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Ho iniziato a leggere il libro da poco, ma un assaggio lo avevo avuto con Vincitori e vinti di Vespa.
Hai ragione, portiamo e rendiamo noti dei fatti che ancora sono sottaciuti, usciamo dalle sterili polemiche da bar dello sport, per uscire dall'ipocrisia degli ultimi 60 anni, superando l'eterno dualismo fra partigiani comunisti e fascisti.
Solo raccontandoci la verità degli ultimi 60 anni si può costruire una Italia nuova senza steccati ideologici.
Qualcuno ci ha provato, altri continuano a farlo ostacolati, denigrati e minacciati ( vedi Giampaolo Pansa).
Per i molti che ancora non conoscono Il dossier della commissione Mitrokhin, li invito ad informarsi e faccio un accenno a cosa sia.
Il Dossier Mitrokhin, prende il nome da Vasili Nikitich Mitrokhin un ex archivista del KGB in pensione. Con questo termine ci si riferisce ad una parte del corposo Archivio Mitrokhin, residente in Gran Bretagna. È formato da 645 schede, denominate originariamente «Impedian», redatte dall'MI6, il servizio segreto inglese, sulla base delle note manoscritte che l'ex archivista copiò da documenti segreti del KGB.
Le 261 schede che vennero consegnate al SISMI a partire dal 1995 al 1999 corrispondono a un arco temporale che va dal 1917 al 1984, anno in cui Mitrokhin andò in pensione.
Vasili Nikitich Mitrokhin un funzionario del KGB per 20 anni mentre era al servizio dello stesso, raccolse dati, nomi, fatti e cifre dell'attività del servizio segreto trascrivendole su piccolissime striscioline di carta con codice cifrato a lui solo noto. ( a rischio della propria vita come potete immaginare)
Alla caduta del muro di Berlino riuscì ad espatriare e si consegnò ai servizi segreti Britannici, e con loro tradusse le oltre 30.000 striscioline di carta, rivelando fatti e documenti scottanti della vita politica di tutti i paesi Europei e del mondo e furono trasmessi ai relativi servizi segreti, compreso SISMI e SISDI, fin dal 1995
In Italia poco, anzi nulla si è saputo fino a che il governo Britannico, nel 1999, annunciò la autorizzazione alla pubblicazione di due libri al riguardo, costringendo tutti i governi a fare i conti con la realtà, compreso il governo italiano che avvio la "commissione stragi" del Parlamento nel 2003 non prima di aver epurato quei documenti di fatti, nomi scottanti.
Qui c'è un breve sunto trovato su internet di un ordinario di Storia contemporanea dell'Università di Lecce e consulente della Commissione Mitrokhin:
Sui rapporti fra Partito comunista dell'Unione sovietica e Pci, molto si è scritto e molto ancora viene emergendo dopo l'apertura degli archivi sovietici. Su questo tema le due Commissioni parlamentari d'inchiesta sul terrorismo e le stragi e sul dossier Mitrokhin hanno portato alla luce ampia documentazione.
La relazione che abbiamo presentato alla Commissione Mitrokhin non è ancora divulgabile, tuttavia può bastare quanto già conosciuto e pubblicato: le carte sulla «Gladio rossa» del Pci, i report del dossier Mitrokhin, i Piani d'invasione europea del Patto di Varsavia, ormai tutti pubblicati in volumi o in siti internet. Il nostro personale convincimento è che i silenzi e le omissioni intorno al dossier Mitrokhin siano state dovute non solo alla presenza di nomi «scottanti», ma altresì di fatti scottanti: il legame fra i Piani sovietici d'invasione dell'Europa e il ruolo dei gruppi armati del Pci.
Essi configurano, oltre a reati gravissimi, un nuovo quadro storiografico e culturale sul carattere eversore e anticostituzionale del Pci, a partire dalle origini della Repubblica e fino almeno agli anni Ottanta.
Le «cellule speciali» del Pci furono costituite dopo la nascita del Patto di Varsavia, e alle sue strategie militari sempre risposero. Se i Piani d'invasione del Patto verso l'Europa sono ormai noti, scarsa attenzione finora è stata dedicata ai report «militari» del dossier Mitrokhin, in cui il Kgb sovietico dà al Kgb romano direttive circa la costituzione di un «movimento di resistenza», di individuazione di siti di sbarco o di atterraggio, di nascondigli, di percorsi, ed infine di creazione di «gruppi di agenti locali» destinati ad agire da supporto alle «squadre di spionaggio e sabotaggio» sovietiche, aviolanciate o sbarcate dietro le linee italiane.
