Enodas

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 Ecco che alla fine sono tornato. Già da qualche giorno, in realtà, che ormai scopro sia passata una settimana. Sembra incredibile la rapidità con cui ci distacchiamo dai nostri ricordi. Sono tornato ed ho guardato velocemente le foto che mano a mano copiavo sul computer. E rivedevo immagini e coloriche ogni tanto già iniziavano a sparire. Come se questo tempo fosse necessario per assimilare e cercare di comprendere tutta la ricchezza del viaggio che ho compiuto e del Paese che ho visitato. E non saprei nemmeno come chiamarlo, veramente, secondo un nome ufficiale che recita "Israele & Territori Palestinesi", come se esistessero da qualche parte, almeno su una carta, due Paesi differenti. Quello che ho trovato, e l'impressione che porto con me è quella di una terra complicata, una situazione complicata, talmente intrecciata lungo i fili della storia, anche e soprattutto quella recente, da non essere più districabile. Questo è il mio parere, per quanto non si debba giudicare, anche se probabilmente credo sia giusto e doveroso avere un'idea. La soluzione dei due Paesi indipendenti è ben lontana dall'essere realizzata. Nella terra, innanzitutto, nelle divisioni laceranti che si perpetuano, ancora ed ancora, ognuna chiamandone un'altra. Nelle menti e nelle anime, tante, infinite voci, che si levano ognuna secondo una propra accordatura, una propria scrittura, una propria prospettiva, tanto che le storie, le versioni e le interpretazioni della stessa storia, rimangono differenti. E ben più di due. Ecco, nel mio piccolo ho cercato di ascoltarne qualcuna, qua e là, ed altre di scriverle da me, attraverso i miei occhi, quello che vedevo, sentivo, ed in un certo senso sperimentavo su me stesso. Pensando e ripetendo tra me e me che ognuno ha una propria storia, interessante, da raccontare. Anche secondo le dclinazioni e le coincidenze più improbabili.Coincidenze, certo. Come quelle che mi fanno pensare ora che tutto è andato bene, e che sia riuscito ad andare ovunque volessi. Non una cosa tanto scontata, a quanto pare, leggendo i casi che stanno montando, proprio a partire dagli ultimi giorni che io stesso mi trovavo in Israele. Ed io invece, sono passato, giusto in tempo, mi viene quasi da pensare, con la fortuna di poter considerare, per quanto possibile, il mio viaggio completo, e non solo a metà, menomato di territori che testimoniano una cultura ed al tempo stesso un'altra storia, ancora incompiuta. 
 E' così che i primi dieci giorni sono stati di un'intensità come poche. Tra Gerusalemme ed i Territori Palesinesi raggruppati come West Bank. Nel sentire dentro e fuori di me, nei miei tentativi di capire e discernere la realtà, ricostruirla ed analizzarla. Negli incontri, in un senso molto ampio del termine, che portano a contatto con culture e tradizioni talmente diverse da far vorticare un mondo davanti agli occhi. Gli stessi di una persona che in un modo o nell'altro, fa parte ella stessa di quella base culturale e spirituale, per quanto molto lontana nel percorso e nel sentire. Che tutto parlava di qualcosa che so, che mi è stato tramandato, che ho sentito ed assimilato. E questo aggiungeva ulteriore intensità al mio sentire, il percorrere questa strada scendendo i gradini della Storia, immergendomi nel profondo dell'animo umano, non solo per quanto riguarda me in particolare, ma per tutto quello che siamo. Tutto questo, unito ad un mondo che sin da subito testimoniava la propria fragile tensione e peculiarità, mi hanno provato molto, anche da un punto di vista mentale. Ne sono uscito pensando, ancora una volta, che ogni fondamentalismo è pericoloso e limitante, ancor più quando dettato dalla religione. In questo, non ho trovato molta differenza. Ne sono uscito chiedendomi cosa fosse Israele, cosa rappresentasse per il suo popolo e cosa significasse allo stesso tempoper gli altri, e quale fosse il prezzo di tutto questo. Rimarrei