Peccato non poter rispondere al post di Alfio Squillaci direttamente su La Frusta Letteraria, un blog - leggasi - di “Critica letteraria, culturale in genere e note di costume” all’interno di Linkiesta.it - di nuovo, leggasi - un “giornale digitale indipendente, libero da ideologie e posizioni precostituite”; ma pare non sia contemplata la sezione commenti.Non è, tuttavia, un problema.Siamo - bene o male - in un contesto di democrazia, ed è ancora possibile - in un modo o nell’altro - esternare i nostri pensieri, e così, anche se mi è capitato di leggere un suo articolo che non prevede la possibilità di accogliere commenti, dirò semplicemente qui quello che penso, non trovandomi d’accordo con il suo esposto.Qui di seguito, a chi interessa, il link che riporta al testo integrale a cui faccio riferimento:http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2013/01/14/voltaire-non-ha-mai-detto-non-sono-daccordo-con-quello-che-dici-ma-dar/13767/Iniziamo dal principio.Il perno intorno al quale il signor Alfio Squillaci ha deciso di imbastire la sua disquisizione per poi farne un ricamo lungo un post, è la presunta attribuzione al signor Voltaire della sputtanata frase-parametro per ogni tolleranza universale, vale a dire la pluri menzionata "Detesto le tue idee, ma darei la mia vita affinché tu potessi continuare ad esprimerle in eterno."Per buona parte dell'articolo (la prima) vengono impugnati i testi da cui si estrapola il come, il quando ed il perché la citazione sopracitata, al pari di altrettanto famose considerazioni di Galileo e di Niccolò Machiavelli, sia un falso storico della portata dello Ius primae noctis.Tutto molto interessante, canticchierebbe a questo punto il furbo nerd musicale Fabio Rovazzi, e probabilmente con ragione, perché quel post sarebbe stato davvero convincente...ma con un se.Vale a dire se la questione posta in essere da Squillaci, che avrebbe potuto avere il suo discreto senso di per se stessa, si fosse limitata ad una semplice funzione ripristinatoria di eredità intellettuale, ed avesse avuto come unico scopo quello di sollevare il filosofo settecentesco dalla paternità di affermazioni mai concepite.In realtà, però, così non è stato ed il senso dell'articolo si va destrutturando cammin facendo.Tutte le prove da lui raccolte, infatti, divengono una questione secondaria e pusilla nel momento in cui la rimanente parte del post si dimostra essere un incerto tentativo di detrazione a livello semantico della frase stessa.Difatti, rivolgendo la sua attenzione puramente al senso della citazione, il direttore della rivista web ad un certo punto scrive:"Ancora oggi viene ribattuta con grande enfasi e magnanimità citrulla tutte le volte che si fa mostra di elegante tolleranza nei confronti del proprio avversario. Essa è tanto pregna di un fair play vanitoso quanto logicamente destituita di senso solo se ci si pone a pensare che se concediamo al nostro avversario la libertà di poter dire tutto, anche l’intenzione di uccidere... etc." E poi ancora:"L’idea di tolleranza non può che partire da un 'minimo etico' e non può non essere che reciproca, ovviamente, ma non può ammettere nell’interlocutore idee di sterminio o altri abomini, che pertanto nessuno, e per giunta a sacrificio della propria vita, può consentire di dire ad alcuno."Concludendo, infine, con una tesi alquanto deviante:"Se infatti si deve essere tollerante coi tolleranti, viceversa non si può essere che intolleranti con gli intolleranti."Ecco.Ed ora mi domando se l'autore finga di non capire o davvero trascuri il nucleo della questione.Perchè il punto non è il rimarcare l'assenza di una logica accettata dal buon senso umano all’interno di un’espressione che predica la libertà come principio fondante, e nemmeno il cercare di contestualizzarla, ma semplicemente dare per assunto che quella tolleranza predicata dalla frase erroneamente attribuita a Voltaire è - al pari della libertà o dell'amore - una categoria caratterizzata dall'assolutezza.E questo va mantenuto. Al di là del fatto che, nel momento in cui poi vengono tradotte in atto e contestualizzate, queste categorie risentano - o possano risentire - di varie ed eventuali delimitazioni provenienti dalle leggi fisiche e dalle situazioni determinanti.Ma la libertà, in quanto principio, è - e dev'essere - inviolabile di per sè.
