trooooppo sognatore

I piloti, l' Alitalia e quegli strani conti


mentre stanno partendo le lettere di licenziamento, ho trovato un articolo di piero ostellino, coraggioso giornalista dell'innocuo corriere della sera, che espone con numeri ciò che dico da sempre: il problema dell'alitalia non è il costo del lavoro... e non è licenziando i lavoratori che si risolvono i problemi, anzi.....riporto l'articolo che vi prego di leggere:Il dubbioI piloti, l' Alitalia e quegli strani contiGuardando i bilanci, troppe cose non si spiegano e sono sospetteNel fondo di martedì scorso (Aerei, Danton e Robespierre), avevo accusato gli «irriducibili» dell' Alitalia - che hanno proclamato lo sciopero - di «cieco rivendicazionismo minoritario». Anche se resto della stessa opinione, mi pare utile riferire i dati - elaborati da quelli dell' Annuario dell' Associazione delle aviolinee europee - che mi ha fatto avere un comandante della nostra compagnia. Nel 2006, Alitalia ha avuto a libro paga 62 persone per ogni aereo, contro 159 di Iberia, 808 della British, 659 di Air France-Klm, 542 di Lufthansa. Ogni dipendente di Alitalia ha prodotto, nel 2006, 413.300 euro, contro 210.000 dei dipendenti Lufthansa, 188.900 di Air France-Klm. Anche per il trasporto merci i dati comparativi collocano la nostra compagnia al primo posto in Europa per produttività del personale. Dall' analisi dei «Ricavi del traffico» e delle spese, l' Alitalia, per ogni 100 euro incassati, ne spende 15,6 per il personale e 94,2 per tutto il resto, con un passivo di 9,9 euro; Air France-Klm, sempre su 100 euro incassati, ne spende 31,5 per il personale e 65,6 per tutto il resto, con un utile di 2,8 euro. Per carburante, catering, tasse di sorvolo e stazionamento, manutenzione, alberghi, consulenze, pubblicità, eccetera, l' Alitalia spende mediamente il 25 per cento più delle altre compagnie, mentre per il personale la metà o poco meno. Questo 25 per cento di spese in più, rapportato ai ricavi (dati 2006), equivale a 1 miliardo e 100 milioni di euro. Senza queste spese in più, l' Alitalia potrebbe avere un attivo di 500 milioni di euro. Poiché, nell' ultimo piano industriale è stata individuata una perdita di circa 150-200 milioni di euro per i voli per Malpensa - che portano i passeggeri dalle altre città italiane a quelli internazionali o intercontinentali - ne restano ancora circa 900. Dove vanno a finire? Di qui, altre domande: come è possibile che nessuno si sia accorto di questa sproporzione dei costi? Perché nessun amministratore delegato si è dato da fare per ridurli? Come mai, invece, si vendono i gioielli di famiglia e si tagliano le linee? Perché in Alitalia non è mai venuta la Finanza a controllare i conti, e neppure la magistratura si è interessata di un' azienda che, dopo aver speso miliardi di euro dei contribuenti, è andata in bancarotta? Tolti i costi «diretti» - per far volare gli aerei - che dovrebbero essere gli stessi, o addirittura inferiori a quelli delle altre aviolinee, resta il mistero di quelli «indiretti». Ad esempio, perché l' Alitalia - con un coefficiente dell' 80 per cento di riempimento - ha pensato di cancellare le tratte Milano-Delhi e Milano-Shanghai, mentre l' Iberia, con un coefficiente di 63,5, ci guadagna? Se si riducono le linee, calano spese dirette e ricavi, mentre quelle indirette restano le stesse. Spalmate su un numero inferiore di linee, renderebbero passive anche quelle attive, aprendo la strada a ulteriori cancellazioni. Ho il sospetto che il «caso Alitalia» sia una delle più colossali porcate prodotte nel dopo-guerra dall' intreccio fra politica e affari. C' è qualcuno che mi vuole smentire? postellino@corriere.it * * * Il dubbio di Piero OstellinoOstellino PieroPagina 42(15 novembre 2008) - Corriere della Sera