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La ricetta della felicità


L’identikit di una nazione felice?«Distinguerei quattro punti. Primo, ricchezza materiale. Le persone tendono a essere più felici nelle nazioni ricche. Secondo, libertà. Libertà politica, economica e nella sfera privata. Per esempio libertà di religione, di sposare chi si ama e di vivere secondo le proprie inclinazioni sessuali, e questo include i matrimoni gay. Terzo, buon governo e stato di diritto. Queste condizioni istituzionali incidono sulla felicità indipendentemente dai partiti al potere. Quarto, tolleranza. Minori sono gli stereotipi negativi in un Paese, più felici sono mediamente i cittadini»A scriverlo è l'inserto TuttoScienze del quotidiano "la Stampa" di mercoledì scorso, il pensiero è di Ruut Veenhoven, professore di Sociologia all’Università Erasmus di Rotterdam, dove dirige il progetto del WDH, il «World Database of Happiness», il database mondiale della felicità: come definire e misurare gli «indici della gioia» di ogni nazione.Come siamo messi in classifica? Il sito è (almeno per me) un ginepraio di indici, ne ho scelto uno per tutti, l'indicatore di "Felicità Media".Nel periodo che va dal 1995 al 2005, in una scala da 1 a 10, l'Italia è a 6,9, appena sufficienti, insomma. La Spagna ha lo stesso punteggio, il Portogallo è a 6, una conferma questa, mi aveva dato malinconia attraversarne un pezzo.I soliti esagerati sono i paesi nordici: la Danimarca viaggia a 8,2, ad esempio, e la Svezia a 7,7. Maluccio l'est europeo: la Romania è a 5, la Bulgaria a 4,2.Dove saremo tra qualche anno? Torniamo ai 4 punti del prof. Veenhoven: 1. ricchezza materiale, 2. libertà politica, economica e nella sfera privata, 3. buon governo e stato di diritto, 4. tolleranza.Fate voi.Buon martedì.[nell'immagine: scolpire un gelato, non è felicità, ma quasi][Modificata l'immagine, per maggiore chiarezza: la bellezza di una scultura dà al più una felicità passiva. È l'azione che appaga!]