a proposito di elliy

QUINTO RACCONTO - Gioco letterario "LEI NON SA CHI SONO IO"


(autore anonimo fino alla fine del gioco)- Lei non sa chi sono io, vero?      L’uomo mi guarda incredulo. I suoi occhi sono in fiamme. Non capisce che ci faccio lì, dall’altra parte dello sportello aperto. Non concepisce altra regola del “ciò che mi disturba deve sparire dal mio orizzonte”. Passa in un attimo dallo stupore alla rabbia per l’inconcepibile che si materializza davanti ai suoi occhi. E’ grasso. Sbava. Sembra un cinghiale selvatico. Scatta verso di me come farebbe per schiacciare una zanzara che lo infastidisce.       Tanto per fare capire che in quel momento non comanda niente e nessuno, gli pianto una pallottola in una mano. Quella che si è fatta troppo vicina alla mia faccia.       La mano rimbalza come se avesse preso una pallonata, sbattendo sulla carrozzeria e lordandola di un fiotto di sangue. I suoi occhi si spalancano mentre cade sulle ginocchia, sotto la pioggia battente.- Sei carne da macello – mi fa con un moto d’orgoglio. E' talmente furibondo che non sente il dolore. – sei morto, appena i miei ragazzi ti mettono le mani addosso. Hai capito? Sei morto!      Indico freddamente una lama di luce alle nostre spalle. L’animale comprende che viene da quella che era la macchina dei suoi sgherri e finalmente comprende che sta passando dalla parte sbagliata della catena alimentare. La sua bocca rimane spalancata e finalmente tace.      Alle sue spalle, sull'altro sedile, la intravedo. La sottile luce delle fiamme si appoggia sulla pelle bianca della sua spalla.-        Vedo che non lo sa. Non mi stupisco.Punto la canna della pistola verso la sua faccia. Realizza che ho il silenziatore. Nessuno ha sentito gli spari precedenti. Nessuno ne sentirebbe altri. Mi guarda e finalmente comprende che deve soppesare le parole.- Come... come faccio a saperlo?E già. Come fa a saperlo lui, quando non lo so più nemmeno io? Piazzo una pallottola nel suo ginocchio destro. Il cinghiale si accascia, lamentandosi e lasciando libera la mia visuale verso di lei. La osservo in silenzio, mentre lei, rivestitasi frettolosamente, tiene lo sguardo basso e trema.Allungo il mio braccio verso di lei e delicatamente le sollevo il mento e lo volto verso di me. Dopo tantissimo tempo, torniamo a guardarci in faccia.E nel riflesso dei suoi occhi spaventati capisco che non c'è più niente del ragazzo che ero. Quello che ha condiviso con lei le speranze e i sogni di una vita insieme, quella di prima, sporcata e sepolta dai miraggi di una vita facile. Troppo facile.Fa per aprire la bocca, ma con un dito poggiato su quelle labbra che una volta erano mie la faccio tacere.La guardo per un istante, senza alcuna sentimento. Appartengono ad un uomo che non esiste più. Ucciso da quello schifo che ci circondava. E che regola il mondo, da sempre.Scendo dalla macchina. Non smette di piovere.Alla mia sinistra, la bestia cerca di strisciare via, bestemmiando e lamentandosi. Anche se sa che non ha speranza di arrivare alla salvezza in alcun modo. La raggiungo con pochi passi e la supero. Mi farfuglia qualcosa. Potrebbe essere di tutto, da una supplica a una minaccia. Non lo sento nemmeno.Gli prendo la testa per i pochi capelli che ha. Gli volto la testa a forza verso la macchina.E allora capisce.Lo rigetto a terra. Urla. Piange. Implora.Non serve a niente, mi dico.Ma punto lo stesso la pistola e faccio in modo di non sentirlo più. *** se a questo gioco vuoi partecipareclicca qui per poterti informare!