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RIGazz...


       Ortona Bella da “morirne” Cemento, piattaforme petrolifere, centri oli e ora anche rigassificatori.Uno sviluppo che del territorio fa obolo sacrificale , offrendo mirabolanti ricadute occupazionali a tutt’oggi non verificate.  La realtà è che Ortona sta scomparendo in nome di uno sviluppo mordi, devasta e fuggi. Chiediamo all'ENI di riconvertire l'ex Centro Direzionale in un polo di eccellenza per lo sviluppo delle energie alternative, quelle si’ in grado di creare posti di lavoro certi e duraturi. Un impiego che coinvolga la nostra meglio gioventù invece di vederla sparire tra gli sbuffi di un treno o dentro il rombo di un aeroplano. E invece no, la scelta lungimirante ad Ortona si chiama rigassificatore offshore, altro che energie del futuro, viste le quantità stratosferiche di combustibile di cui ha bisogno: un mostro lungo 3 campi di calcetto e alto 12 metri, che nella pancia stiva gas criogenico a meno 160 gradi. Gas che a quelle temperature è allo stato liquido, per tornare a quello gassoso abbisogna di elevate quantità di ipoclorito di sodio (candeggina) e acqua di mare.Dati che si trasformano presto in cifre se si guarda ad esempi concreti: stando al progetto, il rigassificatore in cantiere a Trieste avra’ bisogno di 788 tonnellate/anno di ipoclorito per un flusso medio di acqua di mare di 38 mila metri cubi/ora.Gli effetti? Contaminazione dei fondali, la candeggina e le soluzioni di ipoclorito di sodio sono irritanti e caustiche; alterazione dell'habitat marino dovuto anche alle escursioni termiche elevate nella fase di riscaldamento del gas criogenico che può provocare moria di plancton, molluschi e crostacei.Analizziamo invece i dati relativi alle emissioni in atmosfera sempre di un rigassificatore tipo : 1,77 milioni di tonnellate di gas incombusto, 77 tonnellate di ossido di azoto (gas tossici ossidanti vedi precauzioni O.M.S.), 48 tonnellate di anidride carbonica.Per i gas incombusti sorvoleremo sulla possibilità che per eventi accidentali si formino nubi esplosive, e che magari spinte dal vento arrivino nei pressi dei serbatoi AGIP, oppure sullo lo stato del nostro mare che è quasi al limite di non ritorno .Concludiamo con i 43Km quadrati circa di interdizione alla navigazione che, sommati a quelli relativi alle future e numerose piattaforme petrolifere della costa abruzzese, comporteranno una faticosa gimcana, per pescatori e turisti in barca. Per non parlare del panorama: da brivido.Fabrizia Arduini, Antonio Bianco, Roberta Mancinelli, Andrea Natale, Lino Salvatorelli delCoordinamento per la Tutela della Costa Teatina