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Il sorriso della Gioconda mi ha rotto


Il dibattito è vivo da tempo immemore: sorride? no? si? ma come sorride? beffarda o allusiva?Lei è Lisa Gherardini, meglio nota al gossip artistico come "Monna Lisa" e "la Gioconda". O forse no, si tratta di Madonna Lisa del Giocondo. No, è Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì, donna notevolissima.Insomma, non sappiamo chi sia, ma solo che la ritrasse Leonardo da Vinci nei primi anni del 1500, imprimendole quella espressione che in 500 anni non ha messo d'accordo gli esperti.Arriva l'ennesimo studio, questa volta da parte di ricercatori dell'Istituto di Neuroscienza dell'Università di Alicante, guidati da Martinez Otero.Dunque: non c'è una risposta univoca al quesito, ma dipende dalle condizioni di illuminazione del quadro e dalla sensibilità della retina di chi guarda.C'è chi ha una sensibilità spiccata per i contrasti, e la percezione dei colori non è univoca. Se a questo punto si aggiunge che il quadro lo si può fissare da diverse prospettive, e quindi da diverse illuminazioni, si arriva all'indecifrabilità dell'espressione.Una riprova, documentata da questo studio: se si guarda da molto vicino, si accentua la probabilità di scorgere il sorriso, così come se si copre il quadro con un pannello nero per qualche decina di secondi e poi lo si toglie. Allontanandosi, oppure con un pannello bianco, non sortirebbe l'effetto.Sintetizzo il risultato dello studio: sorride? fate voi.Il Louvre l'abbiamo visto la prima volta nel 1989. La Gioconda la vidi da lontano, per uno sguardo ravvicinato avrei dovuto lottare con una ressa di visitatori appiccicati uno all'altro.Davanti a "Martire cristiana annegata nel Tevere Durante il regno di Diocleziano", di Eugène Ferdinand Victor Delacroix (1798-1863), invece, ho potuto soffermarmi quanto ho voluto: ho guardato il quadro di fronte, di lato, da vicinissimo. E mi è piaciuto, moltissimo.Per me il simbolo del Louvre è quello. Tié.Buon sabato.