a scrivere pagine intere di questo, di quanto ogni angolo ed ogni parola aggiungesse una voce, una linea alle mie riflessioni, che spero di saper raccontare prossimamente.Una volta tornato a Gerusalemme mi sono messo alla guida e sono sceso nel deserto, passando dal Mar Morto. Se precedentemente avevo avuto l'impressione di immergermi nella storia, adesso mi trovavo a scendere nel cuore della terra, in un luogo che rimane un mistero ed una testimonianza selvaggia. I giorni del deserto, sebbene ben meno di 40, mi hanno provato e sono stati impegnativi, anche se mi hanno aperto il cuore su paesaggi ed esperienze di rara bellezza.Ed infine, mi sono diretto a nord, a volte seguendo le tracce del Vangelo, a volte quelle della Cabala, altre volte infine l'eco dei crociati. Il paesaggio cambiava, tornava il verde, gli alberi, i colori. Sono passato dal Golan, un luogo dove la bellezza dei paesaggi contrasta con la tensione che si nasconde, neanche tanto, dietro un filo spinato ed i campi minati. Ancora una volta, verrebbe da dire in questi giorni, appena in tempo.Per ritrovare per ultimo il mare, calmare, quasi annegare le emozioni nelle acque del Mediterraneo, azzurro come non avrei immaginato. 
 Quello che posso raccontare ora è che non mi sono mai sentito in pericolo. Anzi. Resta una sicurezza altissima, per quanto dietro una tensione palpabile. Sotto molti aspetti probabilmente molti passi più avanti di noi, sotto altri un'incredibile commistione di Paesi occidentali e modo arabo. Dove le differenze ed i contrasti, nella vita delle persone, possono essere più che evidenti, fino a rasentare l'assurdità. E non mi riferisco a popolazioni differenti. Ho visto piscine private nel mezzo del deserto, resort come cattedrali isolate e gruppi senza elettricità e connessione alcuna al mondo moderno, difficile dire quanto per scelta e quanto per necessità. Ho sentito un'incredibile quantità di persone parlare con accento americano, ho guidato una macchina col cambio automatico e passato la carta di credito con la stessa frequenza con cui si lanciano in aria le monetine, pagato lo stesso bigliettto d'ingresso a Parchi molto diversi tra loro, osservato la gente chiedere l'autostop come ordinaria amministrazione e letto prezzi assurdi, quando raramente erano esposti, all'ingresso di alcuni ristoranti. Ma la terra è ricca, ed annusando le spezie al mercato, o intingendo il pane nell'hummus, o ancora gustando la frutta dai colori intensi e succosi, davvero viene da pensare che sia una terra "di latte e miele". Martoriata, certo, ancora adesso. E' una costante da non dimenticare, per non cadere nello stesso errore di chi ritiene Israele uno stato compiuto. Ecco, secondo me, non è così. 
 Ma quello che voglio dire, dopo tanto scrivere senza aver realmente raccontato, è che questo è stato un viaggio bellissimo, forse uno dei più belli, e che sono molto contento di essere andato e di ciò che ho visto e vissuto. In questo, mi ritengo molto fortunato, ed un po' caparbio.Nella marea immensa di foto che mi ritrovo, mi sono chiesto infine quali immagini accompagnare a questo post. Idealmente, avrei dovuto seguire con i luoghi quello strano giro "a otto" che ho compiuto in queste tre settimane abbondanti. Ed invece, alla fine, mi sono fermato ad un singolo giorno, o quasi, almeno idealmente, per le strade di Gerusalemme. Qui, come detto, in tutta la sua massima espressione, si incontrano e si scontrano più o meno silenziosamente, non solo tre grandi culture ma anche tutte le loro varianti. Fondersi in esse, col proprio passaggio, è una sensazione molto particolare e rende, a mio avviso, Gerusalemme una città eterna, uno di quei luoghi che andrebbero visitati e vissuti, almeno una volta nella vita. In questo senso è stato il mio pellegrinaggio, se così si può chiamare. Ma è anche la stessa ragione che mi ha accompagnato ovunque, in questo luogo, ed il mio pensiero più ricorrente nel rimettermi, ogni volta, in cammino.