status quo.Un ruolo determinante ha avuto certamente l’art. 18 della L. 349/86 (peraltro abrogato dal D.Lgs. 152/2006) che ha introdotto nel nostro ordinamento in maniera espressa la fattispecie dell’illecito civile ambientale, estendendo la tutela del bene ambiente, e riconoscendone la piena rilevanza giuridica, oltre i confini dell’illecito penale ed amministrativo, sino alla responsabilità civile statuendo che “qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o provvedimenti adottati in base alla legge, che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato”. Successivamente l’ambiente viene definito come insieme che, pur comprendendo vari beni appartenenti a soggetti pubblici o privati, si distingue ontologicamente da essi e si identifica in una realtà immateriale espressiva di un autonomo valore collettivo che costituisce, come tale specifico oggetto di tutela da parte dell’ordinamento (Cass. civ. 09.4.1992 n. 4362) . Per la valutazione del danno ambientale non può farsi ricorso ai parametri utilizzati per i beni patrimoniali in senso stretto ma deve tenersi conto della natura di bene immateriale dell’ambiente nonché della particolare rilevanza del valore d’uso della collettività che usufruisce e gode di tale bene (Cass. pen. 16575/2007). In effetti la nozione giuridica di ambiente che si rinviene nel nostro ordinamento è quella di un bene unitario e al tempo stesso sintetico di tre valori fondamentali o fattori costitutivi rappresentati dalle coppie estetico/culturale, igienico/sanitaria ed ecologico/abitativa. Ed in tale prospettiva il danno ambientale presenta una triplice dimensione: personale (quale lesione del diritto fondamentale dell’ambiente di ogni uomo); sociale (quale lesione del diritto fondamentale dell’ambiente nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità umana art. 2 Cost.) pubblica (quale lesione del diritto-dovere pubblico delle istituzioni centrali e periferiche con specifiche competenze ambientali). In questo contesto persone, gruppi, associazioni ed enti territoriali non fanno valere un generico interesse diffuso ma dei diritti ed agiscono in forza di una autonoma legittimazione : il danno all’ambiente costituisce “vulnus” al diritto che ciascun individuo vanta, sia uti singulus sia collettivamente, al corretto ed armonico sviluppo della propria personalità in ambiente salubre.Una nuova definizione di danno ambientale è stata da ultimo fornita dall’art. 300 del D.Lgs. n. 152/2006 (che ha abrogato e sostituito la L. 349/86) a norma del quale “ è danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima”.In effetti anche la nuova normativa non modifica lo schema della tutela percorribile nell’ipotesi di illecito ambientale: quando il nocumento è arrecato all’ambiente nel suo complesso come valore di risorsa naturale nelle sue componenti fisico-chimiche-biologiche mediante loro alterazione, deterioramento, distruzione in tutto o in parte, sussiste l’obbligo di risarcimento nei confronti dello Stato; quando il nocumento ambientale incide su posizioni soggettive individuali, in via esclusiva o sovrapponendosi a quelle collettive, i pregiudizi che ne derivano ai privati potranno essere risarciti secondo le regole generali dell’illecito aquiliano. Pregiudizi che, peraltro, oltre che di natura biologica o patrimoniale possono anche riguardare la qualità della vita. Si è infatti osservato che dal danno ambientale possono scaturire una serie di danni – conseguenza, che pur non essendo patrimoniali o rientranti nel danno biologico in senso tecnico inteso, sono comunque giuridicamente rilevanti e risarcibili in quanto tali ovvero in quanto si riflettono sull’esistenza dei singoli e sulle loro abitudini quotidiane (Malagnino, 2002, 1289). Orbene, laddove il danno ambientale arreca nocumento al singolo soggetto privato il ricorso agli ordinari rimedi aquiliani, anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali di cui alle citate sentenze, consentirà di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti in conseguenza della lesione del diritto soggettivo assoluto ed inviolabile, ad un ambiente salubre e ad un paesaggio tale da creare benessere fisico e psichico quale bene collettivo e individuale in cui ciascuno sviluppa, esprime e realizza la propria personalità.Agosto 2007