La Doccia

Post n°65 pubblicato il 16 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio

immagineAppena entrato nel bagno di casa fui invaso da un senso d'angoscia con un retrogusto emetico. Mi sembrò, per un attimo, di essere precipitato nel baratro. Così cercai di scacciare i pensieri più recenti dall'angusto anfratto del mio cervello. Ad un tratto però, mi tornò in mente un triste episodio della mia giovinezza, allorquando, senza esperienza in fatto di donne, mi lasciai andare a quella strana relazione. Marta allora era molto più giovane, meno grassa e, soprattutto, più tenera, senza quell'affettazione che invece adesso sembrava essere il suo soprabito. Mi ero fatto traviare negli anni migliori della mia vita dalla bassezza morale di quella donna che, sebbene di buona famiglia, in realtà, altro non era se non una lurida vacca. A quel tempo non diedi eccessivo peso alla cosa, anzi provavo un grande senso di soddisfazione. Era come andare al gabinetto. Era come espletare un compito, una cosa che faceva bene ad entrambi.
Ma era fin troppo chiaro che, un giorno, mi sarei profondamente vergognato di essermi reso protagonista di quello squallido amplesso, senza amore nè passione.
 La cosa andò avanti per alcuni mesi e, alla fine, non sapevo proprio come fare per liberarmi di quel peso. Mi salvò il servizio militare. Anzi, a dire il vero, fu un vero e proprio toccasana. Riuscii ad uscire da quel clima di timidezza atroce che mi teneva prigioniero nella mia stessa dimora, che non mi faceva cercare altro, perchè pensavo non mi servisse nulla. Poi, dopo un anno, tornai al grigiore provinciale del mio paese. La donna che avrei voluto sposare aveva già fatto il "grande passo". E io sprofondai nella malinconia. Così per scacciare i pensieri del passato, ripiombai nel presente. Cominciai col pormi alcune domande: perchè adesso ero tanto turbato? Perchè ero "scappato" dalla mia camera? Perchè Marta non era uscita dalla mia stanza? Si sentiva forse sicura del fatto suo, cioè era sicura che, prima o poi, sarei riaffondato in quel mare di burro, penetrandola a fondo, sino a sfinirla? E se avessi fatto storie, o se l'avessi respinta, non sarebbe accaduto nulla che non avese potuto controllare. Chi avrebbe messo in dubbio l'onore di quella "nobildonna"? Chi invece avrebbe creduto a me? Per gli altri non ero altro che un pazzo. Se Maria fosse stata qui, a casa mia, al posto di Marta, avrei saputo resistere alla tentazione? Sicuramente no. Dio solo sa quello che avrei potuto fare! La mia estrema disperazione e il mio combattere con la "carne" trovavano ancora ostacoli insormontabili al mio cammino che da allora in avanti era tutto in salita. Mentre ero immerso in questi pensieri, sentii bussare alla porta del bagno...in quel preciso istante, aprii il rubinetto dell'acqua ed entrai nella doccia.

 
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Il sonno interrotto

Post n°64 pubblicato il 15 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio

Dormii profondamente. Sognai cose inenarrabili, visitai terre lontane, amai donne bellissime. Ero eccitatissimo e stavo quasi per avere una polluzione, quando mi svegliai di scatto. Urlai, strepitai e bestemmiai. Accanto al mio pube c'era una coscia grassoccia con tanto di calza nera. All'inizio, ancora stordito dal sonno, non realizzai cosa stava accadendo... Era la Sig.ra Marta che, approfittando del mio stato, si era introdotta furtivamente nel mio letto. La cosa, del resto, non era così impossibile. Da quando Maria non c'era più e io ero stato ricoverato in Ospedale, la Sig.ra Marta aveva messo le tende a casa mia, con la scusa di badare a mia madre. In realtà stava aspettando il momento giusto per approfittare di me. All'epoca ero sotto l'effetto dei tranquillanti e quindi la vecchia "megera" credeva di avere gioco facile. Appena mi resi conto di cosa stava realmente accadendo mi alzai dal letto e chiesi spiegazioni del suo strano comportamento. Lei, come una cagna in calore, rispose ignorando quello che stavo dicendo.

"Che te ne pare?" disse- mostrando la "cloaca" che aveva nel mezzo di una folta foresta pubica. "Ti piace?" aggiunse, aprendo le coscie in modo così triviale da provocarmi una serie di conati di vomito.

"Questo dovrebbe essere il posto per il coso che hai?" - Fece la vecchia baldracca, senza un minino di pudore.

"Quale posto?" - feci io! "Ma è impazzita?"

"Impazzita... io ?" "Certo!" - rispose lei con un sorriso languido.

"Sono impazzita di te!"

