elaborando

Britisc scul


Complicato il mio rapporto con l'inglese.Erano cinque o sei anni che non vedevo E.N., collega di lavoro dei primi anni. Come succede in questi casi, siamo partiti con la lista dei colleghi "dispersi". Arrivati a Flick, la nostra collega inglese atterrata in Italia per amore, è partita la considerazione: "allora conoscevamo male l'inglese, eravamo timidi e facevamo fatica a farci capire. Adesso non siamo più timidi, il nostro inglese non è migliorato, ma ci capiscono molto di più". Misteri delle lingue.Un disastro il nostro inglese, e Flick, oltre ad essere una collega simpatica e estremamente competente nel suo campo, era anche preziosa nei viaggi di lavoro, al ristorante eravamo nelle sue mani.Esempio: Copenhagen, fine cena.Lei ci fa: «prendete ancora qualcosa?» - «un caffé!» rispondiamo in coro E.N., N.P. e io. Poi N.P. aggiunge: «se poi ce ne portassero uno passabile ...».Arriva il cameriere e sentiamo Flick ordinare: «Three coffees and not so bad!». Il cameriere sorride e va.Ci guardiamo con aria sorpresa: «Ma allora ... bastava chiederlo!» - «chiedere cosa?» fa Flick, ancora più sorpresa. «Che non sia un caffé così cattivo, l'hai chiesto adesso tu al cameriere, no?» - «No, io ho chiesto tre caffé ed un sorbetto, three coffees and a sòrbet».Ecco questo era il nostro inglese, nonostante si fosse provato a migliorarlo con qualche corso.Nel mio caso, dopo sette anni di francese tra medie e liceo, avevo imparato un po' di inglese su un vocabolario. Mi serviva per alcuni esami all'università e non ero stato lì a sprecare tempo e soldi con un corso d'inglese. Ragion per cui io "the table" sapevo cosa significasse, ma lo pronunciavo: "te table", alla lettera.Poi il primo corso regolare, durante il servizio militare, a scuola da Genny. All'anagrafe Gennaro, ma era tutto teso ad inglesizzarsi, dall'abbigliamento, sempre con ombrello e bombetta, ai modi molto sussieguosi, al nome, appunto.E poi i corsi all'Olivetti, prodiga nello sforzo formativo.Ricordo l'anno che arrivò una nuova insegnante, Susan, australiana. Alta e bionda, ma con una pettinatura informe, miope, miopissima, con occhiali terribili, dei tailleur da horror, calze color carne su scarpe terrificanti.«Com'è la nuova insegnante?» mi fa mia moglie. «Terribile, bruttina e vestita da paura, però è brava e simpatica» rispondo. Tutto vero, giuro.Era in ottobre, passa qualche mese e scoppia una tiepida primavera. Susan nel frattempo ha scoperto i negozi di abbigliamento, ha realizzato che una gonna un po' corta valorizza le lunghe gambe, soprattutto da quando ha cambiato tipo di calze. E quelle scarpine sono una delizia. Il parrucchiere ha fatto la sua parte, adesso il taglio è corto, svelto e malizioso. E i fondi di bottiglia hanno lasciato il posto alle lenti a contatto.Sabato pomeriggio, siamo in giro per compere. «Ciao Pasquale!» mi sorride Susan, facendo ciao con la manina mentre ci incrociamo.«Chi è? una collega?» chiede mia moglie incuriosita. «Noooo, è Susan, la mia insegnante di inglese!» rispondo.«Ma scusa, Susan non era terribile, bruttina, ...» - «Si, ma poi è cambiata un po' per volta, non sono stato lì a tenerti aggiornata». Non mi ha creduto.Buon inizio settimana. Enjoy your day.Nell'immagine: Keira Knightley. Come che c'entra? È inglese, no?