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Budapest, 17 febbraio 1905: Rózsa Péter

Post n°1797 pubblicato il 17 Febbraio 2014 da tanksgodisfriday
 

Ricordo un giorno di scuola, in cui io e i miei compagni leggevamo una commedia di Shaw. Eravamo arrivati al punto in cui il protagonista chiedeva alla protagonista come facesse a dominare e tenere a freno anche gli uomini più intrattabili.
Essa ci pensò un momento e poi suggerì che forse la cosa si poteva spiegare col fatto che teneva tutti a distanza.
A questo punto lo studente che leggeva la parte, esclamò: «Proprio come nel teorema che abbiamo imparato oggi!». Il problema era: è possibile avvicinarsi a un insieme di punti da un punto esterno in modo tale che tutti i punti dell’insieme si avvicinino contemporaneamente?

 

Queste

  righe, tratte dalla prefazione del libro "Giocando con l'infinito. Matematica per tutti.", scritto dalla matematica ungherese Rózsa Péter nel 1943, fanno da introduzione a una serie di divertenti e interessanti giochi con la matematica e il concetto di infinito.

Chi era Rózsa Péter?
Nata a Budapest il 17 febbraio del 1905 come Rózsa Politzer, è stata tra i primi studiosi della teoria della computabilità (una delle fondamenta della scienza dei calcolatori elettronici) e tra i primi a interessarsi di funzioni ricorsive.

Laureata nel 1927 in matematica, cominciò ad insegnare al liceo mentre perfezionava i suoi studi, ottenendo il dottorato nel 1935.
Nel frattempo aveva cambiato cognome in Péter, abbandonando, come altri ungheresi in quel periodo, un cognome che suonava troppo tedesco. Ma nel 1939 arrivarono anche per lei le leggi raziali, che le impedirono di continuare a insegnare, in quanto ebrea.

Fu proprio in questo periodo, mentre era confinata nel ghetto di Budapest e infuriava la seconda guerra mondiale, che concepì il libro Giocando con l’infinito.
Anche se il testo attuale fu poi rivisto prima di essere ripubblicato nel 1957, colpisce lo spirito di serenità e di desiderio di condivisione della conoscenza che traspare dalle pagine del libro, se solo si prova a immaginare il contesto di odio e di umiliazione in cui quelle parole, quei ragionamenti sono venuti alla luce. 

Finita la guerra potè ritornare all'insegnamento e agli studi, pubblicando nel 1951 "Rekursive Funktionen", i suoi lavori sulle funzioni ricorsive.
Il non averlo scritto in inglese la privò della meritata notorietà. Gli stessi risultati ebbero larga diffusione, infatti,  un anno dopo, quando vennero pubblicati, stavolta in inglese, dal matematico Stephen C. Kleen, che vi era arrivato indipendentemente.

Sarà solo nel 1967 che, dopo la traduzione in inglese di "Rekursive Funktionen", le venne riconosciuto il merito dei risultati raggiunti.

Cos'è una funzione ricorsiva?
Un esempio notissimo di funzione ricorsiva è quella che dà la successione di Fibonacci: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, ..., serie che si riscontra in botanica, nella musica, nell'arte (rif. Wikipedia).

La formula che definisce i numeri di Fibonacci è la seguente: Fn = Fn-1 + Fn-2
cioè: ogni termine (Fn) è uguale alla somma dei due termini che lo precedono (Fn-1 e Fn-2).
Serve però un punto di partenza, occorre definire i primi due termini:
F1 = 1, F2 = 2.
Il concetto di ricorsivo sta nel modo in cui si calcola il valore della funzione per un determinato valore. Esempio, quanto vale il quinto numero di Fibonacci, F5?
F5 = F4 + F3
F4 = F3 + F2
F3 = F1 + F2 = 2
Quindi F4 = F3 + F2 = 1 + 2 = 3
e: F5 = F4 + F3 = 3 + 2 = 5

Un modo per descrivere le funzioni ricorsive, formalmente inesatto ma che spero aiuti a comprendere come funzionano, è che si calcolano "ricorrendo a sé stesse" una o più volte, fino ad arrivare al valore cercato.
Un aiuto a capire cosa voglia dire in pratica, arriva dal sito gfredericks.com, che mostra il calcolo della funzione di Ackermann (provate con numeri piccoli piccoli, come (2, 2) altrimenti dura un'eternità). 
Esempio di funzione ricorsiva ben noto agli informatici, la Funzione di Ackermann, ha la caratteristica di "esplodere":
A(1,0) = 2, e A(4,0) = 13, ma già A(4,1) = 65.533 e A(4,2) = 2^65.533-3.

Non mi è mai piaciuta particolarmente, l'Ackermann, mentre invece trovo molto bella la Funzione 91 di McCarthy: Fn è stabile al valore di 91, fino n = 101, poi cresce piano piano, senza esplosioni alla Ackermann. Una roba ricorsiva, ma pur sempre tranquilla.

