elaborando

La politica, i fan e la ragione


L'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti è stato sicuramente un evento grande e positivo, visti gli otto anni del duplice mandato presidenziale di G.W. Bush, che l'hanno preceduta.Il premio Nobel assegnatogli nei giorni scorsi mi ha lasciato invece un po' perplesso, lo ammetto: il consuntivo della sua presidenza è, per il momento, costituito più da promesse e speranze che da atti concreti e completati. Il "grosso del lavoro" è ancora tutto lì: conflitto con il mondo islamico, crisi economica, conseguenza delle dissennate acrobazie finanziarie degli anni precedenti.Condivisibile la motivazione del Nobel: «per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli», ma il premio, non rischia di confondere un po' troppo le carte sul tavolo della politica internazionale? Da un lato gli conferisce un peso che non ha nessun altro capo di stato; dall'altro potrebbe agire da condizionamento (un Nobel per la Pace può continuare ad agire anche attraverso le sue truppe?).E poi vedo il rischio del "culto della personalità"; del finire, cioè, con l'approvare qualunque cosa faccia il leader, semplicemente perché è lui a farla, implicitamente negando il diritto ad opporsi.Un po' come in Italia si guadagna l'etichetta di "comunista" a non essere d'accordo con il Governo, così negli USA c'è il rischio di sentirsi tacciare di razzismo, se non si approva il presidente nero.Ma non si può avere una politica senza "fan", che trovi il consenso nelle ragioni e nella trasparenza dell'azione?Buon lunedì.