A proposito di tolleranza mal tollerata
Peccato non poter rispondere al post di Alfio Squillaci direttamente su La Frusta Letteraria, un blog - leggasi - di “Critica letteraria, culturale in genere e note di costume” all’interno di Linkiesta.it - di nuovo, leggasi - un “giornale digitale indipendente, libero da ideologie e posizioni precostituite”; ma pare non sia contemplata la sezione commenti.Non è, tuttavia, un problema.Siamo - bene o male - in un contesto di democrazia, ed è ancora possibile - in un modo o nell’altro - esternare i nostri pensieri, e così, anche se mi è capitato di leggere un suo articolo che non prevede la possibilità di accogliere commenti, dirò semplicemente qui quello che penso, non trovandomi d’accordo con il suo esposto.Qui di seguito, a chi interessa, il link che riporta al testo integrale a cui faccio riferimento:http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2013/01/14/voltaire-non-ha-mai-detto-non-sono-daccordo-con-quello-che-dici-ma-dar/13767/Iniziamo dal principio.Il perno intorno al quale il signor Alfio Squillaci ha deciso di imbastire la sua disquisizione per poi farne un ricamo lungo un post, è la presunta attribuzione al signor Voltaire della sputtanata frase-parametro per ogni tolleranza universale, vale a dire la pluri menzionata "Detesto le tue idee, ma darei la mia vita affinché tu potessi continuare ad esprimerle in eterno."Per buona parte dell'articolo (la prima) vengono impugnati i testi da cui si estrapola il come, il quando ed il perché la citazione sopracitata, al pari di altrettanto famose considerazioni di Galileo e di Niccolò Machiavelli, sia un falso storico della portata dello Ius primae noctis.Tutto molto interessante, canticchierebbe a questo punto il furbo nerd musicale Fabio Rovazzi, e probabilmente con ragione, perché quel post sarebbe stato davvero convincente...ma con un se.Vale a dire se la questione posta in essere da Squillaci, che avrebbe potuto avere il suo discreto senso di per se stessa, si fosse limitata ad una semplice funzione ripristinatoria di eredità intellettuale, ed avesse avuto come unico scopo quello di sollevare il filosofo settecentesco dalla paternità di affermazioni mai concepite.In realtà, però, così non è stato ed il senso dell'articolo si va destrutturando cammin facendo.Tutte le prove da lui raccolte, infatti, divengono una questione secondaria e pusilla nel momento in cui la rimanente parte del post si dimostra essere un incerto tentativo di detrazione a livello semantico della frase stessa.Difatti, rivolgendo la sua attenzione puramente al senso della citazione, il direttore della rivista web ad un certo punto scrive:"Ancora oggi viene ribattuta con grande enfasi e magnanimità citrulla tutte le volte che si fa mostra di elegante tolleranza nei confronti del proprio avversario. Essa è tanto pregna di un fair play vanitoso quanto logicamente destituita di senso solo se ci si pone a pensare che se concediamo al nostro avversario la libertà di poter dire tutto, anche l’intenzione di uccidere... etc." E poi ancora:"L’idea di tolleranza non può che partire da un 'minimo etico' e non può non essere che reciproca, ovviamente, ma non può ammettere nell’interlocutore idee di sterminio o altri abomini, che pertanto nessuno, e per giunta a sacrificio della propria vita, può consentire di dire ad alcuno."Concludendo, infine, con una tesi alquanto deviante:"Se infatti si deve essere tollerante coi tolleranti, viceversa non si può essere che intolleranti con gli intolleranti."Ecco.Ed ora mi domando se l'autore finga di non capire o davvero trascuri il nucleo della questione.Perchè il punto non è il rimarcare l'assenza di una logica accettata dal buon senso umano all’interno di un’espressione che predica la libertà come principio fondante, e nemmeno il cercare di contestualizzarla, ma semplicemente dare per assunto che quella tolleranza predicata dalla frase erroneamente attribuita a Voltaire è - al pari della libertà o dell'amore - una categoria caratterizzata dall'assolutezza.E questo va mantenuto. Al di là del fatto che, nel momento in cui poi vengono tradotte in atto e contestualizzate, queste categorie risentano - o possano risentire - di varie ed eventuali delimitazioni provenienti dalle leggi fisiche e dalle situazioni determinanti.Ma la libertà, in quanto principio, è - e dev'essere - inviolabile di per sè.