elaborando

Vergogna


«Per noi è stato un fulmine a ciel sereno», dicono ora gli insegnanti.È, era, un ragazzo di sedici anni, aveva dei bei voti a scuola, timido ed educato, viveva con la mamma immigrata filippina. Evidentemente era abbastanza per i compagni (?) di classe per isolarlo, deriderlo: "sei un gay". Ha risolto il disagio lanciandosi dal balcone di casa, martedì.La scuola è un istituto tecnico prestigioso a Torino. Chissà cosa vuol dire prestigio.La cosa non era nata un minuto prima: il ragazzo aveva raccontato l'incubo a casa, era cominciato l'anno scorso, la mamma ne aveva parlato con gli insegnanti. E in effetti qualcosa avevano visto gli insegnanti, lo avevano trovato in lacrime durante un intervallo: «Intervenimmo subito, sgridammo i suoi compagni, e da allora non è più stato notato nulla di insolito».Osservatori attenti, viene da dire.Poi pensi ai "compagni", al branco. Non proveranno vergogna, la capacità di autoassoluzione non ha limiti. Non capiranno, se ne fossero stati capaci non avrebbero agito come hanno fatto. Tireranno avanti così, pensi a cosa potranno mai costruire loro e i loro simili.E ai genitori. Non si rifugino nel "è la scuola che deve ecc. ecc". Guardino i loro figli e si chiedano perché, cosa spinga i loro figli a simili comportamenti. Sono stati capaci di trasmettergli il senso dell'umanità?Se saranno capaci di questa riflessione, se sapranno sottrarsi all'istinto di autoassoluzone almeno loro, magari faranno ancora in tempo a ricostruire qualcosa.E resistano anche alla tentazione di dire che quel ragazzo era un debole.Sono triste e incazzato.Perché dimenticheremo e ci autoassolveremo tutti: insegnanti, compagni, genitori, osservatori come me. Daremo la colpa alla società, ai media, a Internet, al buco nell'ozono. A tutto, fuorché a noi stessi. Rimarrà il dolore di una mamma che non potrà capire: lei, suo figlio, lo tirava su bene.Notizia su: Rainews24, la Stampa