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Post n°102 pubblicato il 27 Novembre 2009 da milvio10
" Ehi, ma tu sai a cosa serve un trust?". Ebbene in questi nostri confusi anni cibernetici, fatti di contatti a distanza, di chat, di post e quali altri diavolerie, una storia può nascere così, da un piccolo trust. Forse sarebbe stato più strano e improbabile che potesse incominciare da serie disquisizioni sul senso della vita o sul pessimismo leopardiano, nelle sue varie e catastrofiche forme. Quella sera, di un marzo ancora freddino, annoiato dai soliti libri, mi ero deciso al grande salto. Entrare nel fantasmagorico mondo, che adesso chiamano social network, che io chiamavo di incontri a sorpresa. Da un capo all'altro di due tastiere, chissà dove, chissà perchè. Bighellonando stavo cercando disperatamente di creare un mio piccolo profilo in uno di questo luoghi. Metti gli interessi, racconta qualche furberia su le tue aspirazioni, metti le foto, con morigeratezza e oculatezza però, se posso consigliare. Insomma mi stavo inoltrando, quando ho incontrato quel “trust”. Noi neofiti siamo come pesci all’amo: subito cliccato, come si dice in gergo, un euro ed ecco la stelletta sul profilo. Una magia quindi. Che soddisfazione! fino a quella voce dall’etere che mi chiedeva “E perché hai speso un euro per una stella?”. Domanda pertinente, razionalmente pertinente. Avrei potuto rispondere allora “Un stella come te vale molto più della spesa”, ma io non sono molto perspicace e mi sembrava proprio una risposta degna della più trita letteratura sui frequentatori di chat. Così molto più modestamente chiesi a quella apparizione improvvisa nel mio pc “ Mi puoi spiegare un po’ come funziona qui?”. Nel contempo, lo ammetto, correndo a vedere il profilo dell’apparizione. Ah però! Due occhi verdi inquisitori, neri capelli come la notte, un aspetto un po’ canzonatorio e un po’ sensuale. “ Calma, calma, Sergio” mi dissi. “Ricorda i precetti delle chat: nulla è come appare”. Mi scopro spesso a parlare con l’altro me, fa parte delle mie contraddizioni. Quella sera ci scambiammo qualche informazione, oddio non tante. Un incontro casuale forse non ripetibile, ma che ebbe la magia di colpire la mia fantasia. Il giorno dopo, una mattina come tante. Doccia, taglio della barba. Una giornata grigia malgrado la primavera incombente. Il sole faceva fatica a rompere il fronte lattiginoso dell’inverno che non voleva cedere le armi. La brina illuminava il cortile nella luce ancora titubante. Mi scoprii a pensare, così senza una ragione, alle poche parole scambiate con una sconosciuta in una chat, già la parola mi inquietava. I pensieri portano a strade non percorse. Ogni sacrosanta mattina ingurgito le notizie dei quotidiani locali. Fa parte del mio lavoro. “ Donna viene uccisa, legata al suo letto”. Nono mi sarei soffermato molto sulla notizia, io mi occupo di politica e di amministrazione, se non avessi letto nel sommario “ Dopo avere avuto rapporti costanti in chat con il suo assassino”. “Mannaggia” pensai “ forse ieri sera quella strana apparizione avrà pensato di me come un depravato e magari pericoloso criminale”. “ E’ necessario che chiarisca con lei o lui che non sono un depravato in cerca di vittime attraverso internet” mi dissi con decisione. Ma il fatto proposto dal giornale incentivava la mia curiosità, già endemicamente sviluppata di suo. Eh si, perché io mi occupo di comunicazione. Ma anche sono appassionato di noir, di romanzi cioè che parlano di strani , ma delicati, se è possibile, omicidi, di analisi delle persone colpite dal raptus assassino. Quando dico questo solitamente tutti annuiscono, ma la domanda spontanea è “Ti occupi di cosa?”. I primi tempi da vero difensore della professionalità mi irritavo e spiegavo. Ora dico “ Sciocchezze, che mi permettono di rubare uno stipendio senza lavorare”. Tra un comunicato e l’altro della giornata, tra incontri che mi vedevano attento osservatore con l’espressione, ma lontano mille chilometri con la mente, contavo le ore, i minuti, i secondi che mi avrebbero permesso di chiarire con la suadente voce la mia posizione. Oddio come potevo dire suadente e addirittura voce? Certo è che quel giorno di marzo tutti giravano al largo da me. “Intrattabile” era il commento più benevolo che orecchiavo nei corridoi. Certo già la mia fama di burbero, poco incline al riso, non aiutava. Oramai sto raggiungendo la cinquantina a piè veloce, ma pare che inspiegabilmente riesca ad avere più fascino oggi che vent’anni fa. Della serie perle ai porci. Al fascino sembra sia collegata però una austerità che io non riconosco in me, mentre altri ne hanno addirittura timore. A un certo punto ho ripreso addirittura in mano “La vita quotidiana come rappresentazione” di Goffman per capire se se stavo mettendo una maschera particolare. Si. A me risultava quella di Arlecchino.
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