Non potevo credere ai miei occhi. La vecchia sgualdrina, mentre proferiva quelle assurde oscenità, si stava denundando, mettendo in mostra le sue abbondanti rotondità. Il corpo era notevolmente grasso, ma in modo attento alle proporzioni.In pratica il grasso aveva preso il posto che più si confaceva allo stato comatoso della vacca in questione. La sigrora Marta, inoltre, era grottescamente addobata come un albero di natale: oltre ai classici reggicalze e reggiseno nero, indossava un corpetto che enfatizzava fino all'inverosimile le sue curve mediterranee. In tal modo i fianchi già abbondanti e il petto gonfio sembravano enormi, a discapito della vita che invece risultava compressa quasi da toglierle il respiro. Quell'imbracatura era cucita in modo tale da spingere il grasso dove più lo si desiderava, facendolo ammancare nei posti meno opportuni. Indossava, oltre all'immancabile collana di perle, anche dei guanti neri, e uno slip aperto al centro. Le mani, una volta liberate dai guanti, come al solito, erano tutte inanellate, le unghie, lunghissime, erano verniciate e tirate a lucido. Mi sembrava essere capitato nei pressi di un porto marittimo, dove le vecchie prostitute adescano clienti di tutti i tipi, senza badare all'aspetto o all'età. Ero letteralmente sbalordito, non potevo credere ai miei occhi. Dopo tanti anni, la vecchia megera credeva che la "magia" fosse nuovamente possibile. In quel preciso istante capii che c'era un unica cosa da fare: recarmi urgentemente al bagno.

il quadro: "La Donna Grassa", Sandro Nocentini, Olio su tela.

 
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Chapultepek

Post n°63 pubblicato il 09 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio

La parola Chapultepek deriva da due radici azteche:
chapul e tepek. Chapul, o chapulín, significa grillo;
tepek, colle. Questo nome azteco può dunque essere
tradotto come “colle del grillo”. Nell’antica Roma dei
Cesari i grilli venivano venduti in gabbie d’oro ad un
prezzo molto elevato.
Nel Museo di Antropologia e Storia di Città del
Messico si trova un quadro molto interessante
riguardante gli insegnamenti impartiti ai nobili e ai
sacerdoti aztechi nei loro templi segreti.
In questo quadro si vedono due esseri che galleggiano
sul colle di Chapultepek. Sulla cima del colle è
raffigurato un grillo nell’atto di cantare. Ad uno dei
lati del paesaggio appare un volto umano fluttuante,
dalla cui bocca fuoriescono due onde di luce che
simboleggiano il canto del grillo, ovverosia che le
due persone nell’atto di fluttuare sul pendio del
colle dovranno produrre il suono acuto e monotono del
grillo per poter entrare nel tempio.



da "Magia cristica azteca", Samael Aun Weor

 
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Il canto del Grillo

Post n°62 pubblicato il 07 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio
 

Il canto del grillo è la voce sottile che Apollonio di
Tiana utilizzava per uscire in corpo astrale. Questo è
il sibilo dolce e placido che Elia udì quando uscì
dalla grotta nel deserto (si veda I Re, 19, 13).
L’essere umano è una triade di corpo, anima e spirito.
Tra il corpo e lo spirito vi è un mediatore; tale
mediatore è il corpo dell’anima, il corpo astrale.
L’anima si ha; lo spirito si è. Il corpo astrale ha un
che di umano e un che di divino ed è dotato di
meravigliosi sensi con cui possiamo indagare sui
grandi Misteri della vita e della morte. Nel corpo
astrale vi sono la mente, la volontà e la coscienza.
Sul colle di Chapultepek esiste un tempio in stato di
jina, cioè nella quarta dimensione; vi si può andare
in corpo astrale. Il capo del tempio di Chapultepek è
il Venerabile Maestro Rasmussen. Questo tempio è
gelosamente custodito da guardiani con la spada
sguainata.

da "Magia cristica azteca", Samael Aun Weor


 
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 -Viaggi -

Post n°61 pubblicato il 05 Settembre 2006 da Piero_Caravaggio
 

Durante le ore del sonno normale tutti noi, esseri
umani, agiamo e viaggiamo in corpo astrale, ma non
tutti ricordiamo al risveglio quello che abbiamo
visto, udito o fatto in questo corpo. La mattina, al
risveglio, devi sforzarti di ricordare ciò che hai
sognato. I tuoi sogni non sono altro che esperienze
nel mondo astrale; annotale accuratamente su un
taccuino.
Quando fai le tue pratiche, concentrati sull’acuto
canto del grillo. Il canto deve uscire dalle tue
cellette cerebrali; se la pratica viene eseguita
correttamente, presto entrerai nello stato di
transizione che va dalla veglia al sonno. Assopisciti
maggiormente e aumenta la risonanza del canto del
grillo per mezzo della tua volontà. Alzati quindi dal
letto e con assoluta fiducia esci dalla tua stanza e
dirigiti al tempio di Chapultepek o dove vuoi; cerca
di non perdere la lucidità della tua coscienza.
Non alzarti mentalmente dal tuo letto, alzati
realmente. La natura penserà a separare il tuo corpo
fisico da quello astrale. Il corpo fisico rimarrà a
letto, addormentato, mentre quello astrale sarà libero
di farti andare dove vuoi.


da "Magia cristica azteca", Samael Aun Weor

 
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