Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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Che cosa resta…

Post n°378 pubblicato il 28 Giugno 2025 da ElettrikaPsike
 

 

Una volta ho letto una domanda su internet che mi sembra si articolasse più o meno così:

Cosa resta dopo?

 

In un periodo in cui mi interrogo quotidianamente su cosa resti per me – dopo gli impegni inderogabili, dopo un lavoro intransigente, dopo tutto ciò che incombe decurtandoci sistematicamente la razione di tempo necessaria a mantenerci biologicamente vivi – per esistere al di là del respirare, quella domanda chiedeva che cosa rimanesse

 

dopo l’amore, dopo il disastro, dopo il silenzio.

 

Ed ho pensato di rispondere, istintivamente, di getto, in una sera di metà giugno torinese, incerto se tuffarsi nell'estate o abbracciarsi ancora ai cieli plumbei, piovendo altri scrosci ventosi e umidi su una primavera ancora fredda.  

Ci ho pensato e, inevitabilmente, mi sono risposta che rimane il prima che non si perde, il non ancora che preme sul bordo, il durante che si spalanca nell’ovunque e una temporalità che, in verità, è configurazione apparente.

Allora, cosa resta dopo?

Dopo l’amore, dopo il disastro, dopo il silenzio (ma anche dopo gli impegni inderogabili, dopo un lavoro intransigente, dopo ciò che incombe decurtandoci sistematicamente la razione necessaria a mantenerci biologicamente vivi) resta il prima e il non ancora. Il durante. E tutta l’infinita possibilità che porta con sé un tempo che, in sostanza, nemmeno esiste.

 

E ho pensato che non è affatto poco.

 

 

Immagini

TIME – curiouscat

RobertoUno – InnerREALISM

 

N.B.

Lancio qui un'altra domanda - che mi era stata posta da misteropagano nei commenti del post precedente e data la mia lunga assenza era rimasta in moderazione - perchè l'interrogativo si rivolga a tutti:

misteropagano:

... in merito alla tua chiosa e l'energia emanata dalle parole, e le molteplici e riassuntive tesi sul valore della parola: non trovate che il bi pensiero che in parte ci affligge epocalmente abbia bisogno di essere annoverato in lista aggiornata e discusso, compreso e in qualche modo pertanto superato? L'instabilità del senso, della forma e della sostanza, la fibrillazione continua dell'osservazione, non ci fa irrimediabilmente provare una vertigine dello stesso senso?

GRAZIE MISTI...

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Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 29/06/25 alle 11:09 via WEB
Intanto stupendo post - tra i tuoi più sintetici e perciò tra i più onorevoli - chiosando puntuale lo sfoggio del prima e il non ancora. Il durante. E tutta l’infinita possibilità che porta con sé un tempo che, in sostanza, nemmeno esiste.Bello Time, coincidenza sto lavorando ad un concetto analogo che proviene dal prima e il non ancora. Nel mentre, dal durante..
Quanto al cosa fare del bi pensiero e della vertigine di senso confrontarsi su tale tema è arduo cara bella mia, coraggioso, e coglierlo implica un certo training a questo genere di riflessione che tuttavia, appunto, provoca anche vertigini: una spirale turbinosa, una tromba d'aria in cui si è in ogni dove e mescolati in ogni cosa: lasciarsi portare dll'onda, dalla risacca, dalla marea ed uscirne incolumi. Forse anche un fanciullo vi può giocare . Stiamo parlando di parole grazie ELETTRIKA , saltiamo nel tuo blog:*
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 02:43 via WEB
Io ci provo, Mist. In fondo, porre - e porsi - domande non vale quanto ricevere risposte? ;-) P.S. Io invece sono già saltellata da te prima...
 
rteo1
rteo1 il 29/06/25 alle 12:26 via WEB
Ben ritrovata, anzitutto. E' sempre un piacere e uno stimolo leggere i post e le repliche ai nostri contributi. Ora, relativamente a "Cosa resta dopo?" mi viene in mente quanto, secondo Enzo Striano, autore del romanzo storico Il resto di niente, avrebbe detto Eleonora de Fonseca Pimental mentre veniva portata al patibolo, avendo Lei partecipato alla Rivoluzione della Repubblica Partenopea del 1799: <<Cosa mi resta ? Il resto di niente>>. Preferisco, tuttavia, consegnare qualcosa d'altro, di mio, recentemente proposto ai miei più cari affetti che si attendevano da me la risposta alla domanda esistenziale "Chi sono, da dove vengo, dove vado". In piena sincerità ho detto: <<Sono ciò che sono. Vengo da dove vado. Vado, quanto ho tutto compiuto, secondo il mio essere quantico>>.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 02:51 via WEB
Grazie rteo, davvero. Molto bello e, personalmente, credo anche molto vero quel tuo “vengo da dove vado”, in un ritorno. Non so se lo consideriamo in un identico modo o lo interpretiamo con due accezioni diverse, ma anch’io considero il punto di partenza dell’essere il medesimo del suo punto d’arrivo. Ed in generale, per tutti credo valga il fatto che il "resto di niente" è solo l’inizio di qualcosa che non sappiamo ancora nominare.
 
