elaborando

Incontro ravvicinato di un certo tipo


L' atrio della stazione è affollato, nonostante l'ora. Ti volti, i nostri sguardi si incrociano e i tuoi occhi mi sorridono mentre mi fai, sorpresa: «Ciao!». Sorrido anch'io.Prima che io riesca a risponderti, continui: «Cosa ci fai qui?» - «Mia figlia torna a casa, è venerdì. E tu?»«Aspetto anch'io mia figlia.» Continui a sorridermi, ma sembri aspettare che io dica qualcosa. Ti guardo, ma le parole non mi escono.Mi scruti, mentre dici: «Ne sono passati di anni.» Si, devono esserne passati proprio tanti, ho un senso di amaro in bocca mentre ancora cerco di mettere insieme qualcosa da dirti. Abbasso lo sguardo.Forse ti stai chiedendo cosa provo, dopo tutto questo tempo. Io invece, sto solo sperando che sia il tuo Alzheimer a fregarci, anche se temo che sia il mio. Perché, devo proprio confessarlo, non ho la benché minima idea di chi tu sia.Arriva il treno, è puntuale per fortuna.[Immagine da: Ferrovieinarte.com, tela di Ferdinando Todesco]