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Post N° 58


Milos Forman lo conoscono tutti. Sappiamo che è nato nell’ex Cecoslovacchia nel 1932, ha perso i genitori da bambino, scomparsi in un Lager, ha studiato cinema a Paraga e ha fatto dei film Cecoslovacchi. Ma molti lo conoscono per il film su Mozart, “Amadeus” del 1984, o per il grande successo di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” del 1975, adattato dal racconto in prima persona di Ken Kessey, un bestseller e fastseller dell’epoca. Il film omonimo vinse cinque Oscar, di cui uno per la miglior regia: Altri lo conoscono ora per il recente “Goya’s Ghost” uscito nell’Aprile del 2007 o per lo “stagionato” film “Ragtime” del 1981. Questa volta parleremo del Musical “Hair” Il sottotitolo era qualcosa come “Il musical tribale americano degli amanti del rock”; tribale perché il gruppo di amici del protagonista è chiamato nel film “La tribù”. Ed è così. Si tratta di 45 elementi che lavoravano a Broadway e che il 17 ottobre 1967, all’allora in costruzione Public Theater fuori Broadway; poi fu replicato al The Cheetah sulla quarantacinquesima. Infine arrivò a Broadway dove ebbe 1873 repliche. A Londra ci volle il crollo del teatro dove era in cartellone, non avvenuto durante lo spettacolo, dopo ormai 2000 repliche, per fermarlo. Poi riedizioni più o meno fortunate. Quando lo show lasciò New York fu censurato a Chattanooga in Tennessee per i nudi di uomini e donne in scena. Invece a Londra questo Musical siglò la fine della censura da palcoscenico nel Regno Unito quando uscì. Dunque “La tribù” del film sono capelloni figli dei fiori e questo scandalizza sulle prime il benpensante Berger li incontra, Berger si trova a New York per partire volontario per il Vietnam. “La tribù” ha elementi pacifisti, attivisti politici, che bruciano la chiamata per il Vietnam, in una cerimonia a Central Park, tutti tranne Berger, che partirà dopo un fine settimana di iniziazione alla Marijuana e alla vita di spirito libero. Gli amici lo raggiungeranno in un campo militare in stato di allerta, uno degli amici si contrabbanderà per lui, per regalargli un pomeriggio con il resto degli amici, ma scatterà un allarme per i soldati. Berger sarà sostituito dall’amico vestito da militare e, suo malgrado, partirà al posto del vero volontario Berger. Gli amici, o meglio “La tribù”, con Berger, piangeranno l’amico morto in Vietnam e sepolto con il nome do Berger. La scena finale rappresenta un raduno antimilitarista contro la guerra in Vietnam. Si tratta di un momento corale che racchiude il messaggio del film, quanto mai contemporaneo. I testi musicali fanno riferimento allo Shakespeare di “Romeo e Giulietta” e di “Amleto”, dai cui dialoghi è tratta “What a piece of work is man”, atto II, scena 2; inoltre una frase scandita ritmicamente nel finale di “Flesh failures” (the rest is silence) sono le linee finali di “Amleto”.