Creato da elsa850 il 05/03/2011

Un po' di tutto....

Alcune mie riflessioni sulla mia vita e tutto ciò che mi sta intorno

 

 

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VITA, MORTE E DIGNITA'

Post n°4 pubblicato il 16 Marzo 2011 da elsa850

Ciò che scrivo riflette il mio stato d'animo, che ultimamente non è dei migliori per parecchi motivi. Uno di questi riguarda proprio questo post, che sto scrivendo perchè l'associazione Luca Coscioni mi ha dato la possibilità di scrivere la mia personale storia e il rapporto che ho nei confronti di uno dei temi più scomodi al giorno d'oggi: l'eutanasia.

Detto questo in pochi conoscono il fatto che sto per raccontare, e che è accaduto circa 7 mesi fa ormai. L'ho raccontato a pochi, pochissimi, perchè sono riservato, chiuso, un lupo solitario come mai mi era capitato di essere fino ad ora. Invece ora mi accingo a raccontare tutto su un blog, dove possono leggerlo tutti, amici e non. Non è mania di protagonismo, né ricerca di compassione, né uno sfogo emotivo. Anzi, è tutto molto razionale. Lo faccio solamente per far conoscere una verità scomoda, un dolore che in pochi conoscono ma che tutti dovrebbero capire e rifletterci su. Spero che quello che è successo a me non capiti mai a nessuno, ma se dovesse accadere credo che chi leggerà queste righe riuscirà a trovare un piccolo aiuto per prepararsi in un qualche modo, per sapere cosa ci si aspetta, per non trovarsi impreparati, per essere forti, sapendo che non si è soli. Perchè in fondo, il dolore di uno è il dolore di tutti.

 E' strano come le cose o i fatti ti sembrino un giorno così lontani, così impossibili, e un altro giorno ti travolgano in un attimo, senza accorgetene. Quando guardavo in tv gli speciali o le notizie sui casi Englaro o Piergiorgio Welby, pensavo che cose del genere potessero capitare a tutti tranne che alla mia famiglia. Un po' come quando vedi scene di guerra civile in uno di quei paesi del terzo mondo, pensando che qui in Italia si è al sicuro e che non si arriverà mai a quel punto, quando invece oggi più che mai siamo sull'orlo della terza guerra mondiale.

In ogni caso le immagini che vedevo in tv si sono un po' offuscate a causa della cattiva memoria, ma le parole di mio padre alla vista di quelle 2 persone ridotte in quello stato sono come scolpite nella roccia: “Meglio morire piuttosto che vivere in quel modo”. E sono proprio quelle parole che mi stanno facendo lottare, visto che lui non può più farlo perchè è caduto in coma irreversibile. La causa ora è irrilevante e non cambia lo stato delle cose.

Quello che conta è esaudire la sua volontà. Quello che conta ora (ed è uno degli obiettivi di questa nota) è far capire che religione ed eutanasia non c'entrano niente. Più volte queste due linee di pensiero si sono scontrate, chi da religioso diceva che solo Dio può decidere quando chiamare a sé i suoi figli puntando tutto sull'importanza dell'anima ancora viva nel corpo, e chi invece da “scienziato” diceva che quella non è più vita in senso stretto.

Mio padre era musulmano, molto religioso e praticante. Pregava 5 volte al giorno e leggeva il Corano e altri testi religiosi molto spesso, anche la Bibbia credo. Ma non era certo un kamikaze o un fanatico, quindi non preoccupatevi. Anzi, mi ha insegnato ad apprezzare la vita, a non sprecarla, a viverla a testa alta, ad accettarla per come viene. Mi ha insegnato che è un dono prezioso, di Dio, e che per questo motivo rinunciarci sarebbe un grave peccato. Io non sono religioso come lui, e comunque ho una idea di Dio molto orientale, ma sono pienamente d'accordo. Eppure nonostante la sua indole estremamente religiosa non ci pensava due volte a dire che preferiva la morte ad una vita da vegetale. Come è possibile?

 Mi faccio spesso questa domanda, chiedendomi come può un uomo di religione togliersi il dono più grande che gli ha fatto Dio. La risposta è semplice.

 C'è una linea di confine nella vita, oltrepassata quella linea vi è la morte, quindi in parole povere o si è vivi o si è morti. Io la pensavo così ma c'è di più. Nella vita c'è una doppia linea di confine che divide la vita dalla non-vita. Alcune persone invece di varcare la classica linea che li porta alla morte, attraversano prima questa e, successivamente, oltrepassano quella che li porterà all'aldilà. Mio padre è tra questi. Può essere definito come un limbo in terra.

 

Tutto ciò comporta tante conseguenze, ma una spicca tra le altre, quella dell'assoluta mancanza di dignità. Una persona in coma, a mio parere sia chiaro, non ha più dignità. Non può mangiare, bere, andare in bagno, lavarsi, pulirsi, vestirsi, camminare, correre, lavorare senza che qualcuno lo aiuti a farlo. In una parola non è più autosufficiente. I comatosi in stato irreversibile sentono? Vedono? Capiscono quando gli parli? Domande ancora senza risposta. E francamente spero proprio di no, sennò il rendersi conto della propria condizione moltiplicherebbe solamente la loro sofferenza. Io personalmente ho guardato negli occhi mio padre una volta sola da quando è caduto in coma, e ho visto il vuoto. La scintilla vitale che si vede in ognuno di noi non c'era più, solo oscurità, e il colore marroncino dell'iride non è bastato a trarmi in inganno. E' come cadere nel vuoto, un lasciarsi andare, non sai perchè ma ti senti attratto da quello sguardo ormai senza luce, vita, anima. E più reggi lo sguardo e più senti freddo.

 

Sì, ho sentito freddo. Me lo ricordo perchè non era una sensazione di freddo come le altre (faccio il postino e lo conosco bene il freddo), era particolare, un freddo che ti entra nella carne, nelle ossa fino al cuore. Ed è lì che scatta qualcosa, è lì che ti poni un obiettivo, è lì che capisci che significato hanno la vita, la morte e la dignità di una persona. A quel punto ho capito cosa intendeva mio padre con quella frase all'inizio tanto scioccante per un uomo di religione.

 

Decidere di vivere o morire è l'unica vera libertà che abbiamo. Di quelle tre cose (vita, morte e dignità) una accomuna ed unisce le altre due. Vivere dignitosamente, questo mi ha insegnato mio padre. Non importa quanti soldi, donne, case puoi possedere. Dignità è poter fare delle scelte e prendersi le proprie responsabilità, poter contare su sé stessi, non arrendersi, provarle tutte, essere giusto, leale, corretto. Ma vivere in modo dignitoso non è meno importante che morire in modo dignitoso, anche la morte esige rispetto e dignità e tutti ne hanno diritto. Mio padre, nella sua sfortuna, è riuscito a darmi comunque un ultimo insegnamento.

 

Dignità nella vita come nella morte.

 

Vivere come è costretto a fare lui ora non è dignitoso, per nessuno può esserlo. Per questo motivo lotterò per sempre per dargli una buona morte, eutanasia dal greco vuol dire proprio questo, e non è affatto una brutta parola come forse vorrebbero farci credere. Anzi, molto probabilmente è l'ultima, estrema e più difficile prova d'amore che un figlio possa fare per il proprio padre, o una moglie per il proprio marito, o un genitore per il proprio figlio. I medici fanno il loro lavoro, salvano vite ogni giorno, ma a che prezzo? Mio padre è ancora vivo, ma è un vegetale, voi sareste disposti a diventarlo pur di continuare a vivere? I medici salvano vite come la sua, ma poi non affrontano il dolore che la famiglia del malato deve combattere. Per quanto mi riguarda sono sicuro di una cosa, l'eutanasia per queste persone sfortunate è la cosa che più si avvicina alla libertà, e io voglio che mio padre sia libero come lo è sempre stato prima di quel giorno.

 

L'immagine che ho associato a questa nota non è un caso perchè è l'immagine che voglio di lui. Voglio che si alzi da quel letto ormai bloccato su quello strapiombo che divide la vita dalla morte, e che si butti, si lasci andare o voli dall'altra parte. Voglio che sia libero di fare almeno questo, senza rimpianti, senza rimorsi.

 

Addio papà, grazie di tutto.

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