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MASSACRI E LIBERAZIONI


 
 In questa primavera calorosa di ponti ed impulsivo desiderio di sentirsi in vacanza, si prende con gratitudine ogni riposo offerto da qualsiasi festa stabilita – dall’odierna a quella prossima del primo maggio – accettando macchinalmente il dono, senza il tempo o la necessità di ripensare al perchè (ed in alcuni casi proprio di sapere perchè...) siamo stati graziati di una di una festa che, quantomeno in presenza di un lavoro, ci permette anche un riposo in più.E di pensare anche al fatto che il poter festeggiare la seconda data è interconnesso alla presenza della prima.Il calendario di oggi ci riporta quella emblematica che contrassegna e sancisce la fine dell’occupazione nazifascista in Italia e preannuncia la fine, da lì a breve, della guerra ma anticipa anche le premesse della celebrazione successiva, vale a dire il ripristino e l’ufficializzazione di quella festa del lavoro nata da una manifestazione parigina di 129 anni fa che richiedeva tutele e diritti per tutti coloro che lavorano e poi abolita, negli anni venti del Novecento, durante il fascismo.Anche queste due feste, quindi, come d’altronde quasi sempre accade, nascono macchiate dal sangue di proteste rivoltose e da una guerra; ma soltanto ieri - 24 aprile – si ripeteva anche un’altra ricorrenza che sarebbe importante conoscere e poi magari non dimenticare, perché è la data in cui viene rievocato l’inizio del grande crimine contro gli armeni del 1915, sterminati dall’impero Ottomano senza deroga ed eccezione alcuna.Si sta parlando, infatti, della prima tra tutte le carneficine contemporanee.La strage che aprì una tragica via di luttuose emulazioni durante tutto il corso del XX secolo.Se il 25 aprile, quindi, una parte del mondo ribadisce e festeggia la libertà riconquistata da una nazione, appena il giorno prima milioni di persone - come ogni anno da più di cento anni - legano queste date al ricordo di quasi un milione e mezzo di armeni perseguitati e deportati.Il progetto di questo sterminio senza appello che qualcuno rifiuta di considerare genocidio – in virtù della definizione del termine adottata dall’ONU - descrivendolo non già come un annientamento finalizzato ad un intero gruppo etnico, ma limitatamente progettato per sterminare gli intellettuali, gli artisti e le menti più brillanti e libere della penisola anatolica, indipendentemente dalle parole che si vogliano scegliere di accettare o utilizzare per raccontarlo, resta però, e di fatto, puramente quello che è: un massacro di un milione e trecento esseri umani, annientati in ogni modo possibile.La Carta europea dei diritti umani è inequivocabile rispetto al negazionismo ed alla repressione effettuata ai danni di chi si esprime a proposito dello sterminio armeno e declama chiaramente che processare e condannare qualcuno per negare il genocidio costituisce un attentato contro la libertà di espressione.Più di un milione sono stati semplicemente eliminati, senza alcun tipo di restrizione: erano uomini e donne, erano giovani, sani o infermi, c'erano anziani, ragazzini e infanti. In un mostruoso incipit che fu usato come modello innaturale negli anni a venire per ogni altro sistematico programma di massacro.E dietro ogni essere umano massacrato, come sempre - in un modo o in un altro -  troviamo anche il pianificato proposito di massacro di nostra madonna Libertà, insieme a tutta la luce che da ogni mente libera irriducibilmente si riversa sopra il buio di questo vecchio mondo. Buona libertà a tutti.