Tali direttive vengono impartite a far data dal 1964. E i «gruppi di agenti locali» sono di certo le squadre di vigilanza del Pci (o simili), i cui componenti, dal 1958, furono ripetutamente inviati nei campi di addestramento cecoslovacchi, poi sovietici e cubani, per imparare i tre livelli: guerriglia, sabotaggio, intercettazione. Che questo impegnativo addestramento internazionale avesse una funzione «difensiva» è la favoletta da anni diffusa da politici ed intellettuali comunisti, e che, duole dirlo, può trovare un corrispettivo, leggendo le affermazioni di valenti magistrati, quali Franco Ionta, nella sua prima richiesta di archiviazione del procedimento «Gladio rossa». La distinzione fra «difensiva» ed «offensiva», per una struttura armata clandestina in uno Stato democratico, è del tutto inaccettabile al semplice buon senso, prima ancora che in relazione al codice penale. Fu Francesco Cossiga, nell'audizione del 1997, a rivelare i tre livelli del Pci: oltre a quello ufficiale e a quello clandestino (per la protezione di dirigenti e sedi) v'era quello armato, illegale. Il pm Ionta non ha escluso l'esistenza di formazioni armate del Pci.
A questo innegabile passo in avanti si è aggiunta tuttavia la considerazione che, per il fatto che a quel tempo autorità politiche Servizi e magistratura non avessero avviato iniziative contro il Pci, ciò fosse una prova di irrilevanza penale delle sue azioni ed organizzazione militare clandestina.
Sorprendente affermazione, anche questa, che trasferisce all'azione giudiziaria dell'oggi le valutazioni di quel tempo, che furono certamente politiche, cioè volte a non innescare una guerra civile; cosa che appariva in prospettiva molto probabile nel caso si fosse intervenuti giudiziariamente contro il Pci e le sue formazioni armate.
Le ripetute richieste di Mario Scelba, ministro dell'Interno, di messa fuorilegge del Pci, andarono «in minoranza» nei Consigli dei ministri nei quali prevalse l'orientamento del non-intervento poliziesco e giudiziario, al fine di preservare la stabilità politica e sociale dell'Italia. Il pm Ionta ha chiesto anche l'archiviazione del procedimento sul dossier Mitrokhin, ed anche in questo caso molte cose non convincono. Non si tratta di discutere richieste e decreti di archiviazione, ma di valutare il lavoro d'indagine che ogni magistrato compie e che porta spesso all'«indimostrabilità processuale» di tanti fatti che allo storico appaiono eclatanti e delittuosi.
La ricerca storico-giudiziaria è più complessa rispetto all'indagine di tipo poliziesco-inquisitorio, nella quale la parte attiva della magistratura italiana eccelle. La prima richiede conoscenze storico-archivistiche, che spesso non si hanno. Opportuno, quindi, servirsi della consulenza di storici professionali, come hanno fatto le Commissioni parlamentari d'inchiesta.
Se il presidente Guzzanti riterrà di voler trasmettere gli atti della Commissione Mitrokhin alla magistratura, i rapporti militari Pcus-Pci, emergenti dalla documentazione conosciuta e forse anche da quella ancora riservata, potranno orientare verso una riapertura delle indagini giudiziarie sia sulla «Gladio rossa» e i suoi legami internazionali, che sul dossier Mitrokhin per la parte delle direttive militari eversive, provocando, forse, l'unificazione di procedimenti che, distinti, hanno portato ad «indimostrabilità processuali», perfettamente superabili, invece, attraverso la contestualizzazione e l'approfondimento di quelli.
Tanti diranno che si tratta di una bufala, ma si continua a nascondere delle verità pesanti che aiuterebbe gli italiani a voltare pagina e seppellire un passato triste e tragico, anche se a volte sono fatti troppo vicino ai nostri anni.
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Inviato da: valledelfino
il 09/03/2011 alle 15:13
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 21:51
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 23:54
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il 13/12/2007 alle 10:51
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il 28/07/2007 alle 02:08