Enodas

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Azzurro, come un dipinto. Veloci macchie di pennello tracciate senza un perché, indefinitamente, sembra, fino a quando la vista si aggiusta, l'occhio a pochi centimetri, ed ogni tratto é un fiore diverso, campanelle reclinata in avanti, verso il basso. Terra degli elfi, foresta di fate, cosģ la chiamano, quando nella manciata di pochi giorni la terra germoglia e si copre di un manto di un solo colore che tale non é, tra ombre e luci che ne accendono infinite gradazioni. Cosģ cammini, su sentieri tracciati, lo sguardo rivolto verso il basso, quasi fosse il colore del cielo abbozzato sulla terra, seguando dolci curvature del terreno fino a che lo sguardo non si perde in una schera aggrovigliata di alberi. Fusti snelli, leggeri ed alti, vertiginosamente, di sequoie che scheletriche svettano verso l'alto, quasi fossero mani protese verso il cielo, quello vero, che si nasconde tra nuvole e lampi di luce, oltre le linee spezzate dei rami nudi.
Chissą cosa sussurra nel silenzio della foresta, chissą se sarą il vento, le foglie, una voce lontana, un animale nascosto. Chissą se sarą davvero una fata, un folletto o chi altro la fantasia potrebbe raccontare. Chissą se mi senti, nel cuore, ovunque tu sia... dove sei, tu, dove sei... invisibile, chissą dove, chissą se mai esista... E la pioggia che a tratti le nuvole liberano, lassł, ancora pił lontante osservando dalle radici di questi alberi schierati ed allungati, la senti con l'orecchio, prima che arrivi sul viso, prima che impregni l'aria ed il terreno nel quale affonda un po' pił deciso il passo. 'Taci. Su le soglie / del bosco non odo / parole che dici / umane; ma odo / parole pił nuove / che parlano gocciole e foglie / lontane.' Sģ, taci, ascolta, ascolta ancora. Dove sei, tu, dove sei, perché possa raccogliere queste gocce di pioggia, perché possa mostrarti tutta questa bellezza, che é un piccolo fiore a campanella reclinato verso il basso, che altro non vorrei che mostrarti se non i riflessi del sole sulla rugiada di pioggia che scintilla tra i petali.