l'elbablog

Questa domenica......


No, non ci vado al mare. Lo so che è domenica, ma preferisco la quiete, l’aria condizionata, la mia musica preferita, il libro che sto leggendo. Non è che non mi piaccia il mare, è che non mi piace la calca, le file mostruose in auto all’ora del rientro, il parcheggio che non si trova, i lidi zeppi come un teatro all’inaugurazione della stagione, i maleducati, i vocianti, il machismo da esibizione, il gracchiare delle radio al massimo volume, l’acqua unta di gasolio, con quello che costa poi, i sacchetti di plastica galleggianti, le pinne dei sub improvvisati a schiaffeggiare l’acqua. Insomma, sono forse un intollerante, ma prediligo il mare che non si deve raggiungere, a pochi metri dal bungalow o dall’hotel, quello dopo le 17, nella magica controtendenza dell’incrocio dei volti avvizziti di sole di chi viene su, e non sa che si perde la pace, la letizia, l’incanto del sole morente sull’acqua, quando l’accarezzare dei raggi da il cambio al sole-fornello-fucina- attivatore di melatonina, e le voci si fanno più rade, più rispettose dello sciabordìo sulla battigia, più in armonia col profilo di costa. E dunque, rimando il piacere del mare alla fine di agosto, e soprattutto a settembre, quando potrò rinnovare queste esperienze in tranquillità, senza il sole che picchia a martello, come cantava il mitico Ivan Graziani, sul mio scalpo indifeso. E poi è veramente singolare, dire bello sarebbe eccessivo, vedere il paese in cui vivo, a due passi da Napoli, nell’afrore dell’estate ormai divampata, la domenica mattina. Sonnolento, la domenica lo è sempre, ma quella estiva è una sonnolenza sciatta, accaldata, infastidita. Pochi anziani entrano ed escono dalla chiesa, sulla piazza principale, i bar intorno appaiono desolatamente vuoti, ogni tanto un’automobile col canotto sul tettuccio svicola verso le vie del mare, sono scomparsi i banchetti ambulanti delle noccioline ed altre chincaglierie gastronomiche domenicali, nessun essere umano al di sotto dei trent’anni sciama lungo il corso. Litigo col distributore automatico delle sigarette, che insiste nel rifiutare la banconota di cinque euro senza alcuna apparente motivazione, ma anche il tabaccaio sarà al mare, e devo arrangiarmi prendendo un caffè ed usando le monete del resto. Prendo il giornale, e cammino tranquillo nel panorama deserto di una cittadina usualmente giovane e chiassosa, felicemente sgombra di scooter, dove stamane è possibile ascoltare e distinguere le poche voci, una per una. Mi sento sereno, a volte basta poco per ricaricare le batterie, a volte è sufficiente l’ozio improduttivo e sconfinato di un giorno di festa senza incombenze, appuntamenti, attese, impegni, divertimenti imposti che tali non si rivelano. Che domani si torna alla pugna, a calcolare le tasse e a fare e rifare le dichiarazioni dei redditi, fingendo di impietosirsi davanti al cliente evasore-incallito-disperato che, in un accesso di rabbia, sputa veleno sul mondo che minaccia di mandarlo sul lastrico. Questo domani però, oggi mi godo la magia del non fare una beneamata mazza.