Sfogliai un po' di annate del mensile Reader's Digest nei primi anni 70. Era mancato un anziano signore nel palazzo dove abitavamo, e i figli si liberarono delle anticaglie del defunto, compresa la raccolta di diverse annate dell'edizione italiana del Reader's Digest. Furono la mia lettura di quell'estate.Trovai interessante la rivista, saltati a piè pari gli articoli sulle diete e la salute, ero troppo giovane per preoccuparmene, allora.Reader's Digest, fondato nel 1922 era e rimane una raccolta di articoli tratti da altre pubblicazioni, spesso "riassunti", per trasmettere il succo in poco spazio. Una sorta di aggregatore di news ante litteram, su carta stampata invece che su internet. La larghissima diffusione negli Stati Uniti, arrivata a otto milioni di copie, era dovuta anche all'impostazione della selezione di articoli: buoni sentimenti, senso della nazione, anti-comunismo.Difficilmente oggi leggerei una rivista così, definita da LaStampa.it "la rivista delle nonne". Allora, invece, con una montagna di riviste da scorrere e la possibilità di dare uno sguardo nella società americana così avanti a noi, l' "aggregatore" mi parve una scelta felice. Ancora di più mi piacevano i trafiletti di buon senso posti tra un articolo e l'altro. Ne ricordo uno di cui ho fatto uso più volte, suonava più o meno così: "Quando ti senti indeciso tra due alternative, lancia una moneta. Costretto a seguire la scelta del caso, o a decidere di rifiutarla, scoprirai la tua reale propensione." Funziona, provare per credere.Negli ultimi anni la rivista è andata progressivamente in crisi, nel 2007 chiuse l'edizione italiana. Colpa proprio di internet e della sua diffusissima circolazione di news. A poco è servito il cambio di proprietà nel 2008, l'aver ridotto a 10 numeri l'anno con un abbonamento che costa appena 10 $, l'aver affiancato la versione su internet. La crisi è arrivata al punto di chiedere l'amministrazione controllata, il "chapter 11" statunitense a cui ricorrono le aziende in crisi profonda, per ristrutturare il proprio debito e cercare di rimettersi in piedi.Forse ripartirà, se ce la farà sarà certamente cambiando pelle. Sempre che ci sia ancora spazio.Buon mercoledì.[Nell'immagine: il sito del Reader's Digest.]
Se ne va il Reader's Digest?
Sfogliai un po' di annate del mensile Reader's Digest nei primi anni 70. Era mancato un anziano signore nel palazzo dove abitavamo, e i figli si liberarono delle anticaglie del defunto, compresa la raccolta di diverse annate dell'edizione italiana del Reader's Digest. Furono la mia lettura di quell'estate.Trovai interessante la rivista, saltati a piè pari gli articoli sulle diete e la salute, ero troppo giovane per preoccuparmene, allora.Reader's Digest, fondato nel 1922 era e rimane una raccolta di articoli tratti da altre pubblicazioni, spesso "riassunti", per trasmettere il succo in poco spazio. Una sorta di aggregatore di news ante litteram, su carta stampata invece che su internet. La larghissima diffusione negli Stati Uniti, arrivata a otto milioni di copie, era dovuta anche all'impostazione della selezione di articoli: buoni sentimenti, senso della nazione, anti-comunismo.Difficilmente oggi leggerei una rivista così, definita da LaStampa.it "la rivista delle nonne". Allora, invece, con una montagna di riviste da scorrere e la possibilità di dare uno sguardo nella società americana così avanti a noi, l' "aggregatore" mi parve una scelta felice. Ancora di più mi piacevano i trafiletti di buon senso posti tra un articolo e l'altro. Ne ricordo uno di cui ho fatto uso più volte, suonava più o meno così: "Quando ti senti indeciso tra due alternative, lancia una moneta. Costretto a seguire la scelta del caso, o a decidere di rifiutarla, scoprirai la tua reale propensione." Funziona, provare per credere.Negli ultimi anni la rivista è andata progressivamente in crisi, nel 2007 chiuse l'edizione italiana. Colpa proprio di internet e della sua diffusissima circolazione di news. A poco è servito il cambio di proprietà nel 2008, l'aver ridotto a 10 numeri l'anno con un abbonamento che costa appena 10 $, l'aver affiancato la versione su internet. La crisi è arrivata al punto di chiedere l'amministrazione controllata, il "chapter 11" statunitense a cui ricorrono le aziende in crisi profonda, per ristrutturare il proprio debito e cercare di rimettersi in piedi.Forse ripartirà, se ce la farà sarà certamente cambiando pelle. Sempre che ci sia ancora spazio.Buon mercoledì.[Nell'immagine: il sito del Reader's Digest.]