woodenship
woodenship il 04/07/25 alle 23:34 via WEB
Sai, non molto tempo fa, ha chiuso un sito di poesie sul quale ho pubblicato per anni le mie poesie. Non è che abbia chiuso di colpo. C'era il tempo per provare a salvare il lavoro. Ma non ho fatto nulla. Ho lasciato che tutto svanisse nel nulla. Si che il sito è sparito, si è dissolto anche con i miei scritti, con i commenti, con le discussioni accese: alle volte spiritose, altre interessanti, altre ancora noiose, pedanti... era un mondo di cui ho provato a fare parte. Avrei potuto salvare il tutto, se avessi voluto. Non l'ho fatto. Forse perché, come nel titolo di questo tuo post, volevo capire cosa resta, cosa mi resta. Quando un mondo viene meno e si scompare con esso. Cosa ci resta ad orbitare lì, dove prima c'erano poesie, convivi virtuali, battute, discussioni ed emozioni condivise? All'inizio ho provato una sensazione di vuoto, di impotenza, di irrimediabilità e frustrazione. Ma anche di rimorso: avrei potuto salvare qualcosa. Ma io volevo provare l'emozione di cosa ci resta, più che farne un'inventario con intento consolatorio. E in effetti l'emozione l'ho provata tutta: ogni cosa è svanita tranne me. Quel che mi è rimasto sono io ed il desiderio di continuare a scrivere. Sebbene sia pienamente consapevole ch'è un po'come scrivere sulla sabbia. E che di me non rimarrà che la vibrazione lunga di un rammarico, per non essere riuscito ad esprimere cosa realmente ci resta in questa mia capoccia bislacca: quando a tarda ora spengo il tablet, completo le ultime incombenze e mi ficco a letto. Posso solo azzardare un'ipotesi spericolata: alla fine, di tutto un giorno, di tutta una vita, non mi resta che un sogno masticato a denti stretti, mentre si fa nuovo il giorno e così vecchio il permanere di un canto oltre la finestra. Un abbraccio scintillante di stelle
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 03:28 via WEB
Ciò che scrivi è così malinconicamente bello che è difficile confutarlo. E’ quel genere di struggimento estetico proprio del mese di settembre, il Mono no aware giapponese, che non è semplice malinconia ma piena consapevolezza della bellezza effimera delle cose o il Wabi-sabi, che ci racconta il fascino dell’impermanenza e dell’incompiuto. La tua è un'autentica esperienza estetica dai colori e da un cuore autunnali. Eppure, amico mio, ti dirò comunque che, pur apprezzando il sentimento che hai evocato, esattamente come le foglie del mio mese preferito, non credo affatto che si perda nulla. Perché l’essere non conosce sparizione, solo trasformazione invisibile di ciò che sempre è.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ARGYRIA il 02/08/25 alle 17:04 via WEB
Dopo resta quello che hai detto si più o meno ma qualche volta risentimento o solo vuoto anche. E alla domanda di misty io rispondo: vertigine! Ma non so se l'ho capita bene...un saluto ad entrambe!!!
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 03:30 via WEB
E lo facciamo sapere anche a lei ;-) Grazie Argyria!
 
legrillonnoirdestael
legrillonnoirdestael il 02/08/25 alle 17:10 via WEB
Inizio con mistero che ha sempre quesiti degni di nota e non facilmente liquidabili. Non è semplice incoerenza o ambivalenza e annullare il principio di non contraddizione per adattarsi a un contesto esterno impone questa frattura come condizione della realtà. È una forma di autoinganno strutturato, in cui la logica è sacrificata alla sopravvivenza nel sistema. E collego la sua domanda e la mia risposta al tuo cosa resta dopo: dopo resta la vertigine (sia dopo l'amore sia dopo il bi pensiero) di cui parla la nostra amica.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 03:31 via WEB
;-) Grazie Sir Niccolò. Lo diremo a Mistero.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Arwen71 il 02/08/25 alle 17:17 via WEB
Resta sostanzialmente ciò che hai detto già tu molto bene è vero. Hai compreso tutto in fondo con quelle parole. La domanda però resta inquietante Ele in effetti. Il bipensiero di cui misteropagano parla è patologico sempre, non può passare come fisiologico o saremmo realmente nei guai. Un bacino. Moni.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 03:34 via WEB
Già, è così. E non sono poche le cose tutt'altro che fisiologiche che vengono propinate e vissute come tali...Un bacio a te, e avviso Misti della risposta.
 
ravenback0
ravenback0 il 02/08/25 alle 17:34 via WEB
Cosa resta? Resta nulla ma anche tutto però un tutto ipotetico come dici tu. Resta l'infinita possibilità come per tutto ma di fatto poi questa possibile diventa qualcosa e quel qualcosa è quasi sempre fatto di accuse e rimpianti e ossa rotte. La domanda di misteropagano è come sempre molto acuta perché la contraddizione nella mente umana è naturale quando nasce dall'incontro fra poli opposti che non si annullano e allora lì si parla di paradosso, ma nel bipensiero, invece, i pensieri incompatibili sono accettati come veri solo per obbedire ed è molto grave.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 03/08/25 alle 03:38 via WEB
E' esattamente così, raven. Il bipensiero è l’annullamento della verità per convenienza. Il paradosso cerca e alimenta, il bipensiero rinuncia. Il primo è fertile, l’altro è tossico. Una cosa è la sintesi hegeliana che abbraccia la contraddizione per superarla, l'altra è ciò che Orwell (che coniò il bipensiero) mostra come violenza alla ragione imposta dal potere. Il paradosso è segno di intelligenza e genio, il bipensiero di assuefazione. Simili in apparenza, ma opposti nella radice e nell’esito. Ti ringrazio. E avviso mistero della tua risposta. Un abbraccio.
 
misteropagano
misteropagano il 03/08/25 alle 07:40 via WEB
Ogni qual volta si ha potere si può gestireusare un bipensiero...la tua moderazione Ellenina è p r o f e s s i o n a l e cognitiva e critica per questo elude, ben già , il bipensiero. Grazie per l’interposto spazio di discussione e a tutti. Ha ragione ARGYRIA, a non aver compreso bene la domanda perchè forse è posta forse criptica o sghemba, ma nel pieno di una vertigine la query è già una risposta; domandarselo è prepararsi a non obbedirgli come intravede ravenback0. E Secondo l'Essere quantico introdotto e di nuovo esposto da Rteo1 - e come il mago del giardino seguente, la meraviglia che è il principio ininterrotto del filosofare - forse abbiamo il modo di "aggirare" quel resto o sovrappiù che tra ordine e cosa ordinata crea lacuna e disorienta la conoscenza: la cosa stupefacente è che se ne parlava migliaia e migliaia di anni fa ma ciò non ci ha portato a perfezionare le nostre gesta e i nostri rituali solo a renderli più scorrevoli, approssimativi e più spesso fugaci: immaginate il lavoro del pensiero che si aggira tra i labirinti che non conosce (e lo imprigionano senza soluzione) creando il labirinto da cui si esce. Perché se non vi è risposta in ogni cosa non ve ne è nessuna. Solo allora troviamo il modo di inanellare contraddizioni, di spostare i pesi del pensiero. Una danza consapevole, un pas de bourrée. Un tempo frattale, me lo rammenta W, con questioni infinitesimali. Entriamo sempre più addentro e non avanziamo, o avanziamo a piccoli passi. Così si deve lasciare qualcosa senza approssimarsi. Ecco cosa resta. L’uomo interiore che può osservare il bipensiero, Arwen, senza assumere quei pesi che tuttavia per espressione e opinione vorremmo l’uno più forte dell’altro e farvi parte. Evitando posizioni fallaci, sino alle sue massime estensioni prima di fallire senonché disegniamo nuovamente una uscita o una entrata, nel modo meno violento che è l’Arte sapendo di trovarvi un assoluto mistero, officiante. (E quando era questione di Dei), relazione molteplice e cognitiva tra i turbamenti. Abbastanza paradossale, fin qui?
Non tutti si è artisti, e il tempo fluttuante e instabile suggerisce con forza solo l'adattamento meno doloroso all’arco vitale temporaneo, l’autoinganno strutturato citato da Niccolò, con la vertigine in agguato per chi lo elude: premiabile con lo stesso studio che lì ci ha condotto. La conoscenza non è immobile
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 21/09/25 alle 15:47 via WEB
Grazie Mist di essere tornata e aver risposto a tutte/i! ;-) Chi meglio di te avrebbe potuto farlo? Inoltre, è un fondamento delle tue "battaglie" da sempre. La conoscenza non è immobile! E ne farei una t-shirt ma nel frattempo...la inserisco nel blog!
 
mantomarea
mantomarea il 05/08/25 alle 09:00 via WEB
vertigine è ciò che si prova qui nell'insenatura la più alta m a n t o m a r e a
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 21/09/25 alle 15:47 via WEB
! Mantomarea per sempre...
 
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