ElettriKaMente
Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)
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incontinenze di ogni genere e tipo,
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e manie persecutorie-vittimistiche,
grazie.
Anche se il blog é moderato, ogni intervento pervenuto viene pubblicato.
Qualora il vostro non risulti, invece, visibile tra gli altri è semplicemente perché, presentando tracce delle sopracitate (incontinenze, pratiche onanistiche o manie persecutorie-vittimistiche)
vergognandosi di se stesso e di chi l'ha messo al mondo, si è autoeliminato.
Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
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Iniziato qui il rimescolamento nel calderone del tempo per conoscere le sette generazioni, dopo la seconda, arriviamo alla terza.
La terza coorte demografica è quella considerata silente, la generazione di individui definiti “silenziosi”. Ne fanno parte i ragazzi che nacquero durante gli anni terribili della seconda guerra mondiale e che furono adolescenti o giovani uomini e donne tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento.
La “Generazione silenziosa” fu quella che durante l’infanzia imparò necessariamente a tacere e che poi, anche in seguito, preferì non esporsi nella lotta mai, neppure per la difesa dei diritti civili.
Profondamente segnata nei primi anni di vita dalla crisi economica e dalla devastazione della guerra, rimase lungamente in disparte. Vigile, cauta ed essenzialmente introversa, di fatto preferì restare (almeno apparentemente) passiva dinanzi ai cambiamenti sociali.
Solo da adolescenti, infatti, o nella prima loro giovinezza, gli appartenenti a questa terza generazione poterono respirare un clima più disteso, grazie all’inizio di una ripresa economica e al drastico desiderio di riscatto e poterono sperimentare benessere ed un’atmosfera familiare calorosa e sicura.
Quelli furono anche i giovani che videro nascere il rock ed i primi in assoluto a sperimentare il salto generazionale, con un modo di essere adolescenti del tutto nuovo rispetto al passato. Difatti, proprio questi ragazzi che vissero la loro prima giovinezza tra gli anni ’50 e ’60 non furono più giovani adulti in miniatura come tutti i loro predecessori, ma iniziarono ad utilizzare un abbigliamento espressamente dedicato a loro, fatto di maglioncini attillati e pantaloni a sigaretta a vita alta ed i teenager, per primi, resero popolari i jeans, fino ad allora considerati unicamente come abbigliamento da lavoro.
Eppure, per quanto indiscutibilmente catturati dall’ideale del sogno americano, dalla brillantina nei capelli, dai Levi’s 501 button fly e dal mito di James Dean e Marlon Brando, questa generazione restò comunque ancora più o meno pesantemente contrassegnata da un’atmosfera conservatrice.
Così, questi ragazzi così diversi per certi aspetti da ogni altra generazione precedente, per altri restarono quietamente obbedienti alle regole apparecchiate da una società e da una famiglia incorniciate in ruoli precisi e ordinati, con le mamme ai fornelli in gonne a ruota e colori pastello e papà incravattati al lavoro, rassicurati da giornate scandite dai compiti e da merende con pane burro e marmellata e sigillate dalle ultime parole proferite rigorosamente dal capo famiglia, con il quale certamente non si discuteva.
Edulcorata e perbenista, rigorosa e unita in vincoli familiari indissolubili, la società si manifestava per gli adolescenti di quegli anni al contempo protettiva e castrante e fondamentalmente diversa dal cinematografico happy ending sognato al cinema.
Resa quasi impermeabile dal clima rigoroso in cui è nata, la Generazione dei Silenti spese gran parte della sua giovinezza patinata in una sorta di limbo edulcorato ma fondamentalmente statico.
E così, se la Generazione dei “Giovani perduti” fu trasgressiva per disillusione e quella dei “Ragazzi sopravvissuti” alla seconda guerra mondiale fu, invece, stoica e coriacea, quella degli anni ’50 e ’60 fu una generazione di bambini già responsabilizzati, educati all’assennatezza e al dovere e, pertanto, disincantati.
Allevati in modo necessariamente pragmatico, questi ragazzi rimasero fondamentalmente inascoltati ed essendo stati abituati, sin da piccoli, al silenzio e all’inazione, per alcuni versi furono giovani già “vecchi”, resi consapevolmente realisti ed avvezzi a nutrirsi di assennatezza e di prudenza.
Nonostante, quindi, siano stati senza dubbio la generazione del decollo giovanile per antonomasia, furono anche quegli stessi individui che vissero male – ed in modo tardivo – i cambiamenti socio-culturali che si stavano prospettando durante la loro adolescenza e prima giovinezza. Ed ancora oggi sono molti i soggetti della “generazione silente” che difficilmente si aprono a visioni eccessivamente discostanti dalle loro consolidate certezze.
Solidi e materialisti, tenacemente ancorati ai valori di una morale conservatrice, sono ragazzi che osarono indossare i jeans ascoltando Elvis Presley e sognando l’America, ma che si realizzarono pienamente solo attraverso ruoli preimpostati e nettamente definiti.
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