 Una curiosa coincidenza in cui sono inciampato scrivendo questo post è che Rózsa Péter era soprannominata "zia Rózsa" dai suoi studenti, e John McCarthy "zio John". Sarà l'effetto della ricorsività.

Il prodotto di due numeri negativi, spiegato da zia Rózsa
Un esempio della chiarezza con cui Rózsa Péter è in grado di spiegare i concetti matematici, viene quando spiega perché il prodotto di due numeri negativi sia un numero positivo.

Molti ricorderanno le regole del prodotto di due numeri relativi: "più per più fa più, più per meno fa meno, meno per meno fa più".
Al momento di spiegare il perché dell'ultima, le cose si complicano. Ho visto in giro spiegazioni nebulose, che per un insegnante immagino sia complicato capire e poi trasferire ai propri allievi.

Rózsa Péter spiega semplicemente introducendo la velocità negativa (cammino all'indietro a 3 chilometri all'ora) e il tempo negativo (dov'ero 2 ore fa?). La risposta è intuitiva: mi trovavo  6 metri più avanti, quindi (-2 )* (-3) = +6.

E il teorema da cui siamo partiti?
La domanda posta all'inizio era: è possibile avvicinarsi a un insieme di punti da un punto esterno in modo tale che tutti i punti dell’insieme si avvicinino contemporaneamente?
La risposta è: sì, ma occorre essere abbastanza lontani da tutti i punti.

L'immagine del post aiuta a farsi un'idea.
A sinistra in alto dell'immagine, il punto rosso è troppo vicino al gruppo di punti in nero: capiterà che, per avvicinarlo a qualche punto, lo si allontanerà da qualche altro.
Un punto rosso posto abbastanza lontano dal gruppo, come nella parte in basso a destra dell'immagine, si troverà invece in una situazione di "equo distacco" da tutti, potendo trattare ogni punto alla stessa stregua, allontanandosi o avvicinandosi.

Funziona così sicuramente anche nella vita, tutto sta a tenere il prossimo alla giusta distanza.

Buon lunedì.

[Tutti i post su compleanni.]

 
Rispondi al commento:
tanksgodisfriday
tanksgodisfriday il 18/02/14 alle 18:53 via WEB
Non ho trovato una dimostrazione del teorema nel libro della Péter (l'ebook l'ho comprato qualche giorno fa e non l'ho ancora finito) ma ho dato una scorsa al testo, che si trova su Scribd.com.
Quindi devi accontentarti della mia dimostrazione, sperando che sia corretta :-)
(E' preferibile seguirla aiutandosi con un disegno)

Sia I un insieme di almeno tre punti e Z un punto distinto. I punti non siano inoltre a tre a tre allineati (inizialmente conviene evitare rogne e tenere il caso particolare di due soli punti e quello degli allineamenti per un ragionamento distinto).

Si traccino due semirette r ed s, originate in Z, che "racchiudano" esattamente l'insime di punti, formando un angolo g.
Le due semirette passeranno ciascuna per almeno un punto dell'insieme I. Siano R per la semiretta r e S per la semiretta s questi due punti. Inoltre ci sarà almeno un altro punto P dell'insieme, interno all'angolo g.

Se, e solo se l'angolo g è minore di 180°, allora è possibile muovere Z in modo che si avvicini a tutti i punti di I.

Dimostrazione.
Esamino per primo il caso in cui l'angolo g sia di 180° o maggiore.
Comincio con l'osservare che, se sposto Z al di fuori dell'angolo g, ci sarà sempre almeno un punto di I da cui Z si allontana. Quindi Z deve spostarsi verso l'interno dell'angolo g.
Sia t una qualunque semiretta originata in Z e interna a g, lungo la quale intendo spostare Z.
La semiretta t divide in due l'angolo g, e almeno una delle due parti sarà necessariamente di 90° o maggiore. Supponiamo sia quella formata da r e t.
Se sposto il punto Z lungo t, Z si allontanerà da R, perché l'angolo formato da r e t è maggiore o uguale a 90°.
Quindi non esiste nessuna "traiettoria" all'interno dell'angolo g, lungo la quale Z si possa avvicinare a tutti i punti di I.

Se l'angolo g è invece minore di 180°, allora traccio la sua bisettrice b, che divide l'angolo in due metà uguali e minori di 90°.
Se sposto P lungo b, il punto si avvicinerà a R, S e tutti gli altri punti di I (almeno fino a che non raggiungerà il piede della prima perpendicolare condotta da uno dei punti I alla bisettrice b).

Osservazioni.
Una volta raggiunto il primo piede della perpendicolare, si devono tracciare nuovamente r ed s, e verificare l'ampiezza dell'angolo g. Se è minore di 180°, allora ci si può avvicinare ancora un po'.
Più è piccolo l'angolo iniziale formato da r ed s ( e quindi più lontano è P dall'insieme di punti I), maggiore sarà il tragitto di avvicinamento che potrà percorrere Z.

Sperando sia giusta, rimangono i due casi particolari.
 
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