a proposito di elliy

MURI - un racconto di Elliy Writer


Spense la tv e rimase solo. Il silenzio invase la stanza, insieme al buio.Aspettò che il chiarore dei lampioni e l’abitudine lo aiutassero a disegnare i contorni del mobile basso, del tavolo, della libreria. Le sue cose. Quasi sue.Abbandonato sul divano, restò in ascolto, ma ebbe in risposta soltanto il ronzio del frigorifero  e il guaito lontano di un cane. E quel dolore, quel malessere indefinito, in un punto che non avrebbe saputo dire.Buttò da un lato il telecomando, scolò la birra ormai tiepida e col cellulare infilato sotto l’elastico delle mutande uscì sulla terrazza.Era una notte d’agosto, una di quelle notti feroci, col cielo pesante di nuvole basse, senza vento, senza stelle, senza sonno. Fece qualche passo verso la balaustra, si appoggiò per guardare intorno e poi giù. La strada era deserta, perfino i gatti randagi erano spariti. Tutte le finestre erano chiuse.L’aria, immobile, si attaccava alle pelle. Il respiro alla gola. Si sporse di più, come faceva da bambino e la mamma gli urlava “smettila, attento, vai a finire di sotto, stupido!” e ancora un po’e ancora un po', fino all’estremo, fino a sollevare i piedi nudi, prima uno, poi l’altro, e a dondolare sulle braccia, avanti e indietro, avanti e indietro... poteva valere la pena spingersi del tutto in avanti; bastava poco.- Serata di merda, eh Rino?Si bloccò, mise giù i piedi di scatto e si girò di lato, verso la voce:- E tu che vuoi, chi sei? E il muro?  – il muro divisorio, quel muro costruito con tenacia, un mattone sull’altro, un giorno dopo l’altro, impastando calce viva e sangue, per separare, proteggere, nascondere.- Il muro? E’ caduta una stella, Rino, e ho espresso un desiderio.- Non ci sono stelle stanotte, solo nuvole.L’altro non disse nulla, si limitò a tirare ancora due boccate di fumo prima di spegnere la cicca.- Hai una sigaretta? – gli chiese, indugiando con lo sguardo su quei capelli radi, sulla pelle morbida del viso e sulle rughe profonde che lo segnavano, incapaci di mentire.- Tu non fumi più.  – fece l’altro di rimando.Rino rimase in silenzio qualche secondo prima di mormorare:- E allora?- E allora, vuoi ricominciare stasera?- E perché no? E’ una serata di merda, lo hai detto anche tu. Serata perfetta.- Perfetta per cosa?- Per l’ultimo desiderio, quello del condannato.Ancora una volta l’altro non replicò. Tossì e rimase a osservare intorno. Poi, fissandolo dritto negli occhi:- Allora buttati, subito.- Sta’ zitto, che ne sai tu.- So che basta poco, una piccola spinta e sei giù. Fine.- Smettila.- Buttati, adesso! Cos’è, hai paura? Sempre paura, Rino, sempre questa fottuta paura. Sei tu che sei di merda, qui, non la serata, sei un vigliacco, un fantoccio, senza volontà, senza palle. Buttati e falla finita!- Zitto, zitto! – urlò Rino, staccandosi dalla balaustra e voltando le spalle al vuoto.- Bene – disse l’altro – forse stavolta hai voltato le spalle al momento giusto. Ora guarda con attenzione. - Guardare cosa?- Quello che hai.Rino sfiorò con lo sguardo il perimetro della terrazza, il dondolo, la play station rotta abbandonata in un angolo, la griglia del barbecue ancora da risistemare, gli infissi da riverniciare, la finestra della camera da letto spenta. Tutte le sue cose. Quasi sue. - Ma che devo guardare? Quando saranno pagate tutte le rate del mutuo e dei mobili e dei debiti... avrò forse la tua età.- Cosa c’è che non va, nella mia età? – provocò  l’altro , accarezzandosi la pancia rotonda e accendendo un’altra sigaretta. - C’è che ormai hai chiuso, alla tua età. Niente sogni, fine delle possibilità, attento a bere e a mangiare, niente fumo e non puoi più nemmeno scopare! E se ci arrivi dopo una vita di questa merda...L’altro sorrise:- Solo merda e nuvole, eh, Rino?Poi aggiunse, ammiccando verso la play station, lì, ai piedi del dondolo:– Rob ormai è cresciuto, no?- Rino fece di sì con la testa.- E sua madre ha altro a cui pensare, giusto?Rino assentì ancora una volta, mentre quello continuava a insistere:- A lei hai pensato? – gli chiese, indicandogli il cellulare ancora infilato nelle mutande.Rino nicchiò:- Lei chi?- Marisa, no? cioè no, forse Angela.... Marianna?  Non ricordo tutti i nomi, li confondo ormai.- Serena – rispose Rino – ma Serena è soltanto una parentesi.- Una delle parentesi, vorrai dire. Una delle parentesi possibili.- Non è vita reale, serve solo per...L’altro lo interruppe:- Possono salvarti la vita, le parentesi, Rino.- Ma tu che vuoi da me stanotte? Abbatti muri, vomiti certezze pensando di avere tutte le risposte… Vattene.Quello aspirò un’ampia boccata di fumo che poi soffiò via piano piano,  di nuovo senza replicare. Continuava a fumare, e basta.Rino tornò a voltarsi verso la balaustra, a sporgersi. Lontano, ancora quel guaire solitario. Improvviso, un soffio di vento bucò le nubi  per regalare allo sguardo un pezzo di cielo stellato.Rino sospirò, prese il cellulare e compose il numero, ma proprio mentre di là una voce assonnata rispondeva “tesoro”, di qua una luce  si accendeva nella stanza alle sue spalle e una figura in pigiama, coi capelli arruffati, ferma dietro di lui, con voce altrettanto assonnata, lo interrogava:- Rino, ancora non vieni a letto? Ma sei al telefono? A quest’ora? Con chi parli?Lui si girò di scatto, nascondendo il cellulare dietro la schiena:- Giova’ non rompere, non ho sonno e non sono al telefono. Sto qui a parlare con lui! – e con gesto brusco glielo indicò.Fu così che andò a sbattere le nocche contro il muro. E ricominciò a sanguinare.