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Il Dialetto Opaco

Post n°3 pubblicato il 25 Luglio 2005 da emma_bovary0

L’evoluzione del dialetto e dei suoi usi comporta anche l’abbandono di parole dialettali .

Tuttavia alcune di esse sopravvivono anche se non sono più comprese nel loro significato  originario diventando ,così , forme opache ; tali sono molti cognomi e nomi di luogo .

Le forme opache sono soggette a reinterpretazione etimologica,processi che può portare alla creazione di parole nuove.

Nell’Italia odierna vi è chi è esclusivamente italofono e chi è anche dialettofone con diverso grado di competenza ,ovvero c’è chi parla il dialetto e chi lo capisce ma non lo parla. Basti pensare alle parole che usano o ricordano le persone anziane ma non i giovani, il cui dialetto è più esposto agli influssi dell’italiano e di conseguenza alla sostituzione di parole dialettali con altre italiane,più o meno adattate al dialetto. Si pensi poi a quei termini che escono dall’uso perché scompare l’oggetto o il concetto a cui sono legati, di solito sono voci del lessico del lavoro agricolo.

Tuttavia alcune possono restare se entrano in espressioni e modi di dire, se è avvenuto uno spostamento di significato rispetto a quello originario(significato traslato o metaforico).

Nell’onomastica(settore del patrimonio linguistico costituito dall’antroponimia-nomi propri, e dalla toponomastica-nomi propri di luoghi) vi sono forme usate quotidianamente che hanno a che vedere con i dialetti e che sono altrettanto o ancor più oscure o opache delle parole disusate,per quanto riguarda il significato. Opacità e trasparenza dipendono dal grado di conoscenza di una parola dialettale che ,in tal caso, è strettamente connesso con la conoscenza del dialetto:migliore tendenzialmente nelle persone di una certa età. Forme opache sono soggette a essere rimotivate dal parlante fino ad arrivare a nuove forme; ciò non è possibile oggi con i cognomi che sono trasmessi per scritto da atti amministrativi,ma avviene invece per quegli elementi antroponimici che sono  di tradizione orale. Quando una forma linguistica risulta opaca,il parlante tende a intervenire per ricostruire un rapporto tra forma esterna (significante) e significato  arrivando anche ad una nuova motivazione ( significato e significante costituiscono il segno, per esempio la parola cane è un segno che denota un certo animale). La ricerca di questo significato equivale a dare trasparenza a un nome . Molto spesso la ricostruzione corrisponde alla paretimologia , cosiddetta perché, diversamente dall’etimologia l’interpretazione avviene per associazioni che legano una forma ad un’altra senza che vi sia tra le due un rapporto etimologico.

L’ etimologia,invece , è la scienza che studia l’origine delle parole,vale a dire la ricerca dei rapporti che legano una parola con un’altra unità che la precede storicamente e da cui quella deriva. La reinterpretazione paretimologica è una riflessione sulle parole a livello di cultura popolare;mentre l’etimologia è un’interpretazione di fatti linguistici da parte degli studiosi,quindi con metodo scientifico. L’etimologia non scientifica appartiene anche a parlanti colti i quali,operando con lo stesso principio dell’associazione suggerito dall’omofonia ,credono di individuare delle relazioni tra parole e di poter stabilire un etimo(pseudoetimologia o etimologia falsa) non di rado ricorrendo a lingue straniere antiche o moderne ,in tal caso si parla di etimologia dotta.
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