Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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UN'IMMAGINE OLTRE LO SPECCHIO

 

 

"L'immagine corporea è quel quadro del nostro corpo che formiamo nella mente. E come ogni quadro, nel guardarlo possiamo provare emozioni, sensazioni e possono emergere ricordi."

Paul Schilder (1935)


 

Commentando un post di woodenship che riguardava un argomento da me sempre indagato, vagliato e talvolta sviscerato da ogni sua possibile angolazione, qualche tempo fa scrissi che l'enigma psicologico del doppio allo specchio è un universo di spunti concatenati, ottimo per comprendere ogni cosa. Per conoscere noi stessi ma anche tutto ciò che empiricamente esiste in quel riflesso di noi che chiamiamo mondo. Un tema che è la chiave per accedere a molte insospettabili porte e sul quale, inevitabilmente, ho costruito buona parte (se non addirittura la gran parte) di ogni mia indagine interiore.

L'età non c'entra, o almeno non è una prerogativa assoluta, e neppure la mancanza oggettiva d'un aspetto armonioso e gradevole lo è, perchè il fenomeno del non riconoscere il proprio aspetto esteriore come realmente rappresentativo dell'anima che sentiamo di possedere - o, ugualmente, rappresentativo della summa di caratteri che compongono la nostra personalità - può manifestarsi indipendentemente dall'avvenenza dell'immagine percepita, e non è neppure maggiormente riscontrabile in presenza di evidenti malformazioni.

Può, infatti, invariabilmente capitare di non ritrovarsi nella propria immagine allo specchio da bambini, nel periodo dell'adolescenza, da giovani adulti oppure da anziani, ed è una condizione che può essere  sperimentata tanto da una creatura evidentemente bellissima quanto da un individuo effettivamente non aderente a nessun canone di beltà o proporzione fra le forme.

A dirla tutta, poi, credo sia una condizione almeno in piccola parte familiare a tutti, e questo in prima battuta perchè senza dubbio lo specchio è già, di per se stesso, il grande mentitore - ricordiamo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carrol - ma anche perché se da un lato è già decisamente complicato mantenere un equilibrio tra la nostra personale attività percettiva (con tutto il suo mondo al seguito) e quella visiva senza rischiare di sovrapporle in modo scriteriato e senza farle divergere troppo, pensiamo soltanto quanto può essere ardua la paradossale azione che quotidianamente la nostra mente compie nel guardare l'involucro che la contiene - e che la vorrebbe rappresentare, portandola nel mondo in una forma visibile - convincendosi che non ci sia una soluzione di continuità tra il soggetto pensante e il soggetto/oggetto guardato, vale a dire tra il dentro ed il fuori.

Non è un lavoretto così lieve.

O, almeno, non lo è per chiunque si soffermi a pensare al significato dell'identità. E questo senza neppure andare a scomodare i veri e propri disturbi di depersonalizzazione e derealizzazione o il cosiddetto dismorfismo psicologico.

Di fatto, penso che sia solo semplicemente umana questa percezione - più o meno ricorrente o più o meno recepita - di scollegamento dal proprio corpo e dai propri processi mentali. Un po' come se si stesse osservando dall'esterno quel nostro golem che sembra poter assumere, almeno in alcune circostanze, un’identità propriamente autonoma e a se stante.

Se ne è scritto e se ne potrebbe scrivere ancora all'infinito su questo argomento: saggi filosofici, trattati clinici, romanzi, novelle, opere teatrali, film e miti hanno, difatti, cercato di estinguere l'interesse verso questo processo, tentando di spiegarlo, legittimarlo e sublimarlo (pensiamo a Dorian Grey, al Gobbo di Notre Dame, a Narciso, a La Bella e la Bestia... e mi vengono anche in mente le parole di Agrado nel film Tutto su mia madre "...perché una persona è più autentica, quanto più somiglia all'idea che ha sognato di se stessa”); ma penso che sia uno di quei cronici quesiti che ancora per un po' non ci daranno tregua. O almeno fino a quando non si troverà il modo di allineare corpo e mente.

Ma non credo che la strada perché questo possa accadere potrà mai partire dal corpo.

Onestamente penso che sia un processo condotto dall’interno e che sia estremamente più facile che il fuori si allinei al dentro piuttosto che il contrario, dal momento che il nostro corpo riflesso allo specchio non è solo un’immagine, ma un vero e proprio processo d'integrazione tra la sfera delle percezioni, quelle delle cognizioni e quella delle emozioni. 

E' più facile, dunque, che la Bestia appaia visivamente come principe mutando la propria interioritá perchè, come ci chiarifica la canzone nel cartone della Disney, "qualcosa in lui si trasformò, era sgarbato, un po' volgare, ora no: è timido, piacevole e non mi ero accorta che ora è incantevole!" mentre molto complicato sarebbe poter considerare incantevole un'ipotetica bellezza di forme che si mostra sgradevole e volgare.

Sì, l'allineamento necessariamente ha il suo inizio con la mente e mi sento di ammettere che ne sono pressochè certa. 

Non fosse altro per il fatto che se la nostra interioritá non decidesse di allinearsi a quella immagine che da sempre abbiamo sognato di noi stessi e fosse, invece, solo il corpo a provarci, difficilmente (ed anche con tutti gli accorgimenti del mondo) il nostro aspetto esteriore potrebbe resistere a lungo nella bugia…